Statali non competitivi né produttivi, ma premiati - QdS

Statali non competitivi né produttivi, ma premiati

Carlo Alberto Tregua

Statali non competitivi né produttivi, ma premiati

giovedì 19 Ottobre 2017

Pubblica amministrazione: né merito né responsabilità

La legge di Bilancio, varata dal Consiglio dei Ministri lunedì 15 ottobre, ultima data utile per l’invio all’Unione europea, ha stanziato più di due mld per il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti statali, perché quelli regionali e comunali sono a carico dei vari enti.
Si tratta di circa 3,5 mln di dipendenti, dirigenti e funzionari (Istat 2016 su dati 2015) allo sbando perché in nessuna branca dell’amministrazione esiste il Piano aziendale, lo strumento fondamentale che stabilisce le linee guida, le regole del lavoro, gli obiettivi e il cronoprogramma.
Se in qualche branca amministrativa statale esiste tale Piano aziendale ce lo facciano sapere perché lo porteremo all’attenzione dell’opinione pubblica come esempio di professionalità.
I due miliardi e passa stanziati dalla legge di Bilancio, anziché premiare il merito, cioè chi lavora meglio nel senso che produce più risultati, chi lavora con più impegno nel senso che si applica, distribuisce a pioggia una media di mille euro all’anno per dipendenti e dirigenti in relazione all’anzianità e al grado.

Così continua a trascinarsi la questione di fondo: vogliamo una Pubblica amministrazione che funzioni in base a merito e responsabilità e ai risultati ottenuti o vogliamo avere ancora un esercito di persone senza guida e senza obiettivi? Beninteso, dentro le quali vi sono valorosissime persone, degne di ammirazione, ma anche moltissimi fannulloni e incapaci che sono degli autentici parassiti e che vivono a spese della fiscalità generale.
Oltre alla palese ingiustizia dei contribuenti, che non ricevono come corrispettivo delle tantissime imposte pagate servizi di buona qualità, vi è una seconda e non meno importante iniquità: all’interno della Pa dirigenti e dipendenti di pari grado e di pari anzianità ricevono lo stesso stipendio, corredato con premi e indennità diverse, a prescindere dai risultati che ottengono.
Una volta l’ex ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta aveva intenzione di mettere le “faccine” verdi, gialle e rosse, a fianco di ogni sportello pubblico con i relativi pulsanti. Ogni cittadino avrebbe dovuto esprimere la sua valutazione schiacciando uno dei tre pulsanti. Ma l’iniziativa abortì.
 

Non solo i pubblici dipendenti non sono competitivi per le ragioni che abbiamo prima indicato, ma non offrono al proprio datore di lavoro pubblico quel minimo coefficiente di produttività che è la risultante delle risorse impiegate in relazione ai servizi prodotti.
Mancando competitività e produttività una azienda pubblica, qual è lo Stato e i suoi dipartimenti, non riesce a misurare alcunché. L’assenza di misurazione livella al basso dipendenti e dirigenti con la conseguenza che se sono tutti asini i meritevoli non riescono ad emergere.
Nel settore pubblico si spendono ogni anno quasi 200 mld, di cui 113  per la Sanità. è ormai comunemente stimato da Università, centri di ricerca e statistici che vi sono inefficienze per circa 50 mld.
Tradotto, significa che si potrebbero risparmiare 50 mld se tutti funzionassero con efficienza in base al piano industriale per produrre la stessa quantità di servizi, migliorati sotto il profilo qualitativo.   

Per raddrizzare la macchina pubblica, un peso per la collettività anziché essere un motore per lo sviluppo, ci vorrebbe una classe politica forte, capace e professionale nel comprendere i problemi, in modo da fornire direttive precise da cui la burocrazia sottostante non dovrebbe e non potrebbe discostarsi.
Com’è noto, se un pesce è fresco o trapassato si vede dalla testa. Ed è proprio la testa delle istituzioni, cioè governo, giunte regionali e sindaci, che nel loro complesso non sono sufficienti ad adempiere ai loro compiti, anche se bisogna sottolineare la presenza di eccellenti uomini politici.
Sembra una noiosa litania quella che ripetiamo da decenni, ma noi dobbiamo ripetere le cose che non vanno e quali siano le soluzioni per farle andare. Quindi, la noia non è nella ripetizione ma nella indolenza di chi ha il dovere di fare funzionare la Pubblica ammministrazione e non lo fa, pur continuando a percepire compensi molto superiori al lavoro che fanno.
Niente aumenti, dunque, ma efficientare la macchina pubblica, premiando però i bravi.

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