Pa come ai tempi della Vedova allegra - QdS

Pa come ai tempi della Vedova allegra

Carlo Alberto Tregua

Pa come ai tempi della Vedova allegra

venerdì 20 Gennaio 2017

Premiare i bravi dirigenti e impiegati

Vi ricordate la celebre operetta in tre parti musicata da Franz Lehár, su libretto di Victor Léon e Leo Stein, che debuttò con enorme successo al Theater an der Wien il 30 dicembre 1905 con la boema Mizzi Günther, soprano di operetta, ed il tenore viennese Louis Treumann?
Al centro della vicenda vi è la ricca ereditiera Hanna Glawari, detentrice di 500 milioni di franchi, indispensabili per lo Stato di Pontevedro, praticamente in rovina. Nell’operetta, ambientata a Parigi, l’ambasciata pontevedrina proverà a far sposare la vedova con il bel conte Dànilo Danilowitsch, così da sollevare le finanze dello Stato.
Che c’entra tutto questo con la Pa? Mi ha colpito il dialogo tra Danilowitsch e Njegus, impiegato di cancelleria dell’armata pontevedrina. Il Conte dice: “Ho bisogno di dormire almeno 5 minuti”.  Njegus gli risponde: “Sembrate un impiegato pubblico” e aggiunge “Il pubblico impiegato non risolve mai niente”. Pensate, questo si scriveva agli inizi del Novecento.

Che la Pubblica amministrazione non godesse, anche allora, di una buona reputazione sembra sorprendente perché soprattutto quella austro-ungarica ha dato sempre prova di essere particolarmente efficiente e di servire bene i cittadini, ma nonostante ciò se ne parlava male.
Figuriamoci ai nostri tempi, quando la burocrazia serve se stessa e i propri privilegi pur essendo dotata di moltissimi bravi dirigenti e di una miriade di bravi impiegati.
I bravi dirigenti e i bravi impiegati si ricordano perfettamente all’articolo 54 della Costituzione e agiscono con disciplina e onore. Tutti gli altri, invece, non sanno cosa sia né disciplina né onore; e neanche l’amor proprio ed il rispetto del prossimo.
I bravi dirigenti e i bravi impiegati pubblici si ricordano anche l’articolo 97 della Costituzione, assicurando il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione.
Ormai tutti hanno capito che la disfunzione della burocrazia, formata da ben 3,2 milioni di dipendenti pubblici, oltre un milione di dipendenti delle partecipate para-pubbliche, è la causa principale della mancata crescita e della aumento della disoccupazione.
 

Vi spieghiamo quanto precede. L’economia nazionale e locale è interfacciata da procedure pubbliche gestite da pubblici dipendenti. Essi non mettono in atto tutto quanto in loro potere per rendere veloci i procedimenti e l’emissione dei provvedimenti richiesti.
C’è di più. Anche fra gli Enti pubblici di diverso livello, vi è un continuo comportamento ostativo con la conseguenza che i tempi di evasione delle richieste diventano biblici.
Questo accade perché nel settore pubblico non vi è un sistema sanzio-premionale, secondo il quale chi fa male deve essere punito e chi fa bene deve essere premiato. L’assurdo di quanto scriviamo riguarda i premi di obiettivo, liquidati sistematicamente a tutti i dipendenti, indipendentemente dall’aver raggiunto l’obiettivo stesso.
E poi il tasso di morbilità, secondo il quale mediamente ogni pubblico dipendente resta a casa per malattia per un mese (si intende oltre le ferie); molte esenzioni per presunte malattie: dall’uso dei computer, alla guida dei bus, e fino allo stare seduti anche senza fare nulla.

La mentalità secondo la quale nessun dirigente e nessun dipendente debba rendere conto è estremamente diffusa, con la conseguenza che tutti pensano o dicono: ma chi me lo fa fare? Si intende a comportarsi bene.
In questo quadro, ha primaria responsabilità la classe politica che ha il compito di indirizzare la burocrazia e di controllarne sistematicamente i risultati sulla base di cronoprogrammi che la stessa classe politica dovrebbe predisporre.
E’ giusta la divisione tra politica e amministrazione perché ognuno deve assumere le proprie responsabilità. Ma i responsabili delle istituzioni, che non governano con polso fermo la burocrazia, sono i primi responsabili della disfunzione conseguente.  Nella disfunzione si annida la corruzione, fondata sulla cultura del favore, secondo la quale bisogna chiedere ciò per cui il cittadino ha diritto.
Come si capisce il quadro è fortemente inquinato e non si vede nel medio periodo una soluzione. Tuttavia, essa va cercata ed attuata con fermezza, sotto la spinta dei #CittadiniPerBene.

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