I giornalisti preferiscono stupire, non documentare - QdS

I giornalisti preferiscono stupire, non documentare

Carlo Alberto Tregua

I giornalisti preferiscono stupire, non documentare

mercoledì 17 Agosto 2016

Responsabilità etica e pubblica

I media radio-televisivi e cartacei continuano ad amplificare gli eventi, soprattutto se gravi. Anziché tentare di capire i fatti nella loro giusta dimensione, chi fa informazione sceglie di fare catastrofismo piuttosto che documentare come essi sono, senza sbavature, né allargarne i contenuti.
Si capisce questo atteggiamento, perché la comunicazione spesso è fine a se stessa. Importante che se ne parli, non di cosa si parli. Più riverbero esterno nell’opinione pubblica  c’è e più sembra di acquisire fama, per cui le proprie quotazioni aumentano e con esse la pagnotta.
Questo non è un modo deontologico di fare informazione, la quale dovrebbe trasferire i fatti separati dalle opinioni. Fatti nudi e crudi che rappresentino la verità. è proprio questo il nucleo dell’informazione: appurare la verità e trasmetterla all’opinione pubblica senza orpelli di nessun genere. Spesso, invece, l’informazione è densa di opinioni, di illazioni, di questioni che non c’entrano ed avulse dalla verità.   

Beninteso, non bisogna sparare nel mucchio. Vi sono moltissimi giornalisti bravi che seguono queste regole semplici, che scrivono in modo asciutto e stringato, che parlano o riferiscono in modo comprensibile, lineare e piano. Ma non sono la maggioranza.
Tutto dipende dalle scuole cui gli aspiranti giornalisti hanno partecipato e dai loro formatori. è chiaro che ogni botte dà il vino che ha. Se i formatori hanno vino scadente, trasmettono vino scadente. Ecco perché nelle scuole di formazione dei giornalisti dovrebbero andarci i migliori, quelli più preparati.
Nelle redazioni della carta stampata o di radio e televisioni dovrebbero esservi dirigenti, che oltre a guidare il gruppo, avessero la voglia di migliorarne le qualità professionali e per conseguenza le performances. Non sempre è così. Ma gli aspiranti bravi, che hanno voglia di imparare, rubano il mestiere, mentre quelli piatti resteranno al loro livello primordiale.
L’informazione è tutelata dall’articolo 21 della Costituzione: uno strumento importantissimo non solo perché i cittadini sappiano quello che accade, ma perché attraverso essa si possono formare una opinione di fatti con cui non hanno rapporti diretti.

 
Ecco perché i comunicatori, fra cui i giornalisti, hanno una grande responsabilità etica e pubblica: essere corretti in ciò che comunicano, riproducendo la verità, nient’altro che la verità, tutta la verità, dopo averla riscontrata e verificata.
Si obietterà che chi fa cronaca non ha il tempo di controllare. è vero solo in parte perché tutte le informazioni possono essere attinte da più fonti, almeno due. Facendolo, questo sarebbe un modo per migliorare l’attendibilità dell’informazione stessa.
Però, nella realtà di tutti i giorni, conosciamo pochi operatori dell’informazione che quando arriva un comunicato di agenzia hanno l’accortezza di verificarlo da una seconda fonte. Quasi sempre lo trasferiscono direttamente nelle pagine o nei radio-telegiornali o nei talk show di intrattenimento, ormai caduti in basso.
E’ sempre una questione di metodo, cioè di osservanza delle regole. Non di regole formali, ma etiche, che riportano ai valori, da osservare sempre e comunque.  

E’ proprio questo un altro aspetto fondamentale dell’informazione: l’osservanza delle regole etiche, quelle regole immortali, di tutti i tempi, che nessuna innovazione, che nessun cambiamento possono modificare. Ecco che dovrebbe essere obbligatorio, per chi opera nell’informazione, conoscere a fondo tali regole etiche che poi, secondo la propria coscienza, dovrebbe applicare costantemente.
Tutto ciò, ovviamente, comporta sacrificio, impegno, sudore. Ma se si vuole fare informazione di qualità e, ripetiamo, vera, non è possibile risparmiarsi, non è possibile tirare indietro la manina per non scottarsi, non è possibile non correre qualche rischio.
Sì, dire la verità in qualche caso è rischioso perché si vanno a scoprire altarini, si va a scoperchiare il vaso di Pandora e, per conseguenza, a toccare interessi di privilegiati o malavitosi, che reagiscono.
Ma non bisogna avere paura di chi si oppone alla verità, la quale quasi sempre emerge chiara e lampante.

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