Regione e Comuni business immobili - QdS

Regione e Comuni business immobili

Carlo Alberto Tregua

Regione e Comuni business immobili

sabato 13 Febbraio 2016

Beni sequestrati e inutilizzati

Il patrimonio immobiliare di Regione e Comuni in Sicilia è molto grande. L’altro patrimonio immobiliare, costituito dai beni confiscati alla criminalità organizzata, è altrettanto vasto.
Si tratta di patrimoni che non vengono messi a reddito, ma che abbisognano di manutenzione, ordinaria e straordinaria, salvo lasciarli in uno stato di abbandono.
Per immobili e terreni di Regione e Comuni non vi è un censimento preciso presso il competente assessorato regionale. Infatti, Sicilia Patrimonio Immobiliare, una Spa partecipata al 75 per cento dalla Regione, avente lo scopo di valorizzare e commercializzare gli immobili della stessa Regione e degli Enti vigilati, afferma di gestirne 2.070 sui 4.091 censiti da una società esterna. Quest’ultimo dato non è neanche definitivo, perché rimangono fuori altri immobili. Il motivo di questa mancata trasparenza è colpevole.
Fra l’altro, esiste l’obbligo di indicare nei siti della Regione e dei 390 Comuni l’elenco di tali immobili e terreni, ma gli enti ottemperanti sono veramente pochi.

Perché questo comportamento dannoso, in una fase di bilanci deficitari di Regione e Comuni? Forse per inefficienza, forse per clientelismo. Non sappiamo. Certo è che immobili e terreni sono là, inutilizzati o utilizzati male, mentre le casse degli enti sono vuote.
Una Regione che funzionasse dovrebbe costituire una società nella quale far confluire gli immobili e i terreni, sia i propri che quelli dei Comuni, da fare amministrare ovviamente non a Consigli di amministrazione formati da trombati, né da dirigenti regionali, bensì da manager di provata esperienza e capacità, con l’incarico di metterli a reddito.
Tale società dovrebbe procedere a rimetterli in funzione, mediante apposite ristrutturazioni, in modo da valorizzarli, per poi locarli o venderli al meglio sul mercato. Per finanziare l’opera di ristrutturazione, la società potrebbe ricorrere ai finanziamenti della Cassa Depositi e Prestiti, con bassi interessi, da restituire in base a un piano di ammortamento poliennale.
Si tratta di un’operazione effettuata in tutto il mondo, che consentirebbe di ottenere profitti, creando nuova occupazione. Si può fare, basta volerlo!
 

La vendita di immobili e terreni dovrebbe essere messa sul mercato mondiale, anche attraverso una road map, tenuto conto dell’interesse mostrato per la Sicilia da arabi, cinesi e indiani, che stanno già investendo cospicuamente nelle regioni del Nord.
Comprendiamo che l’iniziativa indicata possa essere contrastata da chi oggi è avvantaggiato dalla situazione di immobilismo, ma ora bisogna pensare ad azioni efficaci per mettere in moto l’economia siciliana, utilizzando tutte le possibilità che il territorio offre.
Si dirà che per fare questo ci vuole una Classe politica illuminata, che oggi c’è in poca misura. Proprio per questa ragione, occorre una rivolta popolare dei siciliani perbene, che sono in maggioranza, affinché finalmente il buon senso cominci a entrare nelle stanze dei palazzi, regionali e comunali.
Non si chiede molto ma, ripetiamo, solo buon senso e capacità contro clientelismo e favoritismo.

L’altro asse immobiliare formidabile è formato da quasi 19 mila (oltre 2.800 in Sicilia) cespiti confiscati alla criminalità organizzata. Cespiti spesso abbandonati o utilizzati male, mentre anche in questo caso si dovrebbe provvedere alla costituzione di una società, gestita da mani competenti e oneste, per metterli a reddito, ovvero per assegnarli al Terzo settore, quello del volontariato, in modo da creare servizi e occupazione.
Le proposte indicate trovano ostacolo in una mentalità politica e burocratica distante dalla capacità di trovare soluzioni ai problemi, ponendosi l’interrogativo sul come perseguire l’interesse generale mettendo in secondo piano l’interesse privato.
È vero che in queste circostanze non basta una Classe politica e burocratica efficiente; ci vuole la spinta della Classe dirigente che in Sicilia ha agito fino a oggi come le tre scimmiette.
Serve, ripetiamo, l’iniziativa dei siciliani perbene, di coloro che si lamentano nei circoli, nei bar, al ristorante, ma poi non prendono iniziative per cambiare questo stato di cose.
Inutile prenderci in giro: o ci salviamo tutti insieme o precipiteremo sempre più verso l’Africa.

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