Piano Trasporti, briciole per l'Isola - QdS

Piano Trasporti, briciole per l’Isola

Rosario Battiato

Piano Trasporti, briciole per l’Isola

mercoledì 02 Agosto 2017

Regione: investimento (?) di 28 miliardi fino al 2050. La Lombardia ne spende 10 in 5 anni e continua a crescere. Nord, 6 grandi opere valgono quanto 30 anni d’infrastrutture in Sicilia (che ne ha 159 incompiute)
 

Non c’è spazio per le grandi opere come il Ponte sullo Stretto, almeno in Sicilia. Il nuovo piano trasporti, approvato dalla giunta lo scorso 27 giugno, programma investimenti complessivi per 28 miliardi di euro (disponibilità di 7,6 miliardi), considerando tre scadenze di riferimento (2020, 2030 e 2050), e azioni per ferrovie, strade, logistica, marittimo e aereo. Si tratta di circa 900 milioni all’anno, distribuendo il conto complessivo degli interventi nell’arco di tre decenni. Ci sono due passaggi che dovrebbero far riflettere sul peso di questo investimento, in termini di spesa media annuale e di esborso complessivo nei tre decenni. In Lombardia, in appena cinque anni, sono stati spesi circa 2 miliardi all’anno per infrastrutture ancora incomplete o sull’orlo del fallimento, mentre bastano appena sei grandi opere del nord per coprire economicamente il totale previsto nell’Isola fino al 2050.

Lungaggini burocratiche, sprechi e mancate previsioni non sono prerogative esclusive della Sicilia, che in questi ultimi decenni è stata al centro della cronaca per un costante e inutile sperpero di denaro pubblico, con cantieri mai finiti (ancora 159 incompiute nel 2016 in Sicilia, mezzo miliardo buttato), cattedrali nel deserto e benefici minimi per cittadini.
Si parla assai meno, infatti, dei colossali fallimenti del resto d’Italia, anche quando hanno il marchio della Regione simbolo dell’efficienza.

L’Espresso della scorsa settimana ha raccontato la storia della Pedemontana, l’autostrada più cara d’Italia (si paga 21 centesimi al chilometro), peraltro ancora da completare, che è costata oltre 5 miliardi di euro (57,8 milioni al chilometro) e che la Procura di Milano ha chiesto alla Regione, azionista di maggioranza, di chiudere. Un fallimento “leghista” che ha visto i privati in fuga, pochissimi automobilisti in rapporto alle attese, e clamorosi ritardi che non l’hanno portata a essere inaugurata in tempo per Expo 2015. I lavori erano cominciati nel 2010. Lo scorso aprile anche Legambiente ne aveva chiesto la chiusura in quanto è “un ingiustificato spreco di risorse, finora quasi interamente pubbliche”.
Cosa dire, allora, dell’altro grande enigma del sistema stradale lombardo? Parliamo, ovviamente, della Brebemi, che collega Brescia e Milano, con lavori avviati nel 2009 e inaugurata nel 2014 per un costo complessivo di circa 2,4 miliardi. Le stime precedenti all’inaugurazione erano state ottimistiche (60 mila veicoli al giorno), ma il flusso è risultato inferiore di un terzo rispetto alle prospettive (circa 15 mila). Ad aprile Legambiente ha calcolato che il “deficit è uguale agli introiti” e che “il traffico copre solo il 25% degli introiti previsti nel Piano Economico finanziario”.
Il fallimento del project financing ha costretto lo Stato italiano, ma anche la Regione e la Cassa depositi e prestiti, a coprire le somme mancanti. Altro che Roma ladrona. Restiamo ancora in Lombardia per esplorare la Tangenziale est esterna di Milano (Teem), aperta nel maggio del 2015 e costata 2,2 miliardi dopo l’avvio dei cantieri nel 2012. Questa almeno funziona.
Numeri che ridimensionano quei 28 miliardi isolani e anche l’efficienza delle regioni settentrionali. Adesso non esiste più la giustificazione che investire al Sud è inutile perché è un pozzo senza fondo dove le risorse si sprecano. Soltanto la Lombardia, nel periodo 2010/2015, ha visto circa 10 miliardi di euro investiti, cioè 2 miliardi all’anno. E non sempre, come abbiamo visto, con risultati straordinari.
Il confronto diventa ancora più imbarazzante se consideriamo sei grandi opere previste, o in fase di definizione, nel Nord del Paese: il Valico del Brennero, la Tav Torino-Lione, il sistema Mose, la Gronda di Ponente (il passante di Genova, con cantieri pronti a decollare nel 2019), il Corridoio plurimodale Tirrenico-Nord europa (include il terzo valico del Giovi tra Genova e Rotterdam), la Pedemontana veneta valgono rispettivamente 4,4 miliardi, 4,6 miliardi, 5,5 miliardi, 4 miliardi (stimati), 6,2 miliardi e 2,3 miliardi, per un totale di circa 27 miliardi (dati aggiornati al dicembre 2016 dal sistema silosinfrastrutturestrategiche.it). Appena sei opere del Nord, in altri termini, valgono quasi quanto trent’anni di interventi potenziali nell’Isola.



