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Palermo – Almaviva, tra nuovi scioperi e sit-in continua la protesta dei lavoratori

Gaspare Ingargiola

Palermo – Almaviva, tra nuovi scioperi e sit-in continua la protesta dei lavoratori

venerdì 21 Ottobre 2016

Il vertice al Mise si è concluso con un nulla di fatto: 330 dipendenti rischiano ancora il trasferimento. L’azienda: “A settembre ricavi ridotti del 50%, serve un deciso cambio di passo”

PALERMO – Sono giornate campali per Almaviva. Il vertice di martedì al ministero dello Sviluppo economico si è tradotto nell’ennesimo slittamento, con un nuovo incontro fissato per il 20 ottobre. A oggi nulla è cambiato: sul tavolo ci sono migliaia di licenziamenti a Roma e Napoli e il trasferimento, a partire dal 24 ottobre, dei primi 154 operatori (in totale 330) da Palermo a Rende.
Al Mise l’Exprivia, che ha sostituito Almaviva nella gestione della commessa Enel, ha ribadito che non potrà farsi carico di tutti i lavoratori: secondo i sindacati la società di Molfetta sarebbe disponibile ad assumerne o 130 full time o 260 part time a quattro ore con un contratto di terzo livello (più basso dunque di quello attuale) e senza scatti di anzianità. In questo modo, in pratica, i lavoratori ripartirebbero da zero.
Mercoledì, all’indomani del vertice al Mise che si è concluso con un nulla di fatto, la reazione nel capoluogo siciliano è esplosa rabbiosa: un gruppo di lavoratori ha occupato il call center di via Marcellini, dove si trova una delle due sedi della società, esponendo striscioni di protesta dalla balconata e chiudendo i cancelli con i catenacci. Per i sindacati i trasferimenti in Calabria sono, infatti, “licenziamenti mascherati”.
Almaviva Contact ha giudicato “inammissibili” queste forme di protesta perché “fuori dalla legalità” e attuate “nelle stesse ore in cui le problematiche sollevate sono all’attenzione delle istituzioni competenti”.
Parole che non hanno placato gli animi, tanto che alla fine è dovuta intervenire la Digos. L’occupazione si è trasformata allora in sciopero ieri e oggi e altre manifestazioni di protesta sono in programma in occasione della visita a Palermo del premier Matteo Renzi nel weekend, per la campagna referendaria e l’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università.
Ieri ci sono stati sit-in davanti le sedi della società e la Prefettura, mentre di “proposte irricevibili” venute fuori dal tavolo al Mise ha parlato il segretario palermitano della Slc Cgil Maurizio Rosso, evidenziando come ci si aspetti “di più dalle istituzioni, nazionali e regionali”.
L’azienda però non ci sta: la crisi ha colpito tutto il comparto delle telecomunicazioni e si calcola che senza interventi normativi i posti a rischio in tutto il Paese potrebbero essere fino a 70-80mila. “Al mese di settembre 2016 – ha scritto Almaviva in una nota – la società deve registrare ricavi ridotti del 50% negli ultimi quattro anni, pari a 100 milioni di euro, mantenendo una forza lavoro di circa novemila risorse sostanzialmente invariata, a fronte di uno scenario di mercato in continuo deterioramento, in presenza di una crisi del settore che ha comportato la chiusura di almeno quindici aziende negli ultimi 24-18 mesi. È solo grazie alla solidità del gruppo che finora è stato possibile garantire l’equilibrio della società, continuamente sostenuta dal resto del gruppo e dagli azionisti. Oggi, l’incremento costante delle perdite, la loro dimensione, nonché i doveri degli amministratori, non permettono più questa possibilità”.
Per Alvaviva è quindi necessario “un deciso cambio di passo e agire immediatamente”, attraverso “elementi di netta discontinuità che affrontino con carattere strutturale la profonda crisi del settore”. Su cui pesano le delocalizzazioni, le mancate sanzioni, le gare al massimo ribasso e il mancato rispetto dei minimi contrattuali, mentre le parti sociali chiedono di prevedere ammortizzatori sociali stabili e non in deroga per tutto il settore.
Proprio su questo punto il Mise ha fatto sapere che “dati i ritardi accumulati dal Ddl concorrenza, che conteneva misure per rendere efficace la normativa sulla delocalizzazione dei call center, si è stabilito di intervenire con altro provvedimento. Si interverrà anche sul tema degli ammortizzatori sociali per il settore”. Il ministro Carlo Calenda e il vice ministro Teresa Bellanova hanno sottolineato la necessità che “le eventuali distorsioni esistenti vengano eliminate nel più breve tempo possibile”.
Calenda ha inoltre inviato lo scorso 7 ottobre “una comunicazione agli Ad delle maggiori aziende committenti pubbliche e private coinvolte sollecitandole al rispetto della norma che contrasta le delocalizzazioni in Paesi extraeuropei e invitandoli a predisporre quanto necessario a consentire all’utente finale di scegliere che il servizio richiesto sia reso tramite un operatore collocato in Italia”.
Il ministero, insomma, almeno nelle intenzioni, sta predisponendo “interventi idonei a contrastare il fenomeno della delocalizzazione e azioni mirate a mitigare l’impatto sociale provocato dalla profonda crisi che sta attraversando il settore”.

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