È un vero piacere far funzionare le cose - QdS

È un vero piacere far funzionare le cose

Carlo Alberto Tregua

È un vero piacere far funzionare le cose

giovedì 22 Settembre 2016
Mi capita sovente di ascoltare persone, sia nel corso del lavoro che in ambito privato, del tutto inconcludenti per le cose che dicono, come se non si rendessero conto dell’inutilità di dar fiato alla bocca. Non capisco come non cerchino di coordinare le proprie idee e di seguire una serie di concetti secondo logica, che consentano di andare lungo percorsi da un principio ad un termine.
Costoro hanno l’obiezione facile: cercano di trovare sempre ciò che non va in quello che dicono gli altri, dimostrando immaturità ed ignoranza non solo del merito delle cose di cui parlano, ma soprattutto del metodo con cui dovrebbero parlare.
L’ignoranza di metodo e di merito è una brutta bestia, tanto che il vulgo ama ricordare che è meglio aver a che fare con un delinquente intelligente che con uno stupido onesto.
Certo, per capire le cose, gli eventi, i fatti, le circostanze, bisogna avere acquisito la capacità di analisi per fare valutazioni e soppesamenti tali da consentire, poi, di parlare con cognizione di causa.

Sentiamo dire da qualcuno: “Hai fiducia in me?”. è una domanda retorica perché per aver fiducia in una persona occorre una precondizione e cioè che quella sia onesta, ma il fulcro della questione è che essa abbia la capacità di raggiungere risultati.
Perciò la domanda non andrebbe mai posta a priori, bensì a posteriori. Prima si dimostra cosa si sa fare, quindi quali risultati siano stati raggiunti e dopo si può porre la domanda: “Hai fiducia in me?”.
Per la verità, pochi pongono la questione nei modi che precedono, anzi si offendono quando si pone loro la questione di fiducia non in termini di onestà, ma di capacità, non in termini di pie intenzioni, magari buone, ma in termini di realizzazioni e di conseguimento di obiettivi.
Solo le persone capaci, professionalmente attrezzate, esperienti, con l’abitudine di proporre ad ogni problema che incontrano più soluzioni, solo queste meritano fiducia, la meritano obiettivamente.
In altre parole dobbiamo trasferire le relazioni dai personalismi all’obiettività, evitando di miscelare i primi con le seconde in modo da non capirci più nulla.

 
C’è un grande piacere nel far funzionare le cose perché si rileva il frutto del proprio lavoro e delle proprie capacità. Significa che vi è stata l’intelligenza di combinare i diversi fattori di un’attività, in un sistema organico e ordinato che fa girare la ruota dei meccanismi ed ottenere il servizio o il prodotto predisposto.
Naturalmente quanto scriviamo costituisce un’aberrazione per tanta parte di dirigenti e dipendenti pubblici, anche se ve n’è altrettanta che invece funziona in questo modo. Ma,  spesso in quegli ambienti prevale l’autoreferenzialità e l’autopromozione, secondo la quale i dirigenti fra di loro si danno il massimo delle valutazioni, percependo così premi quasi sempre immeritati. Come se agli esami universitari o scolastici, fossero gli stessi allievi a darsi i voti: una bellezza!
Molti hanno la paura di sbagliare e quindi non mettono il dito sul computer perché l’errore li fa andare in tilt. Costoro non sanno, invece, che sbagliando si impara, a condizione che si capisca la natura dell’errore, in modo da non ripeterlo.
 
Dobbiamo constatare con molto rammarico che associazioni di servizio, club service, associazioni di volontariato usano più parole che fatti: riunioni, dibattiti, anche accesi, confronti e via elencando, ma realizzazioni vicine allo zero. Salvo elargizioni e beneficenze fatte a scarico della propria coscienza e per potere affermare che si è fatto un servizio. Niente di più sbagliato.
È più importante dare il proprio tempo e la propria presenza ai bisognosi, piuttosto che denaro a chi non sempre lo fa pervenire ai bisognosi stessi. Ciò non significa che non vi siano organizzazioni di servizio, fra cui primeggia la Caritas, che rende concretamente aiuto a tanti poveri veri, non quelli che risultano essere veri perché imbrogliano le carte, cioé l’Isee.
Far funzionare le cose è un tema semplice, ma è anche un comportamento ordinato, senza orpelli e senza sovrastrutture, che dà piacere.
Ma semplice non è facile, anzi è difficile. Solo chi ha le idee chiare, riesce a semplificare  i percorsi. Gli altri appartengono all’Ucas (Ufficio complicazioni affari semplici).

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