Non c'è corruzione se la Pa è onesta - QdS

Non c’è corruzione se la Pa è onesta

Carlo Alberto Tregua

Non c’è corruzione se la Pa è onesta

martedì 13 Dicembre 2016

Tutto passa dal denaro pubblico

Da che è nato l’uomo, esistono corruzione e prostituzione che fanno parte della sua natura. Se non ci sono rimedi, l’unica cosa che può fare l’umanità è cercare di ridurle ai minimi termini, quasi a farle diventare fisiologiche e compatibili con una realtà mediamente onesta e corretta.
Per la prostituzione vi è stata la dissennata legge proposta dalla senatrice Lina Merlin nel 1958 con cui si abolirono le Case chiuse. Con ciò togliendo allo Stato la possibilità di controllare e governare la prostituzione, che invece è pienamente legale in quasi tutti gli Stati d’Europa, producendo tra l’altro imposte sui redditi.
In Italia si è verificata una novità al riguardo e cioè che la Corte di Cassazione, con sentenza 22413 del 4 novembre 2016, ha dichiarato come autonoma l’attività delle prostitute e per ciò stesso, soggetta ad imposte. I tempi sono ora maturi perché una nuova legge disciplini il settore.

Il 9 dicembre è stato celebrato il giorno contro la corruzione. Il governo Renzi ha istituito l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) affidandone ad un valente magistrato, Raffaele Cantone, la presidenza.
Ci si è accorti che la corruzione sta permeando tutti i gangli dello Stato, sia a livello centrale che periferico e, con la sua propagazione, dovunque l’infezione aumenta e anche i tessuti buoni della Comunità vengono attaccati. Ciò perché il cattivo esempio viene copiato più facilmente del buon esempio.
Nel settore privato c’è corruzione, ma in quantità limitata perché qualunque attività si fonda sul contrasto di interessi. Quindi, è difficile che una parte possa prevaricare l’altra imponendole qualche forma di corruzione anche se, chi è più grosso cerca di far valere la ragione della forza anziché la forza della ragione.
La corruzione si annida in maniera estesa nel settore pubblico. Ciò perché la Pubblica amministrazione è permeabile alle infiltrazioni ed è sensibile alle mazzette. Ciò accade perché essa non funziona in base ai valori fondamentali di merito e responsabilità, bensì ai favori di alcuni per altri in un sistema di vantaggi e svantaggi non basati su equità e giustizia bensì sull’appartenenza.
 

Vi è un assunto facile facile: se le pubbliche amministrazioni funzionassero con correttezza ed onestà, la corruzione sparirebbe. Se i tecnici che controllano le opere pubbliche facessero interamente il proprio dovere con competenza ed onestà, quando mai le aziende truffatrici potrebbero usare il cemento depotenziato? Il carotaggio metterebbe a nudo gli imbrogli.
Nella Pubblica amministrazione vi è poi una sorta di corruzione strisciante dovuta alla sua inefficienza ed incapacità di funzionare secondo regole etiche e tempi ragionevoli, all’interno dei quali tutte le attività siano state ben organizzate e misurate da cronoprogrammi che producono risultati in tempi certi.
Tutto qui è il nucleo della questione che esaminiamo. Quelle regole di equità che Montesquieu (1689-1755) ne L’Esprit des lois e Jean Jacques Rousseau (1712-1778) con Contrat social hanno delineato in maniera chiara. 

Se ogni dirigente facesse il suo lavoro con scrupolo e meticolosità, non consentirebbe ad alcuno di concedere favori previo scambio con altri favori, ivi compresa la mazzetta.
Se ogni dipendente pubblico lavorasse veramente e concretamente nelle 36 ore settimanali, senza ascoltare il canto delle sirene dei corruttori, tutto filerebbe liscio e la corruzione sarebbe emarginata.
La conseguenza di quanto precede è che il Paese farebbe un balzo in avanti perché finalmente avrebbe sbloccato meccanismi che oggi inceppano ogni attività, costringono le imprese a fare salti mortali per andare avanti e soprattutto eviterebbero l’asfissia finanziaria delle stesse, conseguente ai comportamenti clientelari di dirigenti e funzionari pubblici.
Ovviamente non tutti. Ve n’è una gran parte di onesti e capaci che però non fa sentire la propria voce, alta e chiara, per disgiungere le proprie responsabilità da quelle dei colleghi corrotti.
Anche in questo caso i cittadini debbono fare i cittadini, ovunque, quando esercitano attività pubblica o privata e nella vita civile.

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