Ponte di Messina sospeso tra referendum e realtà - QdS

Ponte di Messina sospeso tra referendum e realtà

Rosario Battiato

Ponte di Messina sospeso tra referendum e realtà

mercoledì 28 Settembre 2016

Renzi annuncia: siamo pronti a unire Sicilia e Calabria per completare il collegamento Palermo-Napoli. Ora servono fatti. Le accuse dell’opposizione: mossa ad hoc per guadagnare consenso in vista di dicembre

 
PALERMO – Un vero e proprio colpo di scena. Dopo mesi di tentennamenti, Matteo Renzi ha rilanciato il Ponte sullo Stretto di Messina in occasione della celebrazione per i 110 anni della Salini-Impregilo alla Triennale di Milano. Lo ha fatto in maniera diretta, senza fronzoli, proprio a casa del gruppo che già nel 2014 aveva lanciato al governo una proposta chiarissima: riprendere in mano il dossier per rinunciare alle penali per la mancata realizzazione che, stando alle stime, ammonterebbero ad almeno 800 milioni di euro.
Niente più “vedremo”, il termine preferito da Delrio quando si parlava di Ponte, ma “noi siamo pronti, noi ci siamo”. Lo ha detto il premier facendo riferimento alla necessità di “completare il collegamento tra Napoli e Palermo, togliere la Calabria dall’isolamento e rendere la Sicilia più vicina creando centomila posti di lavoro”. Un appello rivolto proprio a Pietro Salini, ad di Salini-Impregilo e grande sostenitore del progetto del Ponte, che ha coinvolto in una sfida: “se voi siete nella condizione di portare le carte e sbloccare quello che è fermo da dieci anni, noi ci siamo”.
Il Ponte è un convogliatore di emozioni e posizioni estreme e l’esternazione del premier ha dato vita al consueto fuoco incrociato delle dichiarazioni. I primi a giungere sulla contesa sono stati gli esponenti dell’Ap. Tra questi anche Maurizio Lupi che, prima delle dimissioni da ministro delle Infrastrutture nel marzo dello scorso anno, aveva dato qualche possibilità alla rinascita del collegamento tra Sicilia e Calabria. E adesso sul punto vuole un’intensa accelerazione: “chiediamo alla capigruppo che si terrà giovedì – ha spiegato Lupi – di iscrivere la nostra proposta di legge sul Ponte sullo Stretto nel calendario dei prossimi tre mesi”. Anche Vincenzo Garofalo, vicepresidente della Commissione trasporti della Camera, rivendica il ruolo di Area Popolare nella richiesta di “aprire il fascicolo che in molti avrebbero voluto archiviare”.
Sullo stesso fronte, seppur con toni più polemici, si colloca anche la posizione di Altero Matteoli, un altro ex ministro delle Infrastrutture che, sotto il governo Berlusconi, si era detto particolarmente favorevole all’ipotesi. “Adesso mi aspetto che anche i più riottosi nel Pd e nella sinistra, quelli che hanno urlato allo scandalo contro Berlusconi e il suo governo che il Ponte lo stavano costruendo, dicano di aver cambiato parere. Oppure che si siano piegati al volere dello statista fiorentino”.
Dall’altra parte di questo variegato fronte pro-Ponte, le acque sono agitate. Arturo Scotto, capogruppo dei deputati di Sinistra Italiana, ha accusato Renzi di “promesse” create ad hoc e proprio in vista della campagna referendaria che porterà al voto importantissimo del prossimo 4 dicembre.
I dubbi, del resto, ci sono ancora tutti. Fino a qualche mese fa il governo aveva dichiarato compatto – da Delrio allo stesso Renzi – di non essere contrario al Ponte, ma che prima c’era la necessità di affrontare altre opere. Lo ricorda bene Andrea Mandelli, senatore di Forza Italia, che su twitter scrive: “Da mesi Renzi sostiene che prima del Ponte sullo Stretto bisognava concludere altre opere. Ora il governo è pronto. Potere del referendum…”.
Dubbi anche sul fronte della spesa. Laura Ravetto (Forza Italia) scrive su twitter che “non ci sono soldi per mettere in sicurezza sismica le case degli italiani ma ‘sul ponte sullo stretto ci siamo’”. In realtà ci sono esempi differenti, come hanno dimostrato di recente anche in Turchia con l’ultimo ponte sul Bosforo. L’impegno delle risorse statali più essere limitato dall’investimento di capitali esteri attirati da un progetto sicuro e serio con una gestione duratura. Col project financing gli esperti stimano un costo per lo Stato di 3 mld che potrà recuperare con iva, imposte sui redditi e ricadute occupazionali. Al resto ci penseranno i privati.

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