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Catania – Acoset, l’inefficienza penalizza i cittadini

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Catania – Acoset, l’inefficienza penalizza i cittadini

giovedì 31 Dicembre 2015

La Spa esercita la sua attività in venti territori dell’area etnea. Svolge un servizio basilare, ma secondo associazioni di consumatori, le sue tariffe sono tra le più alte d’Italia, con costi d’esercizio eccessivi che ricadono sugli utenti

CATANIA – Acoset è una Spa costituita circa 15 anni fa, avente finalità, tra l’altro – come si legge nella sezione Attività d’esercizio depositata alla Camera di Commercio di Catania -, per la “captazione, adduzione, depurazione e distribuzioni delle acque potabili”. L’attività viene esercitata in venti territori dell’area etnea, i cui Comuni sono soci in diversa percentuale: Adrano (18,37%), Belpasso (15,75%), Mascalucia (5,84%), San Giovanni La Punta (5,5%), Aci Sant’Antonio (5,36%), Nicolosi (5,15%), Gravina (4,89%), Pedara (4,63%), Santa Maria di Licodia (4,39%), Catania (4,14%), Tremestieri (4,13%), Trecastagni (4,03%), Ragalna (3,76%), Viagrande (2,96%), San Gregorio (2,64%), Valverde (2,43%), San Pietro Clarenza (2,07%), Sant’Agata Li Battiati (2%), Camporotondo etneo (1,1%) e Aci Bonaccorsi (0,86%).   Il presidente è Giuseppe Rizzo, 54 anni, impiegato in un ufficio pubblico, eletto dall’Assemblea dei soci nel 2013, quando egli era vice sindaco di Pedara in quota Pd.

Acoset Spa svolge un servizio basilare: permette a circa 300 mila persone di usufruire dell’acqua in casa o in ufficio. Non lo fa, certo, per beneficenza. Anzi, a sentire quel che sostengono associazioni di consumatori, le sue tariffe sono tra le più alte d’Italia. Tariffe normate dall’Autorità nazionale dell’energia e appesantite, secondo il presidente Rizzo, dai costi sostenuti per estrarre l’oro liquido fino a una profondità di 400 metri nel sottosuolo. Nel 2014 Acoset ha registrato perdite per quasi 3 mln, ma le note dolenti non sono solo economiche. Ne elenchiamo altre.

Primo: la procedura di contrattualizzazione per la voltura di un contratto è complessa, mentre il costo a carico dell’utente intenzionato a subentrare alla fornitura del servizio è ritenuto non indifferente. 
 
Secondo: ancora oggi, alla fine del 2015, risulta impossibile avviare la procedura del contratto in via esclusiva digitale. 
 
Terzo: se un cliente Acoset volesse ricevere le bollette soltanto per via internet, anche soltanto per risparmiare sui costi di spedizione, non potrebbe farlo. 
 
Quarto: risulta impossibile pagare le utenze con bonifico bancario, cosa che avviene con bonifico postale. E non se ne capisce il motivo, visto che la maggior parte dell’utenza è titolare di un conto corrente bancario e non di quello postale. C’è, ovviamente, la domiciliazione bancaria.  Abbiamo chiesto lumi su questi punti, ma dopo due settimane di richieste non siamo riusciti a incontrare il presidente Rizzo (81.779,40 euro di emolumenti nel 2014). I costi del Cda e revisori dei conti appaiono ingiustificati rispetto ai risultati.
Quinto, e non ultimo: la comunicazione aziendale. Il sito internet www.acoset.com è carente in alcuni punti. Telefonare allo 095.360133 significa sorbirsi una voce metallica per minuti, prima di sentirsi elencare la possibilità di digitare otto diversi numeri per accedere a un servizio. Al numero dell’Urp, se non è un lunedì, mercoledì o venerdì, risponde una segreteria telefonica.
Ciliegina sulla torta: “L’azienda comunica che dal 21 dicembre 2015 al 8 gennaio 2016 gli sportelli remoti rimarranno chiusi e che la sede rimarrà aperta dal lunedì al venerdì dalle 8:30-13:00, fatta eccezione per il 31 dicembre”, il che dimostra un’arretratezza dell’organizzazione. Non c’è traccia del Piano aziendale, i dipendenti sono 83, 52 dei quali impiegati e 25 operai, mentre il rapporto dovrebbe rappresentare i numeri al ritroso. Infatti il servizio si fa sul territorio e non imboscati dietro la scrivania.

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