Servizio civile, l'occasione in più per trovare lavoro continuativo - QdS

Servizio civile, l’occasione in più per trovare lavoro continuativo

Michele Giuliano

Servizio civile, l’occasione in più per trovare lavoro continuativo

sabato 23 Settembre 2017

Cresce del 12% la percentuale dei giovani che trovano un’occupazione dopo il servizio volontario. Analisi sulle cooperative sociali: Sicilia seconda regione con più capitale umano

ROMA – Svolgere il servizio civile “fa bene” al proprio futuro lavorativo. Il bagaglio di conoscenze, competenze, esperienza e partecipazione umana che nei 12 mesi del servizio entrano a far parte della vita del giovane, aumenta la sua capacità di instaurare relazioni di fiducia e di far proprie le norme condivise che regolano i rapporti tra gli individui e i gruppi.
In termini numerici, la ricerca sviluppata da Liliana Leone e Vincenzo De Bernardo, pubblicata nel volume “Giovani verso l’occupazione. Valutazione del Servizio Civile nella cooperazione sociale”, ha verificato come, a un anno dal termine del servizio civile, la percentuale di occupati tra coloro che hanno svolto questa attività è maggiore del 12 per cento rispetto a chi non lo ha svolto, e il valore cresce al 15 per cento dopo tre anni.
La ricerca ha preso come campione tra i più rappresentativi la Sicilia, con il 16,5 per cento degli intervistati. Ancora, anche a livello retributivo i volontari si ritengono più soddisfatti del livello economico raggiunto.
I dati si riferiscono ai volontari che hanno svolto servizio a partire dal 2010 nelle cooperative sociali aderenti a Confcooperative, alla ricerca della correlazione tra lo sviluppo delle “competenze trasversali” che possano aver avuto impatti positivi “imprevisti” di tipo occupazionale, dati sinora trascurati sebbene fosse nota la relazione tra competenze trasversali, capitale sociale e ricadute occupazionali.
È, dunque, in un periodo caratterizzato da forti incertezze per i giovani, assenza di prospettive, alti tassi di Neet e debole voce come cittadini che occorrono idee e nuove suggestioni per il disegno di misure effettivamente in grado di ridurre il profondo gap di opportunità tra generazioni e tra macro-regioni.
“I lettori a cui ci rivolgiamo – dicono gli autori del testo – sono tutti coloro che con ruoli diversi, decisori istituzionali impegnati nel ridisegno della misura dell’Scn, dirigenti e operatori del movimento cooperativo e del terzo settore, ricercatori, si occupano di Scn, di politiche giovanili e politiche attive del lavoro, di pratiche di cittadinanza attiva, di economia sociale e di promozione dello sviluppo umano ed economico”.
L’indagine ha raccolto i dati dei giovani candidati allo svolgimento del servizio civile dal 2010, divisi nei due gruppi, coloro che hanno effettivamente svolto servizio e coloro che, pur idonei, non hanno mai effettivamente svolto le attività in quanto rimasti fuori dal numero dei posti disponibili.
“Il servizio civile non nasce come misura né diretta né indiretta di politica attiva del lavoro – dice Vincenzo De Bernardo – eppure sin dalla fase di selezione dei volontari, la componente motivazionali solidaristica e quella legata alla ricerca del lavoro sono tra loro strettamente connesse”.
I risultati occupazionali parlano chiaro: la metà degli intervistati dichiara che, dal termine del servizio, afferma di aver lavorato in maniera continuativa, in prevalenza nel settore non profit, spesso nella stessa organizzazione nella quale hanno trascorso l’anno di Servizio Civile. Ancora, i giovani affermano di aver avuto percorsi lavorativi a condizioni economiche soddisfacenti, nonostante, in realtà il reddito annuale sia abbastanza simile nei due gruppi.
Discriminante, il lavoro è caratterizzato, nel gruppo degli idonei ma non ammessi al servizio, da periodi di disoccupazione più lunghi e frequenti, per un valore di circa il 25 per cento in più rispetto all’altro gruppo. Emblematico il numero delle iscrizioni al Centro dell’impiego, valore che si moltiplica per 4 nel caso degli ammessi a graduatoria.

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