No industria pesante, ora verde o blu - QdS

No industria pesante, ora verde o blu

Carlo Alberto Tregua

No industria pesante, ora verde o blu

sabato 05 Dicembre 2009

Il cambiamento per lo sviluppo possibile

Chiuso il capitolo di Termini Imerese e chiuso il più grave capitolo del rigassificatore che volevano installare nel Triangolo della morte Priolo-Augusta-Melilli, vi è quello più importante, cioè che la politica comprenda come sia indispensabile affrontare un programma serio per fermare la discesa economica e cominciare una risalita seppur lenta. Lo sviluppo prossimo venturo della Sicilia deve abbandonare, nei limiti del possibile l’industria pesante e invece stendere tappeti rossi e creare ogni altra forma di attrazione perché gli investitori internazionali portino qui i loro progetti, il loro danaro e le loro competenze.
I filoni su cui si muove lo sviluppo devono marciare sui binari dell’industria verde (Green Economy) e dell’industria blu (turismo, fruizione di beni archeologici e paesaggistici e di tutti gli altri tesori di cui la Sicilia dispone in grande abbondanza). Non basta. Le linee di sviluppo devono comprendere i servizi avanzati, cioè quelli ad alto valore aggiunto. In questo senso bisogna dare il massimo supporto alla St Microelectronics, a tutte le imprese dell’Etna Valley e a chiunque altro investa nel mercato immateriale di Internet.

Vediamo ora le ipotesi di lavoro dell’industria verde. La Regione prepara un progetto per un Piano energetico consistente nella coltivazione di prodotti per la produzione di biocarburanti, in modo da indurre le industrie di raffinazione del Triangolo della morte a trasformare i propri impianti, in modo tale da sostituire il fossile con il vegetale.
Secondo dati raccolti presso l’assessorato all’Agricoltura, in Sicilia vi sono circa 4 mila chilometri quadrati di terreno incolto o non produttivo di reddito. Trasformarlo per la produzione utile al processo cui prima accennavamo, significherebbe mettere in moto decine di migliaia di posti di lavoro e utilizzare molte risorse del P.o.  2007-2013.
Vi è poi l’agricoltura innovativa, che ha però il difetto di non essersi impossessata del sistema di distribuzione diretto, saltando a piè pari commissionari, concessionari e altri intermediari che lucrano fortemente, mantenendo in uno stato deficitario i produttori medesimi.

 
Nella rossa Emilia il sistema cooperativo ha portato i produttori di beni e servizi in uno stato di agiatezza perché ha eliminato i parassiti della filiera e ha consentito di praticare prezzi relativamente bassi, mantenendo una buona qualità di beni e servizi.  Sappiamo che l’individualismo, frutto di incultura, non favorisce la cooperazione. Tuttavia, i nostri produttori agricoli devono capirlo una volta per tutte che la strada è quella di affacciarsi direttamente alla grande distribuzione e al mercato.
L’industria blu è quella del turismo, che significa portare qui milioni di cittadini del mondo, sol che il sistema informativo e quello economico dei tour operators siano opportunamente sensibilizzati e agevolati, dichiarando che gli uffici della Regione e quelli degli Enti locali sono disponibili sul serio a rilasciare ogni autorizzazione o concessione nel tempo reale di non oltre trenta giorni, costi quel che costi.

Naturalmente i turisti verrebbero da noi se trovassero: a) i beni culturali ben ordinati e pronti per essere fruiti (la chiusura della Villa del Casale è un grave colpo per albergatori, guide turistiche e negozianti, mentre la manutenzione si può fare con i cantieri aperti e in sicurezza); b) la ristrutturazione di gran parte degli 829 borghi, catalogati dall’assessorato dei Beni culturali, per cui occorrerebbero decine di migliaia di persone e finanziamenti rilevanti europei, statali e regionali; c) la fruibilità dei quattro Parchi della Sicilia (Madonie, Nebrodi, Etna e Alcantara) nonché le riserve naturali e le riserve marine; d) la possibilità di accedere a tutti i beni archeologici, culturali, museali che spesso sono in condizioni fatiscenti; e) la valorizzazione dei tre centri della ceramica (Caltagirone, Sciacca e Santo Stefano di Camastra); e) l’operatività delle due principali Terme (Acireale e Sciacca) come hanno ben fatto tutte le Regioni del centro-nord fra cui Toscana, Veneto ed Emilia; f) un controllo ferreo e continuo sulla qualità dei servizi alberghieri e di ristorazione.
Basta la politica delle parole. Occorre la politica del fare. Ora.

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