Bilanci 2017: 230 Comuni fuorilegge - QdS

Bilanci 2017: 230 Comuni fuorilegge

Rosario Battiato

Bilanci 2017: 230 Comuni fuorilegge

giovedì 01 Giugno 2017

In arrivo una pioggia di commissariamenti dalla Regione per la mancata approvazione dei documenti economici. Programmazione finanziaria inefficiente e risorse divorate dall’apparato

PALERMO – C’è attesa per i 18 decreti (due per provincia per rendiconto e preventivo) che l’assessore alle Autonomie locali, Luisa Lantieri, dovrebbe firmare nei prossimi giorni per nominare i commissari nei Comuni che non hanno ancora approvato il bilancio di previsione a distanza di cinque mesi dalla scadenza naturale (31 dicembre) e a due mesi dalla fine della seconda proroga (31 marzo).
Da fonti del dipartimento delle Autonomie locali, che ha redatto l’elenco degli Enti in ritardo nell’approvazione degli strumenti finanziari, è stato diffuso un dato dinamico (quindi oggetto a variazioni) e ufficioso che registra 230 Comuni che non hanno ancora approvato i bilanci preventivi. Un numero sontuoso, che di certo coinvolge direttamente anche la Regione che ha procrastinato l’approvazione dei suoi strumenti finanziari, complicando di fatto la vita e la programmazione degli enti locali.
Una situazione che si prospetta simile a quella dell’anno scorso, quando l’assessore Lantieri, tra il 16 e il 27 giugno, firmò 18 decreti assessoriali prevedendo l’invio di 298 commissari per l’approvazione del rendiconto 2015 e 347 per l’approvazione del bilancio preventivo 2016. Quest’anno, invece, tutto sembra muoversi a rilento, persino i commissarimenti.
Intanto, dopo le polemiche e le accuse degli ultimi mesi, il mese di maggio ha spazzato via tutti i dubbi sull’applicazione della norma che prevedeva la decadenza dei sindaci in seguito allo scioglimento dei Consigli comunali che non avevano approvato nei tempi previsti i bilanci di previsione (ne abbiamo parlato nell’inchiesta “Per i bilanci comunali in cronico ritardo la responsabilità è anche della Regione” del 27 aprile). L’ultima notizia in ordine di tempo è riportata in una nota inserita sul portale del Dipartimento delle Autonomie locali: il decreto del presidente della regione n.546/gab del 12 maggio 2017, in esecuzione di quanto disposto dall’art.1, comma 5, della legge regionale n.7 del 5 maggio 2017, ha dichiarato decaduti i decreti presidenziali con i quali è stata dichiarata la decadenza dei sindaci, delle Giunte e dei Consigli comunali dei Comuni di S. Piero Patti (Me), Castiglione di Sicilia (Ct), Calatafimi Segesta (Tp), Valdina (Me), Monterosso Almo (Rg), Casteldaccia (Pa), Monforte S. Giorgio (Me). Di seguito, tramite il decreto n.110/serv.5 del 12 maggio 2017, è stato modificato l’elenco dei Comuni interessati dalle elezioni amministrative dell’11 giugno 2017, che hanno visto l’esclusione degli ultimi quattro nominati. In altri termini, niente effetto strascico: i Consigli decaduti non coinvolgono anche sindaci e Giunta.
A dirimere tutte le controversie ci ha pensato, infatti, la legge 5 maggio 2017 n.7 “Modifiche di norme in materia di cessazione degli organi comunali” che ha fatto ordine nel complicato sistema di decadenza delle cariche. La norma, pubblicata sulla Gurs del 10 maggio scorso, modifica il comma 1 dell’articolo 11 della legge regionale 15 settembre 1997, n.35, poi modificata dall’articolo 5 della legge 11 agosto 2016 n.17, e lo sostituisce con un altro passaggio: “La cessazione della carica di sindaco per decadenza, dimissioni, rimozione, morte o impedimento permanente comporta la cessazione dalla carica della rispettiva giunta, ma non del rispettivo consiglio, che rimane in carica fino a nuove elezioni da effettuare nel primo turno elettorale utile”.
Si modifica anche il comma 2 dell’articolo 11 della stessa L.r. 35/97: “La cessazione del Consiglio comunale per dimissioni contestuali della maggioranza assoluta dei componenti o per altra causa comporta la nomina da parte dell’Assessore regionale per le Autonomie locali e la Funziona pubblica di un commissario, il quale resta in carica sino al rinnovo degli organi comunali per scadenza naturale”. Inoltre, si cancellano quei passaggi della Lr 11 agosto 2016, n.17 che facevano direttamente riferimento al coinvolgimento di sindaco e giunta in caso di cessazione del Consiglio comunale e all’applicazione immediata in vista del primo rinnovo utile degli organi comunali.
Si chiude in questo modo un tira e molla estenuante: la Lr del 29 marzo 2017 n.6 tramite una norma autoqualificantesi, cioè di “interpretazione autentica in materia di cessazione delle cariche negli enti locali”, così come riportato nel parere del Cga chiamato in causa dalla Regione lo scorso 10 aprile, aveva ribadito l’applicabilità della decadenza dei sindaci in seguito alla cessazione dei consigli sin da subito e la Regione era stata costretta ad adeguarsi con l’assessore alle Autonomie locali, Luisa Lantieri, che aveva firmato i decreti di decadenza di sette sindaci, che avevano già visto lo scioglimento dei consigli.
Il Cga aveva spiegato che la Regione non avrebbe potuto disattendere la norma mentre soltanto i sindaci avrebbero potuto valutare “se attivare i rimedi giurisdizionali consentiti dall’ordinamento, sollecitando, mediante ricorso giurisdizionale, anche eventuali questioni di costituzionalità”. In effetti, già nelle prime settimane successive ai decreti assessoriali di decadenza, c’erano stati i primi ricorsi al Tar di Palermo con accoglimento.
Poi, come già scritto, la svolta. La legge regionale 5 maggio 2017, n.7,  specificava, in applicazione del comma 4, che “si intendono decaduti i provvedimenti adottati sulla base dell’articolo 2 della legge regionale 6/2017 (quella che aveva imposto l’immediata applicazione della decadenza dei sindaci, ndr)” e che “l’assessore regionale per le autonomie locali e la funzione pubblica apporta conseguenti modifiche al decreto di indizione delle elezioni per il rinnovo dei comuni fissate per l’11 giugno 2017”.
 

