Il bisogno di lavorare, il piacere di lavorare - QdS

Il bisogno di lavorare, il piacere di lavorare

Carlo Alberto Tregua

Il bisogno di lavorare, il piacere di lavorare

giovedì 21 Settembre 2017

Guardare sempre a nuovi obiettivi

Il diritto a lavorare corrisponde al dovere di lavorare: un vecchio precetto che pochi osservano, in quanto tutti reclamano il diritto, ma quasi nessuno fa presente che a esso corrisponde il dovere.
Il dovere di lavorare deriva dal bisogno di lavorare, perché così facendo soddisfa una necessità primaria che è quella di essere attivi e produttivi in senso lato.
Il portale europeo Eures, pubblico e gratuito, contiene oltre 2,2 milioni di opportunità di lavoro. Confermo: 2,2 milioni relativi a offerte d’impiego di 32 Paesi europei. Ma dall’Italia, e soprattutto dal Meridione, pochissimi vi accedono inviando i propri curricula, anche perché non conoscono le lingue e non sono disponibili a trasferirsi nei Paesi ove il lavoro c’è e dove vengono richieste competenze, competenze e competenze.
Esiste anche la rete Eures Italia, i cui uffici sono dislocati in tutto il territorio nazionale, presso i Servizi per l’impiego e gli Uffici del lavoro delle Regioni e delle Province, ma sono abbastanza ignorati.

Poi c’è Europass, sul cui portale vi sono i cinque documenti necessari per presentarsi nel mercato europeo: Europass cv, Passaporto delle lingue, Europass mobilità, Supplementi delle certificazioni, Supplementi al diploma. Si tratta di una miniera, perlopiù sconosciuta nel nostro Paese e nella nostra regione.
C’è la grave situazione esposta dal rapporto sui giovani tra i 18 e i 24 anni denominati Neet (Not – engaged – in education, employment or training), i quali non vanno a scuola, non frequentano l’Università, non sono iscritti ai corsi di formazione regionale, non cercano lavoro: insomma, sono degli autentici fannulloni.
Di questi, la nostra Isola è piena, con l’aggravante dell’opposto, e cioè che i giovani siciliani brillanti vanno via perché qui non trovano mercato e anche perché non sopportano, da persone competitive, di lavorare in un ambiente non idoneo a mettere in risalto le loro qualità.
Da noi, c’è la questione dei precari nella Pubblica amministrazione, gente entrata senza concorso ma che si trova in quei posti da decenni. Il lavoro nella Pa non è una cosa seria, perché la maggior parte dei dipendenti non è responsabilizzata e perché il merito non è riconosciuto.
 

Al bisogno di lavorare deve corrispondere il piacere di lavorare, nonché la soddisfazione di lavorare. Il che non significa che ognuno può avere la fortuna di fare il lavoro che gli piace, ma anche quando esercita un’attività che non gli piace deve avere ugualmente il piacere di esercitarla.
Ecco che va coniugato il bisogno con il piacere di lavorare: due requisiti essenziali senza dei quali il lavoro diventa una pena, una sofferenza, e poi finisce con l’essere odiato.
è la solita storia del bicchiere mezzo pieno o mezzo vuoto: gli ottimisti lo vedono sempre mezzo pieno; i pessimisti mezzo vuoto.
Se ognuno di noi pensasse che lavorando si libera dai bisogni, in parte o in tutto, avrebbe ragione di essere ottimista, anche perché il welfare del nostro Paese si è esteso, giustamente, a tutela di chi lavora, seppure non per tutti i cittadini alla stessa maniera: i dipendenti di più, gli autonomi di meno.

Il bisogno di lavorare, il piacere di lavorare. Molti dipendenti agognano il momento in cui andranno in pensione e non si cautelano cercando un’altra attività seria per tenere il cervello occupato.
Cosicché, quando smettono di andare sistematicamente nel proprio ambiente lavorativo, sono attaccati da una reazione negativa che li porta spesso al decadimento. Sì, perché la persona umana ha bisogno di stare in attività, indipendentemente dal fatto che essa corrisponda a un lavoro remunerato o non remunerato, come può essere quello del Terzo settore.
Proprio quando non c’è il bisogno, quest’ultimo va sostenuto. Non sembri un calembour, si tratta della ribadita necessità di far funzionare il cervello dandogli delle mete, perché senza un minimo di obiettivi esso si rammollisce, si rattrappisce e finisce per non funzionare più, con la conseguenza che fa avvizzire anche il corpo.
Quello che scriviamo non è teoria, ma concretezza basata su vita vissuta e sulla constatazione di quante persone muoiono prima ancora della cessazione del loro corpo. Perciò bisogna sempre guardare avanti, col piacere di vivere e col piacere di essere.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017