Amianto: i morti urlano, la Regione tace - QdS

Amianto: i morti urlano, la Regione tace

Rosario Battiato

Amianto: i morti urlano, la Regione tace

martedì 20 Giugno 2017

A tre anni dall’approvazione la legge regionale è carta straccia e intanto le bonifiche sono all’anno zero. Corte d’appello Roma: avvelenati tutti i cittadini di Priolo, che ora chiedono il conto

PALERMO – L’hanno definita la “strage nascosta”, una “carneficina”, ma non esistono termini che possano riassumere l’esatta dimensione delle tragiche conseguenze legate alla mancata bonifica dell’amianto in Sicilia. A niente è servita l’illusione della legge regionale del 2014 che avrebbe dovuto predisporre mappatura, censimento e bonifica dei siti contaminati, la creazione di un polo di riferimento medico nell’ospedale Muscatello di Augusta per il controllo sanitario degli ex operai e un sito per l’inertizzazione dei rifiuti contenenti amianto. Restano i dati sulla mortalità e sulle patologie correlate all’esposizione che sono sempre più preoccupanti.
A distanza di tre anni dall’approvazione della legge, la battaglia politica, privata dell’azione di Pippo Gianni, scalzato dall’Ars nelle elezioni suppletive dell’ottobre del 2014, è tornata nelle aule dei Tribunali e nelle azioni collettive di associazioni nazionali radicate sul territorio come l’Ona. Anche l’ex deputato regionale non ha abbandonato la battaglia e, infatti, nelle scorse settimane si è recato alla Procura della Repubblica di Siracusa per denunciare, secondo quanto riportato dalla stampa locale, elementi da approfondire nell’ambito delle bonifiche.
Intanto, l’amianto e le patologie correlate non stanno certo a guardare. I numeri sono impressionanti e la correlazione convince al punto che, all’inizio di giugno, una sentenza della Corte di Appello di Roma ha motivato in maniera netta la decisione di riconoscere la rendita per malattia professionale agli eredi di un dipendente che era stato a contatto con l’amianto. La Corte, dopo aver “ritenuto la natura monofattoriale e il nesso di causalità con l’esposizione all’amianto del mesotelioma pleurico”, ha specificato che “quanto alle mansioni svolte va rilevato che dalla documentazione prodotta (indagine epidemiologica del 1997 a cura dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e Registro Tumori della Provincia di Siracusa) emerge come l’esposizione all’amianto riguardasse tutti i lavoratori del polo petrolchimico di Priolo e, addirittura, gli abitanti della zona”. Una esposizione che non riguarda soltanto le mansioni svolte, ma l’intera città. Dati dell’Ona confermano che sono state circa 25 mila le domande presentate all’Inail da coloro che sono stati esposti nella zona industriale Siracusa, anche se ne sono state riconosciute veramente poche. Ma non c’è solo l’area del petrolchimico nel mirino del rischio, l’intera Sicilia ne è coinvolta.
I numeri non mentono. Il “Registro Mesoteliomi”, realizzato da dipartimento regionale per le Attività sanitarie e Osservatorio Epidemiologico, ha registrato, dal 1998 al 2015, 1.361 casi di mesotelioma, quindi circa 80 all’anno tra certi, probabili, possibili e da definire (questi ultimi sono una percentuale irrisoria). Dati freddi che si associano alla tragedia reale di vite ingabbiate nel timore che questo killer silenzioso – il mesotelioma pleurico è la principale patologia asbesto correlata – si manifesti. All’inizio di giugno è deceduto il 139esimo operaio dell’ex Sacelit, la cosiddetta fabbrica della morte di Pace del Mela, nel messinese, che aveva avuto diagnosticata l’asbestosi pleurica nel 2006. Ad oggi il 64% della forza lavoro dell’ex Sacelit, cioè 139 operai su 220, non è più in vita. Ma i casi, come si dicevano, sono molteplici.
Nelle scorse settimane il sostituto procuratore di Enna, Francesco Rio, ha chiesto il rinvio a giudizio per Raffaele Lombardo e Pietro Carmelo Russo, rispettivamente ex presidente della Regione ed ex assessore, perché accusati di disastro ambientale colposo e concorso nell’abbandono dei rifiuti dell’ex miniera Pasquasia nell’ennese.
La Procura aprì un’inchiesta nel 2011 e poi sequestrò il sito che avrebbe ospitato circa 910 tonnellate di materiale contenente amianto e altri rifiuti pericolosi. Lombardo si è difeso spiegando, in una nota, che ribadirà al gup (udienza preliminare fissata per il prossimo 13 luglio) la sua estraneità al reato contestato e di aver “operato al meglio in relazione ai poteri e alle competenze di cui disponevo”.
Se nelle aule di giustizia c’è grande fermento, per il resto è tutto fermo. “C’era un cronoprogramma previsto per quella legge (la lr del 2014, ndr) – ha spiegato al QdS Calogero Vicario, responsabile regionale dell’Ona – ma niente è stato fatto e nessuno pressa più i comuni per adottare il piano comunale amianto”. E assieme ai piani comunali, mancano anche la mappatura e il censimento dei siti contaminati e, ovviamente, le bonifiche. L’ultimo aggiornamento della mappatura delle bonifiche dei siti contenenti amianto è stato effettuato dal ministero dell’Ambiente con dati aggiornati al 9 gennaio scorso: ci sono 46.146 siti da bonificare, 2.596 già bonificati e 4.408 parzialmente bonificati. In Sicilia, com’è noto, la mappatura comunicata al ministero non è ancora completa, ma di certo non esiste nemmeno un sito bonificato nella grande mappa ministeriale.

