Terremoti, prevenzione a parole - QdS

Terremoti, prevenzione a parole

Rosario Battiato

Terremoti, prevenzione a parole

mercoledì 18 Ottobre 2017

In Sicilia cantieri fermi: intanto rischiano scuole, ospedali e due milioni di abitazioni dislocate nelle aree più esposte. Ristrutturare conviene: su 96 mila € investiti lo Stato restituisce fino a 81.600

PALERMO – La scorsa settimana la campagna “Io non rischio” del dipartimento della Protezione civile ha coinvolto cittadini di tutta Italia in iniziative di comunicazione in materia di rischio naturale e buone pratiche per minimizzare l’impatto su persone e cose. La Sicilia, però, continua ad avere paura: case vecchie, un rischio naturale altissimo e ricostruzioni che proseguono a rilento. 
A livello nazionale, secondo una recente elaborazione dell’Ania, l’associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, ci sono otto abitazioni su 10 che sono esposte a un rischio alto o medio alto tra terremoto e fenomeni idrogeologici, eppure appena il 17% dei cittadini è consapevole del pericolo, mentre l’83% non crede o non sa di essere esposto a rischio catastrofe.

EDIFICI VETUSTI, SICILIA POLVERIERA

In Sicilia il rischio naturale è un elemento sempre presente nelle vite degli isolani. Lo certificano numeri ben evidenti: 27 comuni nella fascia più elevata del rischio sismico coinvolgono 355 mila persone per 144 mila abitazioni occupate in edifici residenziali e altri 329 comuni nella seconda fascia di rischio con 4,2 milioni di siciliani coinvolti e 1,6 milioni di abitazioni. Complessivamente in queste due fasce di rischio sismico, dove si possono verificare “fortissimi terremoti” o “forti terremoti”, ci sono 4,5 milioni di siciliani e 1,7 milioni di abitazioni. Nelle aree a forte rischio sismico ci sono oltre 5.000 scuole e 398 ospedali (dati Ance-Cresme). Questi numeri si incrociano pericolosamente con la presenza di quasi il 30% del totale degli edifici regionali costruito tra il 1919 e il 1970, quindi ben prima della normativa antisismica per la costruzioni. Ma non c’è solo il sisma. Tra pericolosità idraulica e da frana, in relazione a tutti i livelli di rischio, ci sono coinvolte altre 200 mila persone, oltre 5 mila imprese e quasi settecento beni culturali (dati Anci, Ispra e Istat).

INVESTIRE IN SICUREZZA OCCASIONE PER ECONOMIA
Un patrimonio a rischio con una prevenzione ancora da realizzare: a livello nazionale servirebbero 200 miliardi per mettere completamente in sicurezza circa 7 milioni di abitazioni nelle zone sismiche più pericolose e solo in Sicilia 8,7 miliardi per le prime due fasce di rischio (elaborazione su dati del Consiglio nazionale degli ingegneri). Un pericolo che è anche una gande occasione non ancora colta: un’azione sulle abitazioni a rischio nei comuni delle prime tre fasce di rischio attiverebbe in Sicilia investimenti fino a 13 miliardi di euro (dati Ance).

IL PREZZO DELL’INERZIA
Il mancato intervento produce due ordini di problemi. In primo piano ci sono le vittime e i danni materiali. E la storia recente siciliana ne è piena: Messina, Belice e Santa Lucia, solo per citare i più noti. Dal 2000 al 2015 il dissesto, soltanto in Sicilia, ha causato danni per 4 miliardi di euro e 58 vittime in seguito a 168 eventi. In tutta Italia, stando a una stima dell’Ania su dati Cresme, ci sono stati danni economici per 58 miliardi di euro tra il 1996 e il 2016. Spostando appena più indietro le lancette della storia, facendo riferimento ai dati della Camera dei Deputati, l’impatto dei terremoti in Italia dal 1968 al 2012 è stato pari a 121,6 miliardi di euro. Solo per avere un’idea dei numeri siciliani: quello del Belice, che ha una ricostruzione incompleta a distanza di 40 anni, è costato 9,2 miliardi di euro.

L’INSOSTENIBILE LENTEZZA DELLA BUROCRAZIA
Il secondo motivo di crisi è rappresentato dai tempi, oltre che dai costi, della ricostruzione. Lo scorso settembre la Corte dei Conti, nella relazione sul Fondo per la competitività e lo sviluppo e le agevolazioni industriali in favore delle imprese operanti in Sicilia, ha certificato che a 37 anni dal terremoto il programma per gli interventi nelle aree colpite dagli eventi sismici degli anni 1980-1981 “continua a non vedere una compiuta definizione”. Nel mirino della magistratura contabile il mancato avvio dei bandi ad hoc sui progetti di innovazione industriale (due su cinque non attivati) mentre è significativo anche il numero di contenziosi pendenti per alcune politiche (1941 vertenze ancora in corso per gli “incentivi aree sottoutilizzate”) e in generale il piano gestionale relativo alle agevolazioni in favore di imprese operanti nelle regioni Valle d’Aosta e Sicilia, specifico oggetto di indagine, “rileva un forte ritardo nell’attuazione degli interventi”.