Alta velocità in Sicilia un ritardo decennale
 
PALERMO – La Sicilia è la terra dell’eterno passato. L’alta velocità è un privilegio del nord e anche di una parte del sud. La linea Alta velocità Torino-Milano-Roma-Napoli, completata nel lontano 2009, è costata 32 miliardi di euro (fonte Fs), ed è ormai operativa da quasi un decennio. Intanto sono state avviate numerose altre tratte e una vasta gamma di frecce (rossa, argento, bianca) che non toccano minimamente la Sicilia.
Quasi dieci anni dopo tocca anche all’Isola. Non certo per fare l’alta velocità, ma per la velocizzazione della linea Pa-Me-Ct, il piano di potenziamento previsto dalle Ferrovie nell’Isola dal costo complessivo di 8,9 miliardi (avviati in Sicilia interventi per 2,5 miliardi). L’ultima settimana di luglio il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Graziano Delrio, ha inaugurato il raddoppio della linea ferroviaria Catania Centrale – Catania Ognina con le due fermate di Ognina ed Europa, assieme a Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato e Direttore Generale di FS Italiane, e Maurizio Gentile, Amministratore Delegato e Direttore Generale di Rete Ferroviaria Italiana (RFI).
Per l’occasione è stato sottoscritto anche l’accordo quadro tra Regione siciliana e Rete ferroviaria – presente l’assessore Luigi Bosco per la Regione – ed è stato sottoscritto anche un protocollo d’Intesa nell’ambito della realizzazione della fermata Catania Fontanarossa a servizio dell’aeroporto, con conclusione per fine 2019.
 


Disponibili 7,6 miliardi di € dei 28 stimati sino al 2050
 
PALERMO – Uno sguardo al futuro per superare il passato. Il piano trasporti della Regione prevede investimenti per 28 miliardi di euro, nel corso dei tre scenari temporali (2020, 2030, 2050), a fronte di una disponibilità pari a 7,6 miliardi. Il settore che peserà maggiormente sarà quello ferroviario con 17,1 miliardi nel corso dei tre scenari da distribuire in breve (1,8), medio (11,2) e lungo (3,9), a fronte di una disponibilità di 5,3 miliardi tra breve (1,8) e medio (3,4). A seguire c’è quello stradale con 10,2 miliardi (1,8 di disponibilità) da ripartire nei due scenari di breve e medio: 1,6 miliardi (471 milioni di disponibilità) e 8,6 (1,4 disponibilità).
Altri 239 milioni riguarderanno il logistico (217 disponibilità), 491 per il marittimo (139 disponibilità) e 97 aereo (97 disponibilità).
Progetti per risanare le infrastrutture di un sistema dei trasporti che, per ammissione della stessa Regione, necessita di interventi strutturati, così come evidenziato dal dipartimento delle Infrastrutture nell’ambito dell’aggiornamento del Piano regionale dei trasporti.
Nel mirino il trasporto su strada con 1,2 milioni di corse all’anno che valgono 0,3 corse annue extraurbane per abitante, un dato “inferiore a quello di altre Regioni, a conferma di possibili margini di potenziamento allo scopo di soddisfare maggiormente le esigenze della domanda di mobilità sistematica e occasionale”.
Da intervenire anche sul trasporto marittimo che presenta “sovrapposizioni dei collegamenti, con particolare riferimento all’Unità di rete Eolie”.

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