Mare, la Sicilia affonda il suo tesoro - QdS

Mare, la Sicilia affonda il suo tesoro

Rosario Battiato

Mare, la Sicilia affonda il suo tesoro

martedì 16 Maggio 2017

Nell’Isola 1.600 km di costa, ma ha un terzo delle bandiere blu della Liguria (che conta solo 378 km di spiagge). Acque inquinate, servizi pubblici scadenti e depurazione assente in 51 agglomerati

PALERMO – La Sicilia rischia grosso. La costa regionale rappresenta un fattore determinante nello sviluppo turistico sostenibile, eppure sono diversi i mali che si agitano nelle acque profonde dell’Isola: dalla depurazione al cemento abusivo passando per l’assenza di servizi adeguati. Si presenta in questo modo un quadro sconfortante che è stato confermato dall’annuale assegnazione delle bandiere blu della Fee: a fronte del più lungo litorale d’Italia, l’Isola ha comunque meno comuni premiati delle Marche.    
La Sicilia è la regione italiana con il maggior numero di litorali sabbiosi, anche se deve arrendersi alla Calabria che detiene la quota più ampia di spiagge, circa il 20% della superficie nazionale. Nel complesso l’Isola vanta 1.600 chilometri di costa, ma bisogna considerare che non tutto il perimetro regionale è predisposto alla balneazione. Ci sono, infatti, circa 120 chilometri di costa artificializzata tra infrastrutture portuali e industriali e aree urbane, un valore che rappresenta un record a livello nazionale dal momento che la seconda regione, la Liguria, si ferma a 86 chilometri (dati Ispra). A questi bisogna aggiungere le numerose aree marine protette e le riserve naturali (Isola di Ustica, Isole Ciclopi, Isole Pelagie, Capo Gallo-Isola delle Femmine, Plemmirio, Egadi). Anche a fronte di questi numeri e considerando che non tutto il litorale isolano permette l’accesso al mare per i bagnanti (oltre 200 aree costiere vietate tra inquinamento, scarichi, porti, aree industriali e regolamenti delle aree marine protette), resta comunque impari il confronto col resto d’Italia.
La Liguria, ad esempio, vanta appena 378 chilometri di costa, eppure, nell’ultima rilevazione, si conferma come la regina delle spiagge nazionale con 27 comuni e poco meno di sessanta spiagge nell’elenco delle bandiere blu della Foundation for Environmental Education (Fee), un’organizzazione internazionale non governativa e no-profit con sede in Danimarca che collabora a stretto contatto con due agenzie dell’Onu (Unep, programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, e Untwo, Organizzazione mondiale del Turismo).
La Sicilia, dal canto suo, si deve accontentare di una new entry (Santa Teresa di Riva) e di un bottino complessivo che riguarda altri sei comuni (Tusa, Lipari, Ispica, Pozzallo, Ragusa, Menfi) per una ventina di spiagge: lungomare di Santa Teresa di Riva, spiaggia lampare e spiaggia marina a Tusa, Ficogrande a Stromboli, Acquacalda e Canneto a Lipari, Acque termali e Gelso a Vulcano, Santa Maria del Focallo e Ciriga (I, II e III tratto) a Ispica, Raganzino e Pietrenere a Pozzallo, Marina di Ragusa a Ragusa, Porto Paolo Cipollazzo e Lido Fiori Bertolino a Menfi.
Un bilancio negativo che si lega a doppio filo non soltanto con la qualità delle acque marine, ma anche con una serie di servizi che dovrebbero garantire a turisti e siciliani alti criteri di sostenibilità come la gestione dei rifiuti, le piste ciclabili, gli spazi verdi e i servizi degli stabilimenti balneari. E le spiagge isolane, in questo senso, sembrano indietro anni luce rispetto alle colleghe di tutta Italia. I mali non si fermano qui: alla carenza di servizi e alla qualità delle acque non sempre inappuntabile, infatti, si aggiunge il peso intollerabile del cemento. La fascia entro i 300 metri ha visto una percentuale di suolo consumato pari al 28,2% (22,9% la media nazionale), tra il 2012 e il 2015, e inoltre ci sono circa 700 edifici per kmq sorti tra il 2000 e il 2011 (elaborazione Legambiente su dati Istat).
Un percorso in salita che trova la sua catastrofe più nota negli impianti di depurazione. L’ultimo aggiornamento è stato fornito nel Blue book di febbraio, il rapporto promosso da Utilitalia e realizzato dalla Fondazione Italia con il contributo della Cassa depositi e prestiti, che ha certificato il coinvolgimento di 931 agglomerati urbani in tutta Italia per mancati adempimenti alla direttiva 91/271/Ue. L’Ue è in agguato: ci sono condanne da parte della Corte di Giustizia europea (la C565-10 per 80 agglomerati, 51 in Sicilia, e la C85-13 per 34, 5 in Sicilia) e l’avvio di una nuova procedura di infrazione (Procedura 2014-2059) che riguarda 817 agglomerati. Per quanto riguarda la capacità depurativa, Catania e Palermo si trovano nella fascia più bassa con il centro etneo che vede appena un quarto dei suoi cittadini collegato agli impianti di depurazione e il capoluogo che si ferma a metà.
Un quadro non particolarmente felice per un mare che invece dovrebbe rappresentare, almeno negli obiettivi dell’Ue, una grande occasione di sviluppo sostenibile, la cosiddetta Blue Growth che riguarda turismo, pesca e le altre attività correlate all’ambito marino-costiero. In Sicilia ci sono quasi 21 mila aziende (4,6% del totale) che operano nel settore dell’economia del mare (dati Unioncamere 2015) per 3,9 miliardi di valore aggiunto (5,1% sul totale dell’economia isolana). Un settore che impegna 10 mila unità (7,4% del totale) e che vede ancora distanti i grandi numeri del centro-nord (105 mila imprese e 28 miliardi di valore aggiunto). Senza un’adeguata operazione di tutela nei confronti del mare si corre il rischio di perdere uno sviluppo che l’Ispra, nel rapporto “Una valutazione economica degli ecosistemi marini e un’analisi di scenario economico al 2020”, ha stimato in crescita del 20% per il turismo siciliano rispetto al 12% della media nazionale.