CARO BENZINA PER NULLA
E non solo. Uno studio della Cgia dello scorso febbraio ha calcolato il peso sui carburanti delle accise che sono state introdotte per finanziare la ricostruzione delle aree colpite dai terremoti: c’è ancora anche il Belice, a distanza di quasi mezzo secolo. E lo scorso gennaio, a ridosso dell’anniversario del sisma, i sindaci della Valle, come da tradizione, avevano richiesto gli ultimi milioni di euro per le opere pubbliche ancora da completare e da assegnare all’edilizia privata.

TUTTA L’ITALIA È PAESE
E intanto i tempi della ricostruzione non migliorano nemmeno di recente. L’Ania ha calcolato, in relazione agli ultimi terremoti nazionali, che a L’Aquila, dopo i primi sei mesi dal sisma del 2009, soltanto 400 unità abitative erano state costruite (2% del totale) mentre nel Centro Italia, dopo i primi sette mesi, appena 2.304 unità costruite, il 4% del totale degli sfollati.
 


 
In tutta Italia assicurato solo l’1% delle abitazioni
 
PALERMO – Lo Stato non potrà reggere per sempre l’urto e le conseguenze di un territorio pericoloso e friabile come quello nazionale (e siciliano in particolare). Del resto è obbligato a intervenire nel pagamento dei danni soltanto nel caso in cui venga dichiarato lo stato di calamità naturale che di fatto avvia un iter per coinvolgere anche le Regioni e Comuni. Ma i tempi, come abbiamo visto, sono lunghissimi.
Le alternative sono due: azioni di messa in sicurezza e forme di partnership tra Stato e settore privato per assicurare le abitazioni. Nel primo caso il governo ha già avviato il sismabonus che agevola gli interventi dei privati, mentre per il secondo capitolo di intervento l’Ania ha elencato le varie forme di assicurazione esistenti nei Paesi: obbligatoria in Islanda, Turchia e Romania, semi obbligatoria Danimarca, Spagna, Norvegia, Nuova Zelanda, Francia, Belgio, e volontaria come California, Cina Uk, e Giappone.
L’assicurazione non è particolarmente diffusa in Italia, secondo l’Ania su 32 milioni di abitazioni soltanto l’1,5% è assicurato contro il terremoto, mentre il 42% contro l’incendio. E c’è una percezione errata: per il 54% degli italiani che vivono in zone ad elevato rischio di catastrofi, lo Stato ha l’obbligo di rimborsare sempre (elaborazione Ania su dati Survey GfK Eurisko “Apertura delle famiglie Italiane verso una polizza casa a copertura dei danni da catastrofi naturali”).
Il 76% degli italiani, tuttavia, si è detto disponibile a sottoscrivere una polizza sulla base di determinate condizioni: costo dell’assicurazione contenuto grazie a un’ampia diffusione, garanzia di risarcimenti certi e immediati, corresponsione del valore di ricostruzione della casa, valutazione e liquidazione del danno in tempi brevi.
 

 
Su 96 mila € di investimento lo Stato torna fino a 81.600
 
PALERMO – Il governo punta ancora sui bonus casa.  Lo dimostra la Legge di bilancio da 20 miliardi, varata lunedì dal Consiglio dei ministri, con la quale tra l’altro viene confermato sia l’ecobonus che il sismabonus. Quest’ultimo varrà anche per le case popolari. Adesso la parola passerà alle Camere.
In una recente audizione alla Commissione Ambiente della Camera dei deputati, il ministro Graziano Delrio ha ammesso la possibilità di rendere nel futuro addirittura permanenti le agevolazioni che riguardano l’efficientamento energetico e il recupero edilizio.
Il ministro ha spiegato che in circa vent’anni, cioè tra il 1998 e il 2017, le misure di incentivazione fiscale hanno attivato investimenti “pari a 264 miliardi di euro, di cui 229,4 miliardi hanno riguardato il recupero edilizio e 34,6 miliardi la riqualificazione energetica”.

Quanto si risparmia?
Oggi con il sismabonus la percentuale di detraibilità per gli edifici ricadenti nelle zone sismiche 1, 2 e 3, è di base del 50%. Vengono rimborsati gli investimenti entro 96 mila euro che verranno ripartiti in 5 anni. La detrazione può crescere fino al 70% se migliora di una classe di rischio, fino all’80% se migliora di due classi. Per quanto riguarda i condomini e gli interventi antisismici sulle parti comuni, la detrazione può arrivare fino all’85%. In quest’ultimo caso, quindi, tirando due somme, è possibile risparmiare fino a 81.600 euro se l’investimento è di 96.000.
Si stima che il costo di ristrutturazione sia pari a 400 euro al metro quadro. Per cui la spesa per mettere in sicurezza un’abitazione media di quattro vani, intorno ai 100 metri quadrati, si aggirerebbe tra i 40 e i 50 mila euro. Una cifra accessibile anche con un piccolo mutuo, che viene rimoborsata in cinque anni attraverso il meccanismo della detrazione fiscale.
Riguarda, quindi, anche i lavoratori dipendenti che si ritroverebbero il rimoborso direttamente in busta paga.


Rosario Battiato e Antonio Leo

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