I problemi non finiscono.
“La gente continua a morire – ha aggiunto Calogero Vicario – e non abbiamo nemmeno la possibilità di usufruire della sorveglianza sanitaria presso l’Ospedale Muscatello di Augusta, che nelle legge era indicato come il polo di riferimento medico regionale”. E senza mappatura e senza censimento, l’amianto colpisce ma sembra non esistere. “Per l’Inail – ha proseguito Vicario – senza atto di indirizzo non possiamo accedere ai benefici previdenziali, eppure il presidente Crocetta, come ho chiesto più volte, avrebbe potuto incidere di più, farsi sentire ed emettere lui stesso, anche in sostituzione degli atti di indirizzo ministeriali, degli equipollenti atti regionali “. Una situazione simile, del resto, si è già verificata in Friuli Venezia Giulia, altra regione a statuto speciale.
 

 
Priolo, “al via le adesioni per l’azione di risarcimento”
 
PALERMO – La sentenza della Corte di Appello di Roma, che ha riconosciuto una rendita per malattia professionale agli eredi di un dipendente che era stato a contatto con l’amianto, ha agitato le acque.
A Priolo Gargallo adesso si prepara una class action a difesa dei diritti dei lavoratori della zona industriale che nel corso degli ultimi tre decenni sono stati esposti all’amianto. Non solo gli operai che hanno lavorato a stretto contatto con la fibra, ma anche tutti i lavoratori del polo petrolchimico e gli abitanti che vivono nel comune a una ventina di chilometri dal capoluogo aretuseo.
“A partire dalle prossime settimane – ha spiegato Ezio Bonanni, presidente nazionale dell’Ona, al QdS – lavoreremo per raccogliere le adesioni per l’azione di risarcimento collettiva, dopo l’estate abbiamo in programma una grossa manifestazione sul tema”. L’obiettivo è puntato su Palermo. “Questa sentenza quindi impone l’applicazione della Legge Regionale Siciliana in materia di amianto – ha spiegato Bonanni –, ragione per la quale rinnovo l’appello al presidente Crocetta e gli ricordo ancora che è urgentissima l’istituzione della sorveglianza sanitaria su tutta la Sicilia e la creazione del polo di riferimento medico presso l’Ospedale di Augusta così come previsto dalla legge regionale”.
Dopo la fine dell’avventura all’Ars di Pippo Gianni, il progetto amianto contenuto nella lr del 2014 è naufragato e anche i 20 milioni di euro che erano stati stanziati per avviare le prime azioni non si capisce bene in quale rivolo siano finiti. “Abbiamo perso la vigilanza del nostro deputato di riferimento – ha aggiunto Calogero Vicario –, adesso è tutto molto più complicato”.

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