La Sicilia degli inoccupati - QdS

La Sicilia degli inoccupati

Michele Giuliano

La Sicilia degli inoccupati

giovedì 10 Marzo 2016

All’Ars si cercano nuove strategie ma dall’assessorato regionale al Lavoro le porte sono chiuse. Preoccupa l’aumento dei neet nell’isola, sono molti di più rispetto alla Lombardia

PALERMO – Il silenzio della Regione. Di fronte alla richiesta del dato sugli inoccupati in Sicilia dagli uffici del Dipartimento Lavoro non è arrivata alcuna risposta ai gruppi parlamentari che ne hanno fatto richiesta. Il solito muro di gomma, spesso impenetrabile, di Palazzo d’Orleans dove la normalità del flusso di informazione diventa l’eccezione.
L’ultimo caso si è verificato per il gruppo parlamentare del Movimento 5 stelle che ha richiesto il dato sugli inoccupati in Sicilia. Lo aveva fatto il 21 dicembre scorso la deputata Vanessa Ferreri inviando una richiesta formale all’assessore regionale al Lavoro Gianluca Miccichè e alla dirigente del dipartimento Lavoro per conoscere la stima dell’ultimo dato riguardante i siciliani “inoccupati”, ovvero quei cittadini che, ai sensi del decreto legislativo 297 del 2002, non hanno mai svolto attività lavorativa in nessuna forma, autonoma o subordinata e siano alla ricerca di un’occupazione, cioè che abbiano effettuato iscrizione ai centri per l’impiego delle varie province.
“Il dato era necessario ai fini della predisposizione degli emendamenti per la finanziaria – afferma la Ferreri – ma l’assessorato di competenza non ha mai risposto. Ovviamente, si presume ragionevolmente che tale dato, anche in via approssimativa, sia nelle disponibilità dell’assessorato e del dipartimento competente”.
La parlamentare adesso parla di ostruzionismo sostenendo che sarebbe stato impossibile contattare le segreterie dove non rispondeva mai nessuno: “Riuscendo a parlare un paio di volte con qualcuno – aggiunge la parlamentare pentastellata – ci è stato riferito che la nota era stata inviata alla responsabile del settore VIII del dipartimento Lavoro, Francesca Garoffolo. Abbiamo provato più volte a metterci in contatto con la stessa Garoffolo, sia a mezzo mail che telefonico, non ottenendo mai risposta”.
Al di là dei dati che poteva fornire la Regione gli ultimi aggiornamenti parlano davvero in termini allarmanti della Sicilia per giovani Neet, vale i disoccupati e gli inoccupati che non sono neanche in istruzione e formazione. L’ultimo dato aggiornato dall’Istat è a consuntivo del 2013 e parla di 197.638 giovani nella fascia di età compresa tra i 15 ed i 24 anni che sono in questa condizione.
Si tratta del più alto numero in assoluto in Italia, dietro solo alla Campania che sfonda le 220 mila unità. La Sicilia in confronto alla Lombardia, che ha il doppio degli abitanti, ha 48 mila neet in più. Se poi si considera l’ultimo decennio emerge che in Sicilia questa “categoria” di giovani è aumentata di 20 mila unità. “Ci sono delle province, come Palermo e Caltanissetta,- spiega l’associazione sindacale professionale Anief, che ha analizzato i dati elaborati da Alessandro Rosina, demografo e sociologo dell’università di Milano – dove il tasso di abbandono scolastico è oltre il doppio della media nazionale e quattro volte maggiore rispetto al 10 per cento, indicato dall’Ue. Il dato è confermato quando si va a verificare il tasso di conseguimento del diploma di scuola media superiore: al Centro-Nord è pari al 59 per cento, al Sud si ferma al 48,7 per cento”.
 

 
Sistema incancrenito e i giovani pagano le conseguenze
 
Sono gli “invisibili” eppure dovrebbero essere la nuova linfa della produttività di un paese. Invece la Sicilia, come un pò tutto il meridione, rappresentano l’esatto inverso di quello che dovrebbe essere un reale mercato del lavoro, dove i giovani sono sempre più ai margini, facendo così avanzare l’icona che questi territori danno tutta l’impressione di essere “un paese per vecchi”. Generalmente si tratta di persone che abbandonano gli studi, perchè non vedono prospettive, per scarse capacità o perchè in famiglia non ci sono grandi disponibilità economiche per potere essere mantenuti. Allora cominciano a cercare lavoro per vie “tradizionali”, quindi attraverso i centri per l’impiego, oppure per vie traverse (facendo riferimento quindi al sommerso), accontentandosi anche di un lavoro nero, sottopagato e senza garanzie. I problemi in realtà sono molteplici: se da una parte c’è la crisi, che ha portato a molti licenziamenti, dall’altra c’è anche un sistema incapace di far davvero incontrare domanda e offerta di lavoro. Nel tempo queste inefficienze si sono incancrenite ed oggi se ne pagano, purtroppo, le conseguenze.

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