I siciliani non vassalli ma datori di lavoro - QdS

I siciliani non vassalli ma datori di lavoro

Carlo Alberto Tregua

I siciliani non vassalli ma datori di lavoro

mercoledì 19 Aprile 2017

Politici e burocrati pagati dai cittadini

Politici e burocrati non hanno ben chiaro il concetto secondo cui essi sono stipendiati dai cittadini, perché vengono pagati prelevando i loro compensi dalle imposte. Se tale concetto fosse chiaro, si preoccuperebbero di dover rendicontare ai loro datori di lavoro, cioè i cittadini, i risultati raggiunti per giustificare quanto loro percepiscono.
Nel nostro Paese, questo concetto è sconosciuto, perché i politici, una volta eletti in Parlamento, Consigli regionali e comunali o agli incarichi esecutivi, si dimenticano di aver ricevuto un mandato da dover rispettare, con capacità e onore.
I burocrati, inoltre, si dimenticano che hanno il dovere di produrre servizi a favore di quei cittadini che continuano a pagare i loro emolumenti. Perché politici e burocrati hanno la memoria corta? Perché nessuno li controlla. Perché nessuno controlla la loro attività. Perché nessuno fissa loro gli obiettivi e nessuno controlla il rapporto fra risultati e obiettivi stessi.

Si è capovolto il rapporto fra mandanti (cittadini) e mandatari (politici e burocrati). Questi ultimi, anziché servire, si siedono sui loro cadreghini e fanno e disfano quello che credono, dimenticando totalmente il concetto prima indicato.
Trump ha vinto le elezioni anche con uno slogan efficace: America first. Occorrerebbe che anche i nostri concittadini facessero capire alle famiglie di politici e burocrati il principio: Sicilia first. Prima la Sicilia e i siciliani, poi politici e burocrati.
Costoro non sono i nostri padroni, ma i nostri servitori. Proprio in osservanza alla regola etica che la politica è un servizio. Ripetiamo costantemente questa regola, pur sapendo che dall’altra parte vi sono sordi. Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire, perché non gli conviene.
Proprio la convenienza individuale e l’egoismo di politici e burocrati hanno rovinato la Sicilia e l’hanno portata agli ultimi posti fra le 272 Regioni d’Europa.
La situazione è divenuta insostenibile e insopportabile per quel milione di poveri, per quei 400 mila disoccupati e i 200 mila piccoli imprenditori asfissiati da un sistema istituzionale e burocratico che fa i propri interessi anziché quello dei nostri concittadini.
 

Il futuro della Sicilia è nei voti dei siciliani: quei 4 milioni di aventi diritto che dovranno esprimersi per eleggere il prossimo presidente della Regione con i suoi otto deputati del listino, nonché i restanti 61, in base alle preferenze.
Il QdS farà campagna elettorale non a favore di questo o di quel partito o movimento, né di questo o quel candidato. Si è dato il compito di informare costantemente gli elettori sulla necessità di cambiare registro e scegliere coloro che, finalmente, si ricorderanno di essere dipendenti dagli elettori stessi. Conseguentemente, a catena, i politici eletti, se capaci e onesti, potranno individuare a valle dirigenti e dipendenti pubblici capaci e onesti.
È inutile sperare che la Classe politica e quella burocratica rinsaviscano e riconoscano le loro malefatte degli ultimi decenni: occorre tirare fuori il bastone e picchiarlo sui loro denti; ovviamente un bastone metaforico rappresentato da un’azione corale della gente comune che deve imparare a scrivere a quotidiani e televisioni, nonché attivarsi sempre di più nella Rete, che costituisce uno strumento molto valido per la manifestazione e la raccolta del consenso.

È inutile prendersela con Destino cinico e baro. Certo, eventi più grandi di noi non sono governabili, ma noi dobbiamo fare tutto il possibile per migliorare la situazione della popolazione che, a sua volta, deve dare un contributo operativo e fattivo.
Ci vuole la voglia di fare e di vivere all’attacco, non in difesa, di partecipare, immischiarsi e controllare (Papa Francesco) che i responsabili delle istituzioni, cioè i nostri dipendenti operino a favore della gente e non a favore proprio.
Solo se i cittadini, quando diventano elettori, capiscono bene questo principio e il rapporto fra loro e i propri dipendenti potranno comprendere la forza del voto per cacciare fuori dal tempio coloro che hanno rovinato la Sicilia e mandare nei posti istituzionali persone degne e capaci di assumere responsabilità.
Sappiamo che questo è un percorso di difficile comprensione, ma non intendiamo demordere da questa linea editoriale, perché serve ai siciliani.

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