Ai dipendenti pubblici aumenti per i risultati - QdS

Ai dipendenti pubblici aumenti per i risultati

Carlo Alberto Tregua

Ai dipendenti pubblici aumenti per i risultati

sabato 04 Giugno 2016

Chi cerca il posto, chi cerca il lavoro

L’Italia è scesa ampiamente sotto la media europea per produttività, dopo la crisi settennale. Tale indice è la media tra il settore pubblico e quello privato, ma se si disaggregasse, si otterrebbero due indici, uno per il settore privato, ben più alto, ed il secondo, per il settore pubblico, sprofondato.
La causa dell’inesistenza di produttività nel settore pubblico deriva dal fatto che essa non è mai posta come indice di misurazione dell’efficacia di una attività lavorativa.
Conseguentemente accade che nessuno mai si è preoccupato di stabilire quanto un servizio pubblico dovesse essere produttivo, rapportando i relativi compensi ai risultati conseguiti.
Poste dieci persone che dovrebbero produrre dieci servizi, se i servizi dovessero diventare undici o dodici bisognerebbe dare un premio alle dieci persone; se scendessero a nove, otto o più in giù, bisognerebbe togliere in proporzione il compenso. Questo è l’elementare calcolo del rapporto fra dare e avere, cioè tra quanto si percepisce e quanto si rende.  

Per fortuna, in conseguenza della crisi, i diversi governi degli ultimi sette anni hanno bloccato gli aumenti retributivi a cascata per i pubblici dipendenti, i quali ora guadagnano meno in termini reali rispetto al periodo anti crisi. Ma essi comunque guadagnano ben di più rispetto a quanto rendono, essendo la loro produttività molto vicina allo zero.
Giustamente i sindacati che Ci rappresentano intendono trattare gli aumenti connessi al rinnovo contrattuale, ma non hanno speso una sola parola che consentisse di rapportare tali aumenti a un pari aumento della qualità, oltre che della quantità, dei servizi prodotti.
Il rapporto servizi-compensi non c’è neanche nella dirigenza pubblica, anzi, ed è qui la beffa, quasi tutti i dirigenti percepiscono premi di risultato senza aver mai raggiunto tale risultato: la solita burletta italiana.
Ma se i sindacati, retrivi e conservatori, non pongono la questione anzidetta, deve essere l’Aran, organismo che tratta per il Governo, a porla. E cioè che nessun aumento può essere concordato se non ha la contropartita in termini di miglioramento di servizi, sia sul piano quantitativo che qualitativo.
 

Perché il posto pubblico ha tanta attrattiva, perché quando vengono pubblicati bandi di concorso sono migliaia o decine di migliaia di cittadini che vogliono concorrervi? La risposta è semplice ed è nei fatti.
In primo luogo, perché chi entra in una qualsiasi pubblica amministrazione ne esce solo da pensionato o con i piedi in avanti, in quanto non viene valutata mai la performance. La conseguenza dell’assenza di merito nell’attività pubblica è che i bravi dirigenti e dipendenti, che sono in grande quantità, vengono penalizzati e si avviliscono nel constatare che molti loro colleghi, ignoranti e ignobilmente nullafacenti, percepiscono gli stessi compensi senza fare quasi alcuna prestazione.
Complessivamente i dipendenti pubblici non costano di più che in Germania o Francia, in relazione al numero di abitanti; vi è però una grande differenza in termini di qualità e quantità di servizi prodotti.
Una migliore e maggiore quantità di servizi prodotti significa che i cittadini meno abbienti sono serviti meglio e più in fretta; proprio quei cittadini che hanno più bisogno.

In secondo luogo, i pubblici dipendenti vengono inseriti in ambiti nei quali non viene misurata la quantità di fascicoli evasi pro capite e per giorno di lavoro, con la conseguenza di un forte rallentamento della macchina amministrativa e l’ulteriore e ancor più grave conseguenza di un rallentamento dell’attività economica, che necessariamente ha bisogno di provvedimenti rilasciati dalla pubblica amministrazione.
Una delle cause della decrescita dell’economia del nostro Paese è proprio l’insufficienza endemica di tutte le pubbliche amministrazioni, le quali sono ancor più deficienti al Sud.
Ecco spiegato perché la media del Pil nazionale è andata indietro di 9 punti mentre il Pil della Sicilia, in questi sette anni è andato indietro di oltre 12 punti.
Nella Pubblica amministrazione chi lavora e chi non lavora sono posti sullo stesso piano; ecco perché essa costituisce una attrattiva formidabile per chi cerca un posto e non un lavoro.

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