Statuto salva-privilegi iattura per i siciliani - QdS

Statuto salva-privilegi iattura per i siciliani

Raffaella Pessina

Statuto salva-privilegi iattura per i siciliani

giovedì 17 Agosto 2017

L’Autonomia come usbergo, strumento ad uso e consumo di “pochi”. Messo in discussione e mai applicato in molti dei suoi articoli

PALERMO – Ci si chiede sempre più di frequente che senso abbia l’Autonomia siciliana. Le perplessità in tal senso sono emerse con una certa insistenza soprattutto in questi ultimi anni di grave crisi economica che ha messo in ginocchio la nostra Isola. Il divario tra Nord e Sud, è divenuto ormai praticamente incolmabile anche a causa di decenni di sprechi e privilegi perpetrati a danno degli siciliani e avendo come usbergo proprio lo Statuto speciale.
All’Assemblea regionale siciliana, il Parlamento spesso si è chiesto anche se fosse il caso di aggiornare uno Statuto che è rimasto cristallizzato dalla sua creazione 71 anni fa. Uno Statuto molto speciale, firmato il 15 maggio del 1946 dall’allora Re Umberto II e dal guardasigilli di allora Palmiro Togliatti e quindi di fatto antecedente alla Costituzione della stessa Repubblica italiana che lo recepirà per intero con legge costituzionale n° 2 del 1948.
Durante questa XVI legislatura che ormai volge al termine, il dibattito sull’Autonomia è stato spesso infuocato, complice il fatto che i figli d’Ercole in questi ultimi cinque anni non hanno dato il meglio di sè e che, soprattutto la mancata applicazione delle prerogative dello Statuto è stato spesso terreno di polemiche tra il Governo regionale e quello nazionale che sempre ha esercitato una certa pressione sulle decisioni dell’Isola.
Basti ricordare l’accordo firmato a giugno del 2016 dal Presidente della Regione, Rosario Crocetta, con lo Stato per il trasferimento all’Isola delle somme congelate in bilancio, che ha determinato di fatto la rinuncia ad una serie di contenziosi in atto. Il governo Crocetta si è inoltre impegnato a recepire norme che dovrebbero essere approvate dall’Ars. Il governatore, insomma, si è impegnato a fare cose che non rientrano nemmeno nei suoi poteri: recepimento di norme nazionali, compresa quella sui “furbetti del cartellino”, o “completamente” la legge Delrio. Come se il Parlamento, insomma, non esistesse.
Ed ecco che tutte le leggi di riforma siciliana dovranno ricalcare quelle nazionali, dagli appalti all’acqua, senza parlare delle Province (che dopo tre anni di errori, Crocetta si è impegnato a ricopiare dalla ‘Delrio’), di diverse norme delle leggi di stabilità (come l’Ecotassa per i Comuni ad esempio) o della legge sui rifiuti. Con il tempo, c’è stata una corrente di opinione che ha sostenuto che una autonomia non rispettata è meglio no averla.
In molti, appartenenti ai più svariati settori dal mondo imprenditoriale a quello politico perfino a quello dello spettacolo hanno voluto dire la propria e ne citiamo solo alcuni per fare qualche esempio: Pif, al secolo Pierfrancesco Di Liberto ha detto, nel 2015: “Non vedo nessuna luce in fondo al tunnel. Alziamoci in piedi e diciamo che abbiamo perso. Se dopo 69 anni l’Autonomia, che poteva migliorare la qualità della vita, è stata usata in questo modo, non vedendo un cambio di mentalità, è meglio non averla”. Ivan Lo Bello, imprenditore, presidente di Unioncamere, vicepresidente di Confindustria, disse: “Il sud non ha bisogno di sussidi e trasferimenti, ma di normalità”. Lo Bello ha aggiunto: “Lo statuto speciale andrebbe abolito. Non ha senso, è ciò che ci ha reso parassiti”. Sempre nel 2015 sindaco di Catania, Enzo Bianco, presidente del Consiglio nazionale dell’Anci, propose per l’Italia: “Sette o otto macroregioni, statuti speciali solo a Trento, Bolzano e Val d’Aosta, e regioni mutate in enti ordinari ma a geometria variabile, dopo una cura dimagrante per le burocrazie”.
“L’attuale utilizzo dell’Autonomia speciale – ha detto il presidente dell’Anci Sicilia Leoluca Orlando – produce effetti perversi e rallenta lo sviluppo e l’attuazione delle riforme”.
Come se non bastasse, prima di andare in ferie, l’Ars ha bocciato una norma che, recependo quelle in vigore nel resto del Paese dal 1981, vietava di fatto a chi non ha saldato le spese per condanne definitive della Corte dei conti di ripresentarsi alle elezioni come se nulla fosse.
A chi serve, dunque l’Autonomia?

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