Servizi per l'infanzia, in Sicilia resta più difficile essere genitori - QdS

Servizi per l’infanzia, in Sicilia resta più difficile essere genitori

Serena Giovanna Grasso

Servizi per l’infanzia, in Sicilia resta più difficile essere genitori

martedì 07 Giugno 2016

Istat: solo il 34,6% dei Comuni siciliani garantisce i servizi per i più piccoli, il 100% in Friuli. Asili nido, un “privilegio per pochi”: nell’Isola solo il 5,5% dei bimbi ha accesso

PALERMO – Non c’è poi così tanto da stupirsi se la Sicilia, ma anche tutto il Mezzogiorno più in generale, da terra caratterizzata dalla presenza di famiglie numerose si è trasformata in regione quasi “sterile” (ricordiamo che nel 2015 il saldo nascite – morti è stato il più contenuto dall’unità d’Italia, con un tasso di nascite maggiormente elevato nel Settentrione che nel Sud e nelle Isole). Oltre alla situazione occupazionale ed economica assai critica, estremamente carenti appaiono i servizi per l’infanzia messi a disposizione dal Comune o più in generale dall’entità statale, tali da scoraggiare le famiglie a fare uno o più figli o da costringere assai spesso le madri al ritiro dal mercato del lavoro.
Secondo i dati recentemente pubblicati dall’Istituto nazionale di statistica all’interno del rapporto “Noi Italia 2016”, la Sicilia si colloca solamente alla quindicesima posizione per percentuale di Comuni che garantiscono i servizi per l’infanzia (all’incirca un Comune su tre, precisamente il 34,6%). Si tratta di un valore estremamente contenuto, specie se paragonato con le realtà settentrionali. Il modello che ogni singola regione dovrebbe seguire è rappresentato dal Friuli Venezia Giulia, grazie ad una copertura totale dei Comuni che offrono i servizi per l’infanzia (100%), a seguire troviamo Lombardia (90%), Emilia Romagna (86,8%) e Valle d’Aosta (85,1%).
Naturalmente ai piani bassi della classifica sarà possibile scorgere le regioni meridionali unite a qualche rara realtà del Centro come il Lazio (28,8%) e del Settentrione come il Piemonte (28,2%): con particolare riferimento al Mezzogiorno, risultati di gran lunga peggiori rispetto a quelli siciliani si riscontrano in Molise (22,8%) e Calabria (8,8%), rispettivamente all’ultimo e al penultimo posto della classifica nazionale.
Da questi più che disastrosi dati, è estremamente facile dedurre che nel Mezzogiorno sono ancora troppi i bambini impossibilitati all’accesso al servizio, mentre risultano essere quasi un’eccezione i bambini inseriti all’interno dei servizi riservati all’infanzia. Proprio in Sicilia con il quarto valore più contenuto a livello nazionale, solo il 5,5% dei bambini riesce ad accedere al servizio. Cifre ancor più contenute si rilevano in Puglia (4,3%), Campania (2,6%) e Calabria (2,1%).
Stavolta in vetta alla nostra classifica ritroviamo l’Emilia Romagna (26,8%), seguita a breve distanza dalla provincia autonoma di Trento (22,9%), Toscana (21,8%) e Valle d’Aosta (20,4%).
Dunque, si tratta di un mix di dati negativi che spediscono la nostra regione direttamente in coda alla classifica curata dall’Istituto nazionale di statistica relativamente all’indice di copertura previdenziale. Infatti, ancora una volta l’Isola si trova sul podio delle regioni con performance negative: esattamente con il terzultimo posto, la Sicilia rileva un indice di copertura previdenziale pari al 52,2% (teniamo ben presente, al fine di comprendere il grado di arretratezza siciliano, che il valore standard convenzionalmente scelto per indicare l’indice di copertura previdenziale è pari al 100%, dunque quasi il doppio rispetto a quello siciliano).
Ancora una volta, sono le realtà settentrionali a spiccare positivamente: infatti, al primo posto troviamo la provincia autonoma di Bolzano (113,2%), seguita dalla Lombardia (101,9%) e dalla provincia autonomia di Trento (90,4%).

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