Un giorno da pecora, il ruggito del coniglio - QdS

Un giorno da pecora, il ruggito del coniglio

Carlo Alberto Tregua

Un giorno da pecora, il ruggito del coniglio

venerdì 20 Ottobre 2017
Non so se avete ascoltato due trasmissioni radiofoniche: un giorno da pecora e il ruggito del coniglio. Sono ironiche e piene di verve perché i conduttori hanno dei buoni testi, si prendono in giro e prendono in giro tutti gli ospiti di qualunque livello, anche istituzionale.
Ecco, la vita dovrebbe essere improntata all’ironia o all’autoironia. Nessuno si dovrebbe sentire al di sopra delle parti, delle leggi e degli altri. L’umiltà dovrebbe permeare i nostri pensieri ed i nostri comportamenti. Sapere che il nostro sapere è prossimo allo zero dovrebbe consentirci di evitare qualunque forma di presunzione e di supponenza.
Ma quante persone si ispirano a questi elementari principi? Quante altre pensano di essere superiori agli altri, pretendono rispetto senza darlo, esigono con presunzione che gli altri diano senza contraccambiare.
Si dirà che questo comportamento è frutto di ignoranza. è vero. L’ignorante è presuntuoso. Suppone di essere un numero uno, mentre forse è un numero zero.

Forse anche i comportamenti presuntuosi sono frutto di immaturità e di paura. Chi non ha paura? Del futuro, dell’incertezza degli eventi, dei problemi che ci possono capitare tra capo e collo, degli imprevisti. Ma non è con la paura che si affrontano queste cose perché bisogna anticiparle sapendo che possono capitare. Quindi occorre rinforzare la propria mente e prepararla a ricevere colpi anche non previsti.
È l’addestramento continuo del nostro cervello che crea gli anticorpi rispetto alle avversità perché esse arrivano inevitabilmente. Ma quando arrivano bisogna essere pronti ad affrontarle adeguatamente e a passare subito alla fase due, cioè a prospettare soluzioni idonee per superarle. L’addestramento di ognuno di noi parte dalla capacità di produrre anticorpi e fra questi l’ironia.
Il ruggito del coniglio è un classico esempio di chi spara sentenze senza cognizione di causa, pensando di impressionare gli altri, come fa il coniglio sull’orlo della foresta. Ma poi, quando arriva il leone, si rattrappisce, diventa piccolo piccolo, cerca di nascondersi perché la paura lo attanaglia. Così ruggisce il coniglio!

 
A proposito di leone, parafrasando il relativo modo di dire, c’è chi trascorre un giorno da pecora. Un animale mite, incapace di far male a chicchessìa che serve per dare la lana, il latte e la carne. Quindi, un oggetto delle persone umane che lo utilizzano sotto ogni punto di vista.
Trascorrere un giorno da pecora può essere anche riposante: così si comportano i fannulloni e i nati stanchi: fare domani quello che si potrebbe fare oggi. Oppure: se ti viene voglia di lavorare, siediti e aspetta che ti passi.
Vi è tanta gente inutile agli altri e a se stessa, sia per un fatto caratteriale, ma anche perché vede esempi che vengono dall’alto, ove tanta gente fa ammuina. Il che significa far finta di lavorare prendendo in giro il prossimo. Ed è proprio da quelli che ci prendono in giro che dobbiamo difenderci, cercando di intuire immediatamente coloro che vogliono impressionarci, magari con frasi roboanti e con comportamenti eclatanti, dietro cui vi è il nulla.

Diceva Ennio Flaiano (1910-1972): quello non dice nulla, ma lo sa dire molto bene. Sembra la fotografia di tanti parrucconi che dalle televisioni fanno sermoni cercando di impressionare gli ascoltatori.
Ed altri soloni che scrivono sui giornali le loro quotidiane sentenze, come se avessero la sfera di cristallo, dentro cui, da buoni maghi, vedono il futuro.
Da parecchi fra costoro sentiamo il ruggito del coniglio e molti trascorrono beatamente un giorno da pecora, spesso lautamente pagati col denaro pubblico che viene sprecato, anziché essere impiegato per rendere servizi di pubblica utilità ai cittadini.
Per fortuna, vi sono quelli bravi che fanno funzionare il mondo, anche se non è giusto che vengano compensati come gli incapaci. Ciò accade perché la cultura del merito non è molto diffusa nella società, salvo in quella parte di essa dove è indispensabile per essere competitivi e produttivi.
Non fanno parte di questa categoria né politici né burocrati. Evviva l’equità!

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