Per le imprese un futuro sempre più verde - QdS

Per le imprese un futuro sempre più verde

Rosario Battiato

Per le imprese un futuro sempre più verde

mercoledì 06 Gennaio 2016

Le buone notizie della Fondazione Symbola: l’Italia è uno paesi trainanti della green economy nel Vecchio Continente. Quasi un’impresa italiana su quattro durante la crisi ha scommesso sulla sostenibilità, che vale 102.497 milioni di euro di valore aggiunto

PALERMO – Ci sono almeno dieci buone notizie che esaltano la componente green delle imprese italiane. Le ha messe in fila alla fine dello scorso anno la Fondazione Symbola nel rapporto “L’Italia in 10 selfie 2016 – Una nuova economia per affrontare la crisi, protagonisti della sfida del clima”, ribadendo un mantra ormai riconoscibile che abbina sviluppo e investimenti sostenibili. In Sicilia il quadro è quasi tutto ancora da costruire.
Quasi un’impresa italiana su quattro, dicono i dati di Symbola, durante la crisi ha scommesso sulla ‘green economy’ che vale 102.497 milioni di euro di valore aggiunto. Le imprese italiane utilizzano meno energia e producono meno emissioni e infatti il Belpaese è primo in Europa nel riciclo industriale con “25 milioni di tonnellate di materia ogni anno sui 163 totali europei”. L’Italia resta al primo posto nel mondo anche per il contributo del fotovoltaico nel mix elettrico nazionale.
I dieci selfie vincenti delle imprese nazionale vanno appunto dall’investimento nella green economy con vantaggi nell’export (43,4% delle imprese manifatturiere eco-investitrici esporta stabilmente, contro il 25,5% delle altre) e nell’innovazione (il 30,7% ha sviluppato nuovi prodotti o nuovi servizi, contro il 16,7%), aprendo le porte a nuove assunzioni (294mila nel 2015, il 59% del totale), alla maggiore competitività sul mercato e ai benefici per l’ambiente con un’efficienza energetica che rende il settore produttivo nazionale leader in Europa. Tra i settori più avanzati meritano una segnalazione anche l’industria del legno arredo, seconda al mondo per surplus commerciale,  l’agroalimentare (l’Italia è leader per 89 prodotti) con una tra le agricolture più sostenibili del globo, e poi ancora la nautica e tutta la filiera della cultura (443mila aziende e 84 miliardi di ricchezza prodotta). Un capitolo a parte meritano anche i modelli di gestione dei rifiuti e dell’economia circolare.
Più che cercare una comparazione tra imprese isolane e dato medio nazionale, queste cifre dovrebbero costituire una sorta di istruzioni per l’uso per il tessuto produttivo siciliano che, ad esclusione dei buoni risultati dell’agricoltura biologica, deve ancora dimostrare il proprio valore. È stata sempre la Fondazione Symbola a fare il quadro nazionale nel rapporto GreenItaly 2015 nel quale ha mappato la tendenza agli investimenti sostenibili delle imprese nazionali. In questo quadro, che copre il periodo che va dal 2008 al 2014 con finestra sugli investimenti nel 2015, troviamo soprattutto 70mila aziende lombarde. L’Isola è soltanto nona tra le regioni con poco più di 22mila imprese. Un dato che peggiora se consideriamo l’incidenza percentuale delle imprese che investono green sul totale di quelle di ogni regione, una graduatoria che piazza le imprese siciliane al terzultimo posto.
E se le imprese non sono particolarmente propense all’investimento verde, non si può certo dire che l’isolano medio sia interessato a investire nella riqualificazione energetica, che risulta uno settori trainanti nel nuovo mercato. La conferma di un ritardo che arriva anche da altre fonti, come dal rapporto di fine dicembre di Confartigianato che ha analizzato i dati Istat relativi all’isolamento termico e agli impianti nelle abitazioni e alle imprese artigiane che lavorano nel settore dell’installazione. La Sicilia ha la più alta percentuale di famiglie in abitazioni prive di sistemi di riscaldamento (11,6%), mentre gli addetti di settore sono poco meno di 11mila. I siciliani, in generale, stentano a investire nonostante i numerosi vantaggi dei bonus fiscali (64 milioni di euro investiti nel 2013, un miliardo in Lombardia nello stesso periodo) e una distribuzione di interventi rispetto alla popolazione isolana pari allo 0,17% e un’incidenza degli sgravi che ha riguardato il 2% delle famiglie isolane rispetto alla media nazionale del 7,6%.

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