Ricostruzione post sisma. Prima lavoro ed edifici - QdS

Ricostruzione post sisma. Prima lavoro ed edifici

Carlo Alberto Tregua

Ricostruzione post sisma. Prima lavoro ed edifici

venerdì 02 Settembre 2016

Sostegno a imprese e sicurezza stabili

Dal 1968 (terremoto del Belice) al 2012 (terremoto in Emilia Romagna), lo Stato ha speso oltre 120 miliardi, senza peraltro restituire infrastrutture, immobili, beni artistici e culturali e quant’altro al loro stato originale.
Se anziché inseguire gli eventi, i 61 governi del dopoguerra, li avessero preceduti, mediante un’opportuna azione di prevenzione, gli stessi 120 miliardi avrebbero messo in moto l’economia producendo benefici dieci volte superiori, così evitando quattro conseguenze: non vi sarebbero stati morti, gli immobili non sarebbero caduti, vi sarebbe stato nuovo lavoro, le imprese sarebbero cresciute.
Ma, si sa, una classe dirigente meno che mediocre in questi settant’anni ha sempre badato a vivacchiare giorno per giorno e ad intervenire nelle catastrofi sempre dopo, mai prima.
Non vogliamo pensare quanti morti e distruzione vi sarebbero nel caso del risveglio del Vesuvio, ove nell’area vietata, risiedono oltre seicentomila abitanti e non vi sono vie di fuga.

E non vogliamo pensare a cosa accadrebbe nella costa ionica della Siclia, nonché in quella meridionale tirrenica della Calabria, se si dovesse verificare un terremoto analogo a quello del 1908 che distrusse Messina, causando oltre centomila morti.
Tutto questo si sa, ma lo Stato rimane inerte e con esso una Regione inutile alla Sicilia, ma utile ai propri politici e ai propri burocrati che percepiscono regolarmente gli emolumenti senza dare alcun che.
Infatti, dove sono le iniziative per mettere in sicurezza gli edifici pubblici? E dove sono le iniziative per impartire direttive ai sindaci affiché, a loro volta, prendano iniziative per mettere in sicurezza i loro immobili? Tutto resta fermo in una palude da cui non si riesce a trarre niente di positivo.
Ora il governo Renzi ha dichiarato la sua intenzione (speriamo che non resti solo intenzione) non solo di finanziare la ricostruzione dei paesi distrutti, ma di attivare un Piano poliennale per la messa in sicurezza di tutti gli immobili destinati a servizi pubblici. In questo versante, ricordiamo che molti di essi sono di proprietà private: quindi, si potrebbe chiedere loro di mettere in atto le opere di messa in sicurezza.
 

Vi è una seconda priorità e cioè sostenere con rapidità le imprese danneggiate di qualunque settore: agricolo, industriale, commerciale, artigianale. Il guaio peggiore si verifica quando, oltre al danno, si fermano le attività economiche. Questo va evitato assolutamente.
In questo quadro hanno un ruolo importante i Comuni che devono provvedere a quanto di loro competenza, ovviamente ottenendo rapidamente le risorse straordinarie dallo Stato. Ma, pur nella rapidità necessaria, occorre che gli uffici tecnici del Comune si muovano a prova di corruzione: se un immobile va ricostruito con caratteristiche antisismiche, così deve essere realizzato. Le certificazioni dei tecnici comunali debbono essere vere perché immuni da mazzette.
Si dirà che tanti appaltatori sono disonesti: è vero. Ma ve ne sono tantissimi onesti che dalla corruzione sono danneggiati perché ad essi vengono preferiti altri che non sono più bravi ma hanno pagato il pizzo.
I provvedimenti di somma urgenza possono essere emessi pagando  opere e servizi a prezzi Consip.

Non solo le opere devono essere completate, come impegno generico del prossimo commissario (l’ex presidente della Regione Emilia, Vasco Errani), ma completate secondo un preciso cronoprogramma che va pubblicato nel sito dello stesso Commissario, area per area, immobile per immobile, distinguendone la tipologia: abitazioni, commerciali, culturali ed artistici, scuole, sanità, municipi e via elencando.
La trasparenza portata dal cronoprogramma sui siti consente il controllo da parte dei Cittadini perbene che possono rendersi conto se le pubbliche amministrazioni rispettano i tempi, ovvero continuano nel vecchio tran tran che si risolve in un imbroglio per i cittadini.
Gli immobili che verranno messi in sicurezza dovranno resistere fino al settimo grado della scala Richter, esattamente come accade in Giappone. Vi sono le tecnologie idonee per raggiungere questo risultato e tante professionalità, fra ingegneri, architetti, geologi, geometri ed altri, in condizioni di utilizzarle perfettamente.
Manca solo un elemento: la vera buona volontà o le capacità realizzative.

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