Il cemento sta sbranando la Sicilia - QdS

Il cemento sta sbranando la Sicilia

Rosario Battiato

Il cemento sta sbranando la Sicilia

mercoledì 05 Luglio 2017

Ispra: in Sicilia cresce il consumo di suolo. Intanto gli abbattimenti di edifici abusivi avanzano a macchia di leopardo. Ci sono 700 mila immobili da demolire e ricostruire con norme antisismiche

PALERMO – La Sicilia dovrebbe recuperare “terreno”, ma i fatti sembrano dire il contrario. Le operazioni di abbattimento degli immobili abusivi proseguono a macchia di leopardo – alla fine di giugno ruspe in azione a Carini e stop a Palma di Montechiaro, mentre si prosegue a Licata – e intanto si resta in attesa della nuova legge nazionale o di qualche segnale dalla Regione, sebbene le ordinanze di demolizione vadano rispettate da subito.
Il timido tentativo di restituire agli usi legittimi parte del territorio regionale, tuttavia, si scontra con una tendenza drammaticamente reale: nel 2016 le aree costiere isolane sono state tra le più colpite in Italia per il consumo di suolo, cioè l’occupazione di superfici naturali o agricole tramite la realizzazione di costruzioni e infrastrutture, quindi con la copertura artificiale di terreno. Il cemento, insomma, non si ferma e la sua marcia prosegue persino nelle aree a rischio idraulico, da frana e a rischio sismico, dove la Sicilia ha fatto registrare alcuni dei valori più elevati di crescita a livello nazionale. Lo ha rivelato l’ultimo rapporto dell’Ispra dedicato al consumo di suolo.
La Sicilia non è la regione più colpita in assoluto dal consumo di suolo, ma è quella che più tenacemente prosegue su questa strada. L’Isola rientra tra le 15 che, nel 2016, hanno superato il 5% del totale della propria superficie. In cima alla lista ci sono Lombardia, Veneto (oltre il 12%) e Campania (oltre il 10%). Seguono Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Puglia e Liguria, con valori compresi tra l’8 e il 10%. La Sicilia si colloca appena più in basso, con un dato pari al 7,18% che corrisponde a quasi 184 mila ettari. Il dato in valore assoluto è il quarto d’Italia, superato solo dalla Lombardia, che detiene il primato con quasi 310 mila ettari del suo territorio coperto artificialmente (circa il 13% dei 2,3 milioni di ettari del consumo di suolo nazionale), da Veneto ed Emilia-Romagna.
Dall’altra parte della graduatoria c’è l’incontaminata Valle d’Aosta, l’unica regione rimasta sotto la soglia del 3%, con appena 9.500 ettari.
Andando nei dati in dettaglio, scopriamo che la percentuale di consumo di suolo in Sicilia è passata dal 7,16% al 7,18%, con il coinvolgimento di 184.784 ettari di territorio (184.180 nel 2015, quindi +585 ettari), pari all’8% del dato nazionale. La media isolana è abbastanza vicina a quella nazionale (7,64), ma è risultata lievemente più in crescita rispetto al dato medio registrato in Italia (0,22%). L’incremento percentuale maggiore, tra il 2015 e il 2016, si trova proprio in Sicilia, seguita da Campania e Lazio. Dall’altra parte, invece, ci sono Umbria, Basilicata e Friuli Venezia Giulia con gli incrementi percentuali minori. “In valori assoluti, i cambiamenti più estesi – si legge nel report dell’Ispra – sono avvenuti in Lombardia (648 ettari di nuove superfici artificiali), Sicilia (585 ettari), e Veneto (563)”. A confermare questo dato c’è lo studio, riportato all’interno del rapporto, di Salvati di Crea (consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura) che ha sottolineato come “le tendenze più recenti, proprie dell’ultimo anno di osservazione, evidenziano velocità differenti di consumo di suolo tra regioni, con il picco massimo in regioni già ampiamente compromesse (Lombardia, Sicilia, Veneto)”.
Preoccupante anche la situazione che riguarda la percentuale di consumo di suolo rispetto alla distanza dalla linea di costa su base regionale con la Sicilia che vanta dati superiori alla media in quasi tutti gli ambiti di riferimento. Il 28,7% rispetto alla fascia entro i 300 metri (23,2% il dato nazionale) e in crescita di 0,45% (il dato più elevato a livello regionale), 24,8% tra 300 metri e 1 chilometro (19,6% il dato nazionale) con crescita dello 0,24% (il secondo dato più elevato dopo la Campania). Numeri che hanno un impatto ancora più incisivo se consideriamo che la Sicilia ha il litorale più esteso tra le Regioni italiane.
Ma non c’è scampo nemmeno nelle aree a rischio, dove continua l’impermeabilizzazione del suolo. Tra il 2015 e il 2016, la Sicilia è stata una delle poche Regioni che non ha prestato la minima attenzione alle conseguenze dettate dal rischio naturale e ha fatto registrare percentuali di crescita  su tutte le aree a pericolosità da frana (ad esempio +0,3% in quella “molto elevata”, secondo dato più elevato tra le regioni italiane dopo la Sardegna), mentre lo stato di quiete si è mantenuto nelle aree relative alla pericolosità idraulica.
L’allarme più pericoloso arriva dal rischio sismico con la Sicilia che ha il secondo valore regionale più elevato per consumo di suolo nelle aree a pericolosità sismica “molto elevata” (6,2%), che equivale a costruire in zone particolarmente soggette all’eventualità di un sisma (il 90% del territorio isolano rientra nelle due fasce più elevate di rischio sismico). È un dato che supera la media nazionale del consumo di suolo relativo alle aree a pericolosità molto alta (5%) e che si aggiunge all’altra percentuale che riguarda il consumo nelle aree a pericolosità alta (8,3%). Anche in questo caso c’è una pericolosissima crescita dello 0,2% in entrambe le categorie.
La distribuzione del consumo di suolo per classi di uso e contesto prevalente vede un 7,3% con cambiamento in contesto prevalentemente artificiale, mentre il resto si distribuisce in parti abbastanza uguali tra “contesto a media o bassa densità di suolo consumato” (avventi su aree agricole o su aree naturali o semi-naturali) e “contesto prevalentemente agricolo o naturale”.
A livello comunale, le crescite maggiori a livello percentuale si sono registrate a San Vito Lo capo (+4%), Alcamo (3,9%), e Santa Ninfa (+3,7%), mentre quelle in termini di ettari sono ad Alcamo (52 ettari), Marsala (49) e Mazara del Vallo (36).
 

