Le lobby economiche condizionano politica e media - QdS

Le lobby economiche condizionano politica e media

Giovanni Mollica

Le lobby economiche condizionano politica e media

sabato 24 Settembre 2016

Perché rinunciare alle Olimpiadi è un guaio, mentre non fare il Ponte è stato un bene?

La vicenda della candidatura di Roma alle Olimpiadi del 2024 mostra sotto una luce nuova la triste storia del Ponte sullo Stretto.
Messinesi e Reggini liberi da pregiudizi ideologici dovrebbero chiedersi perché il secondo sia stato ostacolato in ogni modo dagli stessi che oggi si stracciano le vesti per la rinuncia della Raggi. Eppure le rilevanti risorse da investire, il prestigio internazionale, il ritorno d’immagine e i potenziali effetti a breve, medio e lungo termine sul territorio e sul Paese tendono a rendere quantomeno somiglianti i due casi. Malgrado ciò, il Ponte è stato quasi da tutti avversato e le Olimpiadi quasi da tutti magnificate. Uno strabismo trasversale che sconfina nell’ambiguità e nel doppiopesismo, chiaramente ispirati dalla lobby romanocentrica che ha sponsorizzato l’evento.
Eppure è chiaro che le Olimpiadi, oggi, rappresentano quasi esclusivamente una grande opportunità per la città che le ospita ma finiscono col diventare uno spreco di risorse pubbliche e un ottimo affare solo per le speculazioni private. Lo hanno detto gli stessi cittadini romani, ammettendo che il loro Sì derivava dal fatto che i Giochi avrebbero potuto far chiudere le buche nelle strade, eliminare la spazzatura e migliorare il trasporto pubblico. Ciò rende ancora più incomprensibile il comportamento autolesionista di molti Messinesi e Reggini e l’ottusità di alcuni leader politici locali che perseverano in un No ormai impopolare, senza essere sfiorati dal dubbio di essere stati “utili idioti” in un gioco ben più grande di loro.
Dovrebbero chiedersi perché gli opinion maker più autorevoli, i media nazionali e i leader politici di quasi tutti i partiti (esclusi i 5 Stelle) condannano oggi la Raggi mentre approvarono la decisione di Monti di violare un contratto internazionale, dando origine a un contenzioso miliardario ancora in corso. Certo, come nel caso del Ponte, anche per le Olimpiadi il dibattito è stato molto superficiale, ma allora giornali e tv diedero credito alle menzogne diffuse sull’infattibilità tecnica, l’inutilità trasportistica, i costi esorbitanti e gli immaginari danni ambientali che il Ponte avrebbe causato, questa volta hanno per lo più esaltato i benefici del sogno olimpico e nessuno tra i grandi giornalisti e opinion maker è scoppiato a ridere ascoltando che i costi sarebbero stati i più bassi (5,3 mld) nella storia delle Olimpiadi moderne. Eppure, la valutazione fatta per la (poi sfumata) candidatura di Roma 2020 era doppia; Londra 2012, Pechino 2008 e Atene 2004 avevano budget di 3,3, 12 e 4 mld e a consuntivo toccarono rispettivamente i 12,3, 38 e 10.
Intendiamoci, noi della Rete non siamo contrari alle Olimpiadi di Roma, ci limitiamo a segnalare che il Ponte sullo Stretto fu bocciato dall’opinione pubblica, dalla politica e dai media a dispetto di una dimensione scientifica, economica e sociale infinitamente maggiore dei Giochi. Quali meccanismi di psicologia di massa, manipolazione dell’opinione pubblica, potenza del lobbismo, asservimento della politica agli interessi dei “poteri forti” scattano in situazioni come queste? Strumenti collaudati che hanno finito per convincere la gente – Siciliani e Calabresi compresi! – che far piovere 8 mld sull’estremo Sud sia più che inutile, dannoso, mentre spenderne (quasi certamente) qualcuno in più a Roma e dintorni sia una benedizione del cielo.

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