I call center siciliani tremano, licenziamenti sempre più vicini - QdS

I call center siciliani tremano, licenziamenti sempre più vicini

Michele Giuliano

I call center siciliani tremano, licenziamenti sempre più vicini

martedì 08 Marzo 2016

A rischio un settore importante che complessivamente nell’Isola conta 18 mila addetti. Nonostante le mobilitazioni ad Almaviva si va verso i tagli attesi per i prossimi giorni

PALERMO – È iniziato il conto alla rovescia per i lavoratori di Almaviva, uno dei più grandi call center siciliani che conta 5 mila addetti in tutte le sedi della regione e solo 1.800 a Palermo. Il suo destino sembra essere segnato, ed in senso purtroppo negativo: con ogni probabilità l’azienda darà vita a breve ai preannunciati licenziamenti.
I sindacati ancora si aggrappano al vertice che si terrà domani, mercoledì 9 marzo, a Roma: attorno ad un tavolo si riuniranno le stesse organizzazioni di categoria con i rappresentanti dei ministeri del Lavoro e dell’Economia, l’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani), le associazioni degli industriali e l’Assocontact (l’Associazione nazionale dei contact center in outsourcing). L’idea è quella di pensare ad un “salvagente” che possa scongiurare la mobilità di 1.500 unità di personale, come da tempo si va ventilando.
Ieri sera è andato in scena uno spettacolo di solidarietà con artisti palermitani al Teatro Politeama, con l’idea proprio di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto all’ulteriore “catastrofe” occupazionale che si verificherebbe in una Sicilia già di suo ampiamente martoriata. Nel contempo è stata lanciata una campagna nazionale di sensibilizzazioni avviata sui social network twitter e facebook con l’hastag #siamotuttialmaviva per coinvolgere le istituzioni nazionali. L’impressione è però che tutto possa essere stato già scritto e, anche se non si dice per i dovuti scongiuri, l’impresa di evitare i licenziamenti appare davvero molto remota in questa fase.
“Comune di Palermo e Regione – afferma il segretario della FistEl Cisl Palermo-Trapani, Francesco Assisi – hanno dato la loro disponibilità a siglare patti di area e a decretare la crisi di settore”. Ma questo può bastare? Sembra proprio di no, anche perchè l’azienda è privata e quindi non ha particolari vincoli, se non quelli di ammorbidirsi con una pressione di piazza e istituzionale. Nemmeno il “ddl appalti” con la sua clausola sociale approvata di recente per i call center sembra sia in grado quindi di fermare l’emorragia di posti di lavoro, non solo in Sicilia ma un pò in tutta Italia.
I tagli si concentrano sulle commesse di Enel e Poste, attribuite con un ribasso così pesante da non permette alle aziende che le avevano di mantenerle. In particolare, secondo Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom sono 3.500 i lavoratori a rischio in tutta Italia tra Almaviva e Gepin, mentre si arriverebbe a 8 mila con altri lotti in scadenza nei prossimi mesi e includendo imprese come Call&Call, Uptime e Abramo.
In Sicilia il fenomeno è molto sentito anche per le proporzioni di un settore che negli anni è diventato un pilastro occupazionale dell’Isola: stiamo parlando di ben 18 mila posti di lavoro tra diretti, vale a dire quelli in house, e outsourcing, i servizi in poche parole esternalizzati. “Da 17 anni si è creata questa occupazione nel territorio siciliano – aggiunge Assisi – e non si può così di colpo dismettere senza avere stabilito le regole di appalti, subappalti e sulle delocalizzazioni all’estero. Per un settore in crisi così importante le istituzioni sono chiamate a trovare le risorse economiche necessarie al mantenimento del comparto”.
 

 
Cos’è la clausola sociale, salvagente dei call center
 
La “clausola sociale” è vista come il salvagente per i call center proprio per evitare quello che già si sta verificando, cioè che le commesse siano date in appalto al massimo ribasso con disponibilità finanziarie dei privati che sono inferiori rispetto ai costi di mantenimento del personale esistente. La stessa “clausola sociale”, così come è formulata nel ddl approvato il 14 gennaio scorso, non sarà veramente efficace per salvare i posti legati a determinati operatori finché non verrà recepita nel rinnovo del contratto nazionale, con il riferimento alla “territorialità”: fino a quel momento, per soddisfarla, basterà mantenere i livelli occupazionali precedenti, anche cambiando città e quindi assegnando il lavoro a nuovi operatori, sottraendolo a quelli che lo gestivano prima. Resta quindi altissimo il rischio di delocalizzazioni dal momento che le aziende committenti hanno già evidenziato la tendenza ad abbassare continuamente i costi con spostamenti in paesi come la Romania o l’Albania, dove si risparmia nettamente su salari, coperture previdenziali, tasse, sicurezza e tutele sindacali. In questi giorni a Palermo ci sono state, nell’arco di poche settimane, ben tre proteste di piazza considerata la prospettiva di migliaia di esuberi e la conclusione a fine maggio dei contratti di solidarietà in atto esistenti.

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