Antonello Cracolici: "Terra di eccellenza qualità e potenzialità" - QdS

Antonello Cracolici: “Terra di eccellenza qualità e potenzialità”

Gaia Perniciaro

Antonello Cracolici: “Terra di eccellenza qualità e potenzialità”

sabato 19 Marzo 2016

Forum con Antonello Cracolici, Assessore regionale Agricoltura Pesca e Sviluppo

Qual è la situazione nell’agricoltura siciliana? Quali sono i progetti più urgenti?
“La nostra è una terra di eccellenze e quindi di qualità, ma siamo disorganizzati. I nostri prodotti tendenzialmente sono in grado di battere la concorrenza in termini di sapore, gusto e valore nutritivo, ma il valore di questa qualità naturale è in partenza indebolito perché non corrisponde a un livello ottimale di capacità di concentrare l’offerta, di orientare i mercati e di determinare valore aggiunto al prodotto. Il Psr, Piano di sviluppo rurale 2014-2020 deve porsi l’ambizione di organizzare il sistema. Nel mondo, ogni anno, crescono di circa 150 milioni le persone che, in tutti i Paesi in via di sviluppo, raggiungono un livello di benessere legato al ceto medio sociale globale: ciò significa che è in crescita il popolo che non pensa più a consumare per sfamarsi, ma consuma solo cibo di qualità e più sicuro, e che in una Europa riconosciuta dal mondo come la piattaforma alimentare migliore, la Sicilia può giocare la partita da protagonista”.
Come pensa di creare una maggiore capacità di concentrazione dell’offerta?
“Abbiamo tantissimi piccoli produttori: il tema non è ingrandirli, ma aggregarli tra loro, e possiamo rendere questo meccanismo obbligatorio rendendo le misure del Psr aperte solo a chi sa stare insieme sia in termini di offerta che di filiera”.
Quanti fondi ha il Psr 2014-2020?
“Ci sono 2 miliardi e 300 milioni da assegnare con i bandi entro il 2020 e da spendere e certificare entro il 2023, ma non sono le uniche risorse a cui il settore rurale può attingere: penso ad esempio ai 2 miliardi che, nei prossimi 7 anni, le attività del primo pilastro della Pac erogheranno agli imprenditori agricoli, penso al denaro che ogni anno viene speso per l’Ogm, e a tanto altro”.
Come rendere questi investimenti utili?
“Spesso la politica agricola è stata considerata una politica di welfare, di integrazione al reddito agricolo, noi dobbiamo fare in modo che essa sia invece una politica di economia. La sfida è dare valore economico a quello che si fa in Sicilia e non un valore assistenziale, trasformare i nostri produttori agricoli in imprenditori agricoli, promuovere il prodotto e il territorio”.
Che ruolo hanno i giovani all’interno del Psr?
“La Misura 6.1 ha come obbiettivo il ritorno dei giovani in agricoltura, e per fare ciò verranno stanziati 40 mila euro a fondo perduto. Considerando anche le start up per la diversificazione agricola, ovvero 20 mila euro a fondo perduto, pensiamo di creare 1.800 giovani imprenditori”.
Affinché l’economia siciliana sia vincente, deve esserci sinergia tra turismo, beni culturali e agricoltura?
“Certo. Negli ultimi 30 anni abbiamo considerato l’agricoltura come un’attività del passato che doveva dare posto a un immaginifico industrialismo come unica prospettiva di sviluppo e crescita moderna, ma ci siamo sbagliati. Siamo i maggiori produttori di agricoltura primaria in Europa e siamo una terra che ha fatto cose straordinarie, c’è una dimensione storica che dovremmo valorizzare, tipizzare e proteggere, e 59 consorzi di qualità che tutelano i nostri prodotti sono una garanzia della nostra identità che può essere marchio. Nei prossimi anni il Mediterraneo sarà il luogo più importante dei flussi turistici globali. Per ragioni geopolitiche la parte sud non è la migliore, quindi rimane l’Europa e in particolare Italia, Grecia e Spagna al cui centro c’è la Sicilia che deve saper promuovere se stessa per diventare una piattaforma naturale di uno dei più grandi asset economici dei prossimi anni. Dobbiamo sapere vendere il prodotto filiera, quindi mettere in rete bellezze culturali, ambiente e sapori”.
Come procede la riforma dei Consorzi di bonifica? 
“I Consorzi in passato hanno registrato un aumento dei costi a fronte di una bassissima capacità di estensione delle superfici irrigue. Ci sono enti anche indebitati. è una materia complessa che sicuramente deve essere riordinata, sia nell’organizzazione, sia in fatto di attrezzature e distribuzione dell’acqua”.
 