 
Bandiere blu, ecco i criteri per l’ambito riconoscimento
 
PALERMO – Diventare una bandiera blu non è un’operazione semplice. C’è un documento della Fee che descrive la procedura operativa per l’assegnazione e che comprende ben 31 criteri per quattro ambiti di riferimento. Il primo riguarda, tra le altre cose, le attività di affissione di tutte le informazioni relative alla qualità delle acque, nonché degli ecosistemi e dei fenomeni rilevanti a livello ambientale, la presenza di una mappa della spiaggia e dei servizi e l’avvio di azioni per l’educazione ambientale.
Il secondo blocco di informazioni per superare l’esame bandiera blu riguarda i criteri di qualità delle acque (5 parametri differenti richiesti), mentre il terzo comprende la gestione ambientale che richiede la presenza di un comitato gestore della spiaggia, pulizia, cestini dei rifiuti in ordine, contenitori per la raccolta differenziata, servizi igienici e spogliatoi in numero adeguato e con smaltimento controllato delle acque acque reflue, divieto di campeggio e di circolazione di autoveicoli o motoveicoli e di discarica, controllo dell’accesso di cani e altri animali domestici, habitat marini e lacustri da monitorare, mezzi di trasporto sostenibili promossi nell’area circostante.
L’ultimo capitolo è dedicato a “servizi e sicurezza” e fa riferimento a sette diversi indicatori tra cui la presenza di personale di salvataggio, l’equipaggiamento di primo soccorso, fonte di acqua potabile e almeno una spiaggia bandiera blu per ogni comune che deve avere accesso e servizi per disabili.
 

 
Quei 50 km di spiagge chiusi perché contaminati
 
PALERMO – Ci sono quasi 50 chilometri di costa isolana vietati per inquinamento. Lo certifica il consueto decreto annuale, diffuso qualche mese fa, del dipartimento Attività sanitarie e osservatorio epidemiologico relativo ai tratti di mare considerati “non adibiti alla balneazione” e vietati specificatamente per inquinamento. I 47,7 chilometri di coste vietati per inquinamento, pari al 3% del totale del litorale isolano, vanno ovviamente aggiunti a tutti “i tratti di mare e di costa interessati ad immissione o da ordinanze emesse da Autorità marittime, Autorità portuali, Autorità regionali ed Enti locali”.
Palermo è la provincia più coinvolta con 24 tratti finiti nel mirino del dipartimento e 22,4 chilometri di costa, cioè circa la metà vietata del totale regionale.
Al secondo posto della graduatoria troviamo l’area peloritana con 11 tratti di mare per 10,3 chilometri di costa. Segue la provincia di Siracusa, che si prende il terzo posto del podio regionale, con 4,2 chilometri coinvolti.
Dietro stanno tutte le altre, a partire dall’agrigentino che fa la sua parte con 3,8 chilometri che si distribuiscono lungo 11 siti differenti con mezzo chilometro che riguarda, nel dettaglio, la foce del fiume Salso nel comune di Licata.
La provincia di Catania detiene il secondo risultato per numero di tratti chiusi, ben 13, ma limitati a 3,5 chilometri e con una decisa incidenza di un tratto nei pressi della parte sud del fiume Alcantara. A chiudere la graduatoria regionale ci sono anche Trapani (3 punti per 1,6 chilometri), Caltanissetta con 5 siti nel comune di Gela (1,4 chilometri) e Ragusa che risulta essere la provincia col minor numero (3 punti per mezzo chilometro).

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