Vitalizi, confermata l'abolizione per i parlamentari condannati - QdS

Vitalizi, confermata l’abolizione per i parlamentari condannati

Andrea Carlino

Vitalizi, confermata l’abolizione per i parlamentari condannati

venerdì 21 Aprile 2017

Il Tar del Lazio è stato chiamato ad esprimersi in seguito al ricorso dell’ex deputato siciliano Luigi Sidoti (An)

ROMA – Continua lo scontro sui vitalizi per i parlamentari italiani. Il Tar del Lazio, con l’ordinanza del 23 marzo 2017, n. 14 ha ribadito di essere incompetente sulla questione. Non si può rendere, pertanto il vitalizio (2mila euro al mese) ai deputati condannati per specifici reati. Il tribunale amministrativo è intervenuto dopo il ricorso presentato da Luigi Sidoti, ex parlamentare di Alleanza Nazionale. Sidoti, 82 anni, una lunga vita in politica, 25 anni in Consiglio Comunale a Catania, poi un’esperienza a Montecitorio dal 1994 al 1996, è stato condannato per malversazione per la costruzione di un albergo.
Sidoti ha fatto ricorso su quanto stabilito, nell’ottobre 2016, dall’Ufficio di Presidenza della Camera, che reso esecutiva una delibera approvata a Montecitorio nel 2015: eliminata la cessione del vitalizio a favore dei componenti dell’assemblea parlamentare condannati, in via definitiva, a pene superiori a due anni di reclusione per tutti i delitti di mafia e per tutti i delitti che vanno dal peculato alla concussione. Il vitalizio non sarà più erogato neanche ai parlamentari condannati a due anni di reclusione per tutti gli altri delitti che hanno una pena massima prevista di 6 anni.
Non solo l’ex missino, ma anche Toni Negri, l’ex leader di Autonomia Operaia (condannato a 12 anni per associazione sovversiva), Cesare Previti, ex ministro della Difesa (6 anni per corruzione), Giuseppe Astone, ex sottosegretario alle Poste (6 anni per tangenti), Giuseppe Del Barone (2 anni e mezzo per tangenti) e Luigi Farace (3 anni per bancarotta), hanno avuto revocato il vitalizio.
Sidoti, dopo la decisione, si è rivolto al Tar chiedendo il ripristino. I giudici, sulla scia di altri pronunciamenti, si sono dichiarati “incompetenti”. I giudici, pur dichiarandosi incompetenti per materia, difendono, inoltre, l’operato della Camera. Si legge infatti nell’ordinanza che, “in un’ottica di comparazione dell’interesse patrimoniale a tutela del quale agisce il ricorrente, rispetto all’interesse pubblico espresso dalla Camera con la motivata riduzione del vitalizio, prevale l’interesse generale espresso dall’assemblea”. Vi è quindi un atteggiamento severo della magistratura, che recepisce la rigida posizione della Camera dei deputati e riconosce particolare spessore ai reati contro la pubblica amministrazione compiuti dai deputati.
Gli onorevoli perdono il vitalizio dal momento della condanna definitiva, ma possono riconquistare il diritto attraverso la “riabilitazione” (179 Codice penale), che può sopravvenire dopo tre anni.
Ricordiamo che da maggio 2015, come effetto del provvedimento, hanno perso il vitalizio diversi parlamentari Massimo Abbatangelo (ex deputato di Msi), Giancarlo Cito (ex sindaco di Taranto, ex Msi, poi in Fi), Robinio Costi (ex Psdi); Massimo De Carolis (ex Dc); Francesco De Lorenzo (ex ministro della Sanità, ex Pli); Giulio Di Donato (Ex Psi); Pietro Longo (Ex Psdi); Raffaele Mastrantuono (Ex Psi); Gianstefano Milani (ex Psi) e Gianmario Pellizzari (ex Dc) insieme agli ex senatori Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri, Vittorio Cecchi Gori, Antonio Franco Girfatti, Vincenzo Inzerillo, Giorgio Moschetti, Franco Righetti.

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