Come pensa di risolvere la questione dei 24 mila forestali alle dipendenze della Regione?
“Occorre dire, intanto, riguardo a quanto viene diffuso dai media, che in gran parte del Paese l’attività di forestazione è svolta attraverso gli appalti e l’affidamento a cooperative, quindi non vi è una misura certa del numero di addetti utilizzati, ma del numero di risorse per l’affidamento a terzi, e quindi è impossibile il confronto con la Sicilia. Penso che il sistema della forestale risente di un modello che si è preoccupato della garanzia occupazionale delle persone che sono in questi elenchi e non delle cose che realmente vanno fatte, quindi più che parlare di 24 mila impiegati occorrerebbe parlare di 9 mila giornate uomo. La riforma che penso sia giusta fare segue quest’ottica: inizialmente sarà necessario stabilire a cosa serve questa forza lavoro, individuare le attività e costituire attorno ad ogni progetto un piccolo esercito dedicato. Un esempio che mi sta molto a cuore è l’idea che ho di prevenzione civile: il nostro è un territorio fortemente a rischio solo per una questione di incuria che può essere sanata. L’approccio necessario è quello di chi vuole ridare dignità al lavoro mettendo in attenzione il cosa fare, anziché il quanto fare. Sogno di riuscire a cancellare il termine 24 mila soprattutto perché spesso ci dimentichiamo che i forestali di cui si parla vivono spesso in comuni interni dove senza queste famiglie chiuderebbero anche le economie del territorio che loro alimentano, come bar e panifici”.
 
Quali iniziative avete in programma per la Pesca?
“Intanto bisogna contrastare il luogo comune che il Mediterraneo, avendo pochi pesci, richieda una riduzione di sforzo pesca e quindi delle imbarcazioni addette poiché questa ottica ha due conseguenze rischiose per la tradizione siciliana: i grandi processi delle politiche della pesca internazionale riguardano le aree più a nord dell’Europa e poi si va diffondendo l’idea che il pesce non sia un prodotto del mare, ma di allevamento. Malgrado ciò noi siamo la marineria più importante e imponente del nostro Paese; siamo il luogo con maggiore concentrazione di lavoro nel settore e il fondo Feamp può tornarci utile. Mi riferisco a 120 milioni gestiti dalla Regione, a cui si aggiungeranno i fondi gestiti dallo Stato che avranno una ricaduta notevole sulla nostra isola, tutto ciò a sostegno non solo delle attività intrinseche alla pesca, ma anche di tutti gli affari marittimi, la cosiddetta Blue Economy, un rapporto territorio-mare che sviluppi e rilanci l’attrattiva non solo in senso produttivo. Intanto stiamo lavorando per organizzare i Flag che per la nuova programmazione sostituiranno quelli che erano i Gac. Essi avranno come obbiettivo quello di avvicinare gli strumenti finanziari ai luoghi dove si produce e vengono spesi, quindi, per evitare sovrapposizione di attività, gestiranno in via esclusiva alcune attività. Sempre per il settore, lunedì prossimo ho convocato il consiglio regionale della pesca per assumere tutte le iniziative necessarie per tutelare la nostra marineria artigianale e costiera, ad oggi esclusa dalla ripartizione delle quote tonno recentemente decretate dal direttore generale del Ministero della Pesca”.

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