 
Demolire e ristrutturare: così si rispetta l’ambiente
 
PALERMO – Costruire non serve più, è tempo di riqualificare e mettere in sicurezza. Da diversi anni l’edilizia nazionale, sostenuta dagli incentivi del governo, è ormai indirizzata proprio in questi due comparti. Alla fine di febbraio è giunta la conferma delle agevolazioni per gli interventi edilizi antisismici: il cosiddetto sismabonus fa riferimento a costruzioni adibite ad abitazioni (prima e seconda casa), ad attività produttive e parti comuni condominiali che sono situati nelle zone sismiche 1, 2 e 3 (il 90% dei comuni siciliani). L’agevolazione è la detrazione fiscale dall’imposta lorda di una percentuale delle spese sostenute per lavori edilizi antisismici compiuti tra il primo gennaio del 2017 e il 31 dicembre del 2021. Si parte dal 50% e può arrivare fino all’85% e si misura sulla base del cambio di classe di rischio dell’abitazione (ce ne sono 8 diverse).
Prorogata fino a tutto il 2017 la detrazione Irpef/Ires per gli interventi finalizzati alla riqualificazione energetica degli edifici privati già esistenti e per gli edifici condominiali (miglioramento termico dell’edificio, installazione di pannelli solari, sostituzione impianti di climatizzazione invernale, interventi di domotica). Due limiti per le spese detraibili: fino a 100mila euro per le azioni relative alla riduzione del fabbisogno energetico per gli edifici esistenti; fino a 60mila euro per le parti riguardanti pareti, finestre e l’installazione di pannelli solari. La detrazione si restituisce in 10 quote annue e può arrivare fino al 75%. Dal 2018 (salvo altre proroghe) si applicheranno le detrazioni previste per le ristrutturazioni edilizie (36%).
Due opportunità per risanare un patrimonio edilizio fatiscente (circa 700 mila edifici costruiti prima del 1970, dati Istat) e a rischio (1,7 milioni di abitazioni nelle aree sismiche, dati Ance-Cresme).
 


Edifici abusivi, abbattimenti a macchia di leopardo
 
PALERMO – Ancora difficile in Sicilia restituire il terreno agli usi legittimi, anche quando si tratta di abusi insanabili. Eppure qualche esempio comincia a vedersi. A metà giugno, nella zona B della riserva naturale orientata dell’Oasi del Simeto, presso il Villaggio Ionio, è stata avviata la demolizione di una villetta abusiva, così come disposto dalla Procura della Repubblica. È stata la prima di una serie di azioni che si dovranno svolgere nell’area e che hanno fatto seguito a quanto accaduto nello scorso dicembre con altre demolizioni all’interno dell’area protetta.
Nelle scorse settimane le ruspe sono entrate in azione anche a Carini, in provincia di Palermo, per demolire lo scheletro di una costruzione in centro città che si trovava lì da circa 40 anni. E poi c’è sempre Licata che, pur non essendo stato il primo Comune ad avviare le demolizioni, è stato di certo il primo a effettuare con coerenza e continuità una politica di ripristino della legalità. Adesso è un modello che comincia a fare scuola, anche se non tutti la pensano allo stesso modo.
A Palma di Montechiaro, il nuovo sindaco, insediato dopo le scorse amministrative, ha deciso di sospendere le demolizioni, bloccando di fatto il capitolo di spesa che era stato dedicato a quello scopo. Nel 2015, inoltre, proprio il comune agrigentino aveva sottoscritto un protocollo d’intesa con la Procura di Agrigento e adesso potrebbe essere revocato, secondo alcune dichiarazioni rilasciate dal primo cittadino al Giornale di Sicilia.

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