Mobilità, la Sicilia non è ciclabile - QdS

Mobilità, la Sicilia non è ciclabile

Rosario Battiato

Mobilità, la Sicilia non è ciclabile

mercoledì 26 Aprile 2017

Istat: nei nove comuni capoluogo dell’Isola 50 km di piste. A Milano e Torino sono il quadruplo, ad Alessandria 55. Business mancato. Confindustria: per ogni euro investito 4-5 restituiti ai cittadini

PALERMO – Per l’Europa le piste ciclabili sono prioritarie al pari delle grandi infrastrutture di trasporto. Già nel 2012 la commissione Trasporti aveva approvato l’inserimento della rete ciclistica “EuroVelo” nella rete Ten-T e in questo modo “le piste ciclabili sono state equiparate a ponti, trafori, strade e possono accedere ai fondi riservati alle cosiddette ‘grandi opere’”. Merito della duplice funzione che rivestono: ambientale per la mobilità sostenibile ed economica per gli altissimi rientri economici in seguito agli investimenti effettuati. Una ciclovia turistica, mediamente, si ripaga in tre anni perché restituisce fino a cinque volte ogni euro investito. Dalla nuova ciclovia Magna Grecia tra Sicilia e Calabria, attualmente in fase di progettazione, si potrebbe attivare un giro d’affari fino a 500 milioni di euro. Eppure nell’Isola si è ancora all’anno zero, basti pensare che tutti i comuni capoluogo non superano la lunghezza delle piste ciclabili presenti nel comune di Alessandria.
È passato quasi un anno dalla nascita ufficiale del sistema delle ciclovie nazionali con la firma del protocollo tra Graziano Delrio, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Dario Franceschini, ministro dei Beni e delle attività culturali, e le otto regioni interessate (Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Toscana, Puglia, Basilicata, Campania, Piemonte) dalle ciclovie cosiddette prioritarie. L’impegno del governo è stato recentemente confermato dall’Allegato infrastrutture al Def nel quale ha fatto il punto della situazione su quelli che sono gli interventi prioritari previsti in Italia e che vanno collegati a tre “corridoi” europei (Eurovelo 5, Eurovelo 7, Eurovelo 8), esattamente come per il sistema di trasporti che riguarderà le ferrovie.
In seguito ai progetti prioritari – la ciclovia Ven-To, da Venezia a Torino, la ciclovia del sole, da Verona a Firenze, la ciclovia dell’acquedotto pugliese da Caposele a Santa Maria di Leuca, e una quarta legata al Grab (Grande raccordo anulare delle biciclette a Roma) – il governo ha inserito altre  ciclovie in programmazione. Tra queste ce n’è una che riguarda da vicino proprio la Sicilia: è la Magna Grecia che collegherà Calabria (da Lagonegro) e Sicilia (passando per Messina, Catania e fino a Pachino) per oltre mille chilometri. Siamo ancora agli albori, in quanto il percorso risulta in fase di progettazione, ma nel complesso il governo ha già stanziato delle risorse per il sistema delle ciclovie turistiche. In campo, tra le due ultime leggi di Bilancio, ci sono 174 milioni di euro fino al 2019 e poi 200 milioni tra il 2020 e il 2024 (40 milioni all’anno) per le altre. 
Investimenti sontuosi perché costruire comunque costa. Uno studio del novembre scorso della Fondazione Cassa di Risparmio di Cuneo, intitolato “Pedalare per lo sviluppo”, ha sottolineato la difficoltà di calcolare dei costi standard per la realizzazione di percorsi ciclabili. A Catania, ad esempio, i 2,2 chilometri di pista ciclabile sul lungomare sono costati inizialmente circa 168 mila euro, cioè circa 80 mila euro a chilometro, ma in realtà i costi sono poi cresciuti successivament  per le altre operazioni necessarie alla messa in sicurezza del percorso.
In ambito urbano, secondo le stime contenute nello studio, i costi a base d’asta possono variare dai 100 mila euro/km per una “situazione di interventi di segnaletica” fino a 300-500 mila euro per “una situazione di intervento strutturale che parta da nuovi cordoli, riodini di scolo acque e illuminazione”. In ambito extraurbano i costi vanno da 200 mila euro/km (3 metri di larghezza) per la pavimentazione di strade campestri esistenti, comprese eventuali recinzioni o parapetti, fino a 350-500 mila euro/km con il resto delle operazioni. Altre stime si possono ricavare dal progetto VenTo, una delle ciclovie nazionali, dal momento che gli studi del Politecnico di Milano hanno stimato un costo in opere di 80 milioni di euro per 679 chilometri, cioè circa 120 mila euro per chilometro. Bisogna considerare che, stando alle stime del Mit, il costo è decisamente più basso, ad esempio, che per fare un’autostrada (circa 10 mln di euro a chilometro). Delrio, in una delle occasioni di presentazioni delle ciclovie aveva sottolineato come “una ciclovia si ripaga in due o tre anni, un’autostrada in 30”.
Prendendo come riferimento una media di 120 mila euro per chilometro, è possibile stimare il costo della ciclovia che riguarda direttamente la Sicilia in circa 120 milioni. Un investimento che potrebbe essere ripagato in tempi brevi. Nel maggio dello scorso anno è stato presentato lo studio di Confindustria-Ancma per certificare le ricadute economiche del Grab: per ogni euro investito se ne possono potenzialmente ricavare almeno 5 in introiti e fiscalità. Questo vorrebbe dire, in altri termini, che la ciclovia isolana potrebbe attivare risorse per oltre mezzo miliardo di euro tra Sicilia e Calabria. Non sono sogni lontani, ma realtà concrete. In Europa il cicloturismo produce mediamente oltre 2 milioni di viaggi all’anno e oltre 20 milioni di pernottamenti per circa 44 mld di euro (dati Mit). In Italia il potenziale stimato per il cicloturismo è di circa 3,2 miliardi all’anno.
In attesa degli investimenti governativi, la Sicilia non sta certamente correndo. È vero che nel 2016 sono state inaugurate la pista ciclabile sul lungomare di Catania e quella di Ragusa, un paio di chilometri a testa, ma nel complesso il dato complessivo resta al minimo. Secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, nei nove comuni capoluogo dell’Isola ci sono complessivamente una cinquantina di chilometri di piste ciclabili (abbiamo aggiunto nel calcolo anche le new entry di Catania e Ragusa, ndr), cioè meno di quante ce ne siano nella sola Alessandria (55 km) e quasi quattro volte in meno di Milano (180 km). Eppure investire dovrebbe essere particolarmente conveniente, non solo per il ritorno economico, ma anche per garantire la mobilità dolce nei comuni isolani. 
 

