Secondo molti giuristi questa legge, se approvata, sarà un vero e proprio inganno per i cittadini perché verosimilmente, a seguito dei ricorsi che inevitabilmente saranno presentati, verrà dichiarata incostituzionale dall’Alta Corte. La ragione è semplice: la palese violazione dell’art. 3 della Costituzione, in base al quale tutti i cittadini (in questo caso i pensionati) sono uguali di fronte alla legge.
I vitalizi liquidati e corrisposti sino al 2012, alcuni dei quali arrivano a 10.000 euro al mese lordi, sono liquidati a circa 2.600 ex parlamentari e costano 215 milioni.
Ovviamente l’importo grava sui bilanci di Camera e Senato che complessivamente costano circa un miliardo e mezzo. Ora, non si capisce per quale ragione il Partito democratico abbia imboccato questa strada, che quasi certamente andrà a sbattere contro il muro della Corte Costituzionale, senza contare i ricorsi al Tar che ognuno dei privilegiati verosimilmente presenterà per affermare il cattivo principio secondo il quale i diritti acquisiti non possono essere tolti, trascurando invece che si tratta di privilegi acquisiti.
Un’iniziativa del Governo e del Pd nel senso di riequilibrare lo squilibrio fra tutti i pensionati che ricevono l’assegno calcolato in base ai contributi versati (settore privato) e quelli che ricevono in base al regime retributivo (settore pubblico) dovrà essere presa nei confronti di tutti gli italiani pensionati, e non di alcuni di essi, perché così nessuno potrebbe eccepire la violazione dell’articolo 3 della Costituzione.
Un provvedimento di tal genere, secondo Tito Boeri, presidente Inps, comporterebbe un risparmio di 40 mld l’anno e rimetterebbe a posto una stortura enorme, portando in eguali condizioni tutti i pensionati italiani del settore pubblico e privato.
Questi privilegi non sono toccati dalla legge in esame. Vi è da aggiungere che l’assegno pensionistico, chiamato vitalizio sino al 2012, si cumula con altre pensioni o con altri redditi, com’è frequente il caso di dipendenti dello Stato a qualunque titolo o di dipendenti privati o di altri soggetti, che continuano a lavorare e a percepire redditi professionali.
La materia è semplice e di facile comprensione. Sotto la spinta dell’indignazione popolare il Pd ha messo in atto questa iniziativa, che però è subdola, perché tutti sanno già che è destinata a cadere. Quindi si tratta di propaganda. Scrivere questo non è di Sinistra o di Destra, né di Centro, è solo riportare i fatti nudi e crudi.
Sorge la domanda: ma c’era un altro modo per risolvere la questione secondo equità? C’è, anzi ce ne sono due e lo scriviamo da decine di anni. Una più complessa, portata dalla riforma dal retributivo al contributivo mediante una legge costituzionale. Se qualcuno la proponesse vorremmo vedere quale deputato o senatore non l’approverebbe. Così una maggioranza di almeno due terzi eviterebbe il referendum confermativo, di cui all’art. 138 della Costituzione. La seconda, più semplice e più rapida, riguarda la modifica dei regolamenti interni delle Camere, provvedimento proposto intelligentemente dal M5S e non voluto prendere in esame dal Pd proprio perché sapeva che questa sarebbe stata una soluzione definitiva, mentre la legge ordinaria è destinata a essere fracassata.
È a tutti noto che sui regolamenti di Camera e Senato nessuno può mettere il becco, né l’esecutivo, né la Corte Costituzionale.
Questo si doveva fare, ma non si è fatto perché si è preferita la demagogia alla sostanza.