 
I conti non tornano mai ma i guai sono gli stessi
 
PALERMO – A ragionare su una pessima tradizione che ormai va avanti da diversi anni per i Comuni siciliani, cioè i persistenti ritardi nell’approvazione degli strumenti finanziari, è stata Tiziana Vinci, presidente di Ancrel (Associazione nazionale certificatori e revisori Enti locali) di Messina, che ne ha scritto all’inizio di maggio nell’edizione online del Sole 24 Ore e specificatamente nella sezione dedicata agli Enti locali.
Per l’esperta, i problemi degli Enti isolani sono emersi già con i principi dell’armonizzazione contabile (Dlgs 118/2011), anche perché la sua applicazione è risultata complessa e difficile, causando non poche difficoltà agli enti locali isolani.
Le conseguenze sono evidenti: la maggior parte degli Enti risulta essere in gestione provvisoria e in molti casi si tratta di patologie definite “endemiche”, che fanno riferimento alle spese del personale eccessive “causate da organici sovradimensionati frutto delle politiche occupazionali espansive degli anni Ottanta, scarsa o inefficace capacità di riscossione delle entrate proprie, trasferimenti regionali ballerini che variano in corso d’anno e che vengono effettuati con ritardi ormai cronici”.
Insomma, un panorama scurissimo che riassume in pieno quelli che sono i principali deficit che ancora oggi travolgono gli enti locali isolani. Il fatto che le responsabilità siano da condividere con la Regione non minimizza la situazione, anzi ne moltiplica, per certi aspetti, persino la pericolosità.
 


I passaggi previsti dal Tuel sono regolarmente ignorati
 
PALERMO – A stabilire le tappe che conducono un Consiglio comunale verso lo scioglimento è il Tuel, il Testo unico degli Enti locali, che di fatto rappresenta il libro mastro del funzionamento delle macchine amministrative. È proprio quest’ultimo, infatti, a registrare le scadenze per l’approvazione dei principali strumenti finanziari dell’Ente, cioè il Rendiconto e il Bilancio di previsione: il primo da deliberare entro “il 30 aprile dell’anno successivo dall’organo consiliare” e il secondo entro il 31 dicembre dell’anno precedente (articolo 151). Per i ritardatari, nel caso in cui siano scadute anche le eventuali proroghe, il dipartimento delle Autonomie locali della Regione siciliana nomina un commissario “affinché lo predisponga d’ufficio per sottoporlo al Consiglio”.
In questo caso e “comunque quando il Consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di bilancio predisposto dalla Giunta, l’organo regionale di controllo assegna al Consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario, all’amministrazione inadempiente”. Del provvedimento sostitutivo è data immediatamente comunicazione alla Prefettura, che a quel punto avvia la procedura per lo scioglimento del Consiglio. La nuova norma, introdotta all’inizio di maggio, non cambia nessuno di questi passaggi.

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