 
Dallo Stato risorse in campo per oltre 350 milioni di euro
 
PALERMO – Il piano del governo è molto chiaro. Al di là dei contenuti dell’Allegato Infrastrutture al Def, il ministero delle Infrastrutture e il Mibact avevano presentato uno studio alla fine di marzo, proprio per motivare gli investimenti previsti.
Il primo lotto di investimenti (2016/2018) prevede 89 milioni di euro per le quattro ciclovie prioritarie che sono previste al comma 640 della legge di Stabilità 2016 (VenTo, Sole, Acquedotto, Grab) mentre “le ulteriori risorse previste dalla legge di bilancio 2017 pari a 283 milioni di euro andranno a finanziare la realizzazione di quelle ciclovie che verranno individuate dal Mit”. Tra queste potrebbe esserci proprio quella che riguarda la Sicilia.
Complessivamente si tratta di “circa 370 milioni di euro e se si ipotizza un cofinanziamento al 50% le risorse in campo potrebbero essere circa 740 milioni di euro”. Il progetto governativo è quello di progettare e realizzare “una rete nazionale di percorribilità ciclistica ispirata alla mappatura indicata dalla Fiab (federazione italiana amici della bicicletta) e alle direttrici Eurovelo”.
Gli obiettivi del piano comprendono: intermodalità con altri sistemi di trasporto, ed in particolare con il sistema ferroviario, fluviale e marittimo; interconnessione con altri itinerari cicloturistici; valorizzazione del patrimonio storico artistico, naturalistico, agricolo, enogastronomico e delle tradizioni popolari; sviluppo di ricettività turistica ecosostenibile e generazione di occupazione a partire dalle aree interne del Paese.
 


Investire nella realizzazione delle piste per ridurre i costi del sistema sanitario
 
ROMA – La bici oltre ad essere il mezzo di trasporto più economico e quello più “verde”, in quanto contribuisce a ridurre l’inquinamento delle città, fa anche bene alla salute dell’uomo, riducendo di conseguenza i costi del Sistema sanitario nazionale. Secondo uno studio dell’Università di Glasgow, pubblicato dal British medical journal, andare al lavoro in bicicletta dimezza il rischio di tumore e abbassa anche quello di avere una malattia cardiaca.
La ricerca ha coinvolto 260mila cittadini britannici di età media 53 anni, seguiti per cinque anni attraverso la UK Biobank, un database che contiene informazioni e dati su oltre mezzo milione di adulti sia uomini che donne. I ciclisti nel gruppo studiato hanno dichiarato una media di circa 60 chilometri percorsi a settimana. Chi va al lavoro in bici, è emerso dalla ricerca, ha un rischio inferiore del 45% di avere un tumore e del 46% di avere una malattie cardiaca rispetto a chi usa l’auto o i mezzi pubblici. Per chi invece va a piedi è stato notato un rischio inferiore del 27% di avere un problema al cuore e del 36% di morirne, mentre non è stato visto nessun effetto sul rischio di tumore o su quello generale di morte, che per chi va in bici è invece più basso del 41%. Lo studio è osservazionale, sottolineano gli autori, e rileva quindi solo una associazione, senza indagare su un eventuale rapporto di causa-effetto. “Se c’è un rapporto causale però – affermano nelle conclusioni – suggerisce che la salute della popolazione può essere migliorata con politiche che aumentino i tragitti per andare al lavoro ‘attivi’, soprattutto in bicicletta. Questo vuol dire creare più piste ciclabili, aumentare i programmi per comprare o affittare una bici e fornire un accesso migliore ai ciclisti ai mezzi di trasporto pubblici".

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