Vitalizi, fatta una legge per essere bocciata - QdS

Vitalizi, fatta una legge per essere bocciata

Carlo Alberto Tregua

Vitalizi, fatta una legge per essere bocciata

mercoledì 26 Luglio 2017

Invece cambiare Regolamenti

Oggi la Camera dovrebbe approvare il ddl Richetti del Pd, con il quale si dovrà modificare il regime delle pensioni, denominate vitalizi fino al 2012, ricalcolando gli assegni con il metodo contributivo e non con quello precedente (che non può chiamarsi retributivo) basato su un sistema privilegiato previsto dai regolamenti di Camera e Senato. Approvato in prima battuta, il ddl passerà in Senato, forse per la conferma definitiva.
Secondo molti giuristi questa legge, se approvata, sarà un vero e proprio inganno per i cittadini perché verosimilmente, a seguito dei ricorsi che inevitabilmente saranno presentati, verrà dichiarata incostituzionale dall’Alta Corte. La ragione è semplice: la palese violazione dell’art. 3 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini (in questo caso i pensionati) sono uguali di fronte alla legge.
I vitalizi liquidati e corrisposti sino al 2012, alcuni dei quali arrivano a 10.000 euro al mese lordi, sono liquidati a circa 2.600 ex parlamentari e costano 215 milioni. 

Ovviamente l’importo grava sui bilanci di Camera e Senato che complessivamente costano circa un miliardo e mezzo. Ora, non si capisce per quale ragione il Partito democratico abbia imboccato questa strada, che quasi certamente andrà a sbattere contro il muro della Corte Costituzionale, senza contare i ricorsi al Tar che ognuno dei privilegiati verosimilmente presenterà per affermare il cattivo principio secondo il quale i diritti acquisiti non possono essere tolti, trascurando invece che si tratta di privilegi acquisiti.
Un’iniziativa del Governo e del Pd nel senso di riequilibrare lo squilibrio fra tutti i pensionati che ricevono l’assegno calcolato in base ai contributi versati (settore privato) e quelli che ricevono in base al regime retributivo (settore pubblico) dovrà essere presa nei confronti di tutti gli italiani pensionati, e non di alcuni di essi, perché così nessuno potrebbe eccepire la violazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Un provvedimento di tal genere, secondo Tito Boeri, presidente Inps, comporterebbe un risparmio di 40 mld l’anno e rimetterebbe a posto una stortura enorme, portando in eguali condizioni tutti i pensionati italiani del settore pubblico e privato.
 

Vi è da aggiungere che le pensioni dei parlamentari dopo il 2012 sono rimaste privilegiate perché competono a ciascuno di essi non appena superata la prima legislatura. Si badi però che non occorre arrivare a 5 anni, basta superare di un giorno la metà di essa. Poi, se si fanno due legislature, la pensione scende a 60 anni.
Questi privilegi non sono toccati dalla legge in esame. Vi è da aggiungere che l’assegno pensionistico, chiamato vitalizio sino al 2012, si cumula con altre pensioni o con altri redditi, com’è frequente il caso di dipendenti dello Stato a qualunque titolo o di dipendenti privati o di altri soggetti, che continuano a lavorare e a percepire redditi professionali.
La materia è semplice e di facile comprensione. Sotto la spinta dell’indignazione popolare il Pd ha messo in atto questa iniziativa, che però è subdola, perché tutti sanno già che è destinata a cadere. Quindi si tratta di propaganda. Scrivere questo non è di Sinistra o di Destra, né di Centro, è solo riportare i fatti nudi e crudi.  

Sorge la domanda: ma c’era un altro modo per risolvere la questione secondo equità? C’è, anzi ce ne sono due e lo scriviamo da decine di anni. Una più complessa, portata dalla riforma dal retributivo al contributivo mediante una legge costituzionale. Se qualcuno la proponesse vorremmo vedere quale deputato o senatore non l’approverebbe. Così una maggioranza di almeno due terzi eviterebbe il referendum confermativo, di cui all’art. 138 della Costituzione. La seconda, più semplice e più rapida, riguarda la modifica dei regolamenti interni delle Camere, provvedimento proposto intelligentemente dal M5S e non voluto prendere in esame dal Pd proprio perché sapeva che questa sarebbe stata una soluzione definitiva, mentre la legge ordinaria è destinata a essere fracassata.
È a tutti noto che sui regolamenti di Camera e Senato nessuno può mettere il becco, né l’esecutivo, né la Corte Costituzionale.
Questo si doveva fare, ma non si è fatto perché si è preferita la demagogia alla sostanza.

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