La Sicilia ai margini dell'Europa - QdS

La Sicilia ai margini dell’Europa

Adriano Agatino Zuccaro

La Sicilia ai margini dell’Europa

mercoledì 08 Novembre 2017

Eurostat 2017: su 276 regioni Ue, l’Isola è in coda per Pil pro capite, occupazione, istruzione, investimenti hi-tech. Solo il 13,1% dei 25-64enni con diploma (74,8% a Londra) e 41,4% di Neet

Il livello del Pil dell’Ue-28 nel 2016 ha toccato un nuovo record: 14.904 miliardi di euro. L’Europa a 28 Paesi con le sue 276 “unità territoriali” (nuts 2) presenta una distribuzione di tale ricchezza molto variegata. Nella nostra Isola, a fronte di una media Ue di 29.000 euro pro capite, si portano a casa solo 16.000 euro nel 2015 contro i 35.900 euro in Lombardia. Emergono in maniera macroscopica i deficit della nostra Isola nei confronti delle altre realtà comunitarie guardando, ad esempio, la percentuale di popolazione tra i 25 e i 64 anni in possesso di un diploma di terzo livello: nell’Isola la performance si ferma al 13,1% nel 2016, contro Inner London West che ottiene un 74,8%. La percentuale di capitale umano coinvolto nel progresso scientifico e tecnologico è pari al 27,1% della popolazione attiva, nel Lazio è il 38,4%, in Lombardia il 38,7%.
 
Il PIL ai prezzi di mercato nell’Ue-28 è stato valutato a 14,9 trilioni di euro nel 2016; con una media pari a 29.000 mila euro pro capite. Notevole l’impatto della crisi finanziaria ed economica mondiale sulla produzione economica dell’UE-28 nel 2009, in quanto il PIL è diminuito del 4,4% in termini reali. Anche se nel 2010 si è registrato un rimbalzo e la crescita continua nel 2011, l’economia dell’UE-28 si è contratta nuovamente nel 2012 (con un calo dello 0,5%). Successivamente, sono stati quattro anni consecutivi (2013-2016) di crescita del PIL reale, con l’ultimo tasso di variazione nel 2016 (1,9%) leggermente inferiore a quello registrato nel 2015 (2,2%). Lo dice il Regional Yearbook 2017 pubblicato da Eurostat.
 
Nel 2015 la distribuzione della ricchezza in tutta l’UE è piuttosto disordinata, in quanto esistono 101 regioni NUTS 2, dove il PIL medio pro capite è superiore alla media UE-28 nel 2015, rispetto a 175 regioni in cui è inferiore. Circa il 16% delle 276 regioni NUTS 2 per le quali sono disponibili dati hanno riferito che il loro PIL pro capite è stato almeno del 25% superiore alla media UE-28. Molti di essi erano regioni capoluogo o cluster di regioni che si affacciano sulle regioni capitali vicine, mentre la grande maggioranza degli altri è stata raggruppata al centro della mappa, che copre la Germania occidentale e meridionale, l’Austria occidentale e l’Italia settentrionale.

All’estremità superiore della classifica, nell’UE sono quattro le regioni in cui il PIL pro capite è più che doppio della media UE-28, vale a dire: Inner London-West (una delle due regioni capitali del Regno Unito), Lussemburgo, Amburgo (Germania settentrionale) e Région de Bruxelles-Capitale / Bruxelles Hoofdstedelijk Gewest (la regione capitale belga).
 
Nel 2015, secondo i dati Eurostat, la Sicilia ha fatto registrare un Pil pari a 86,537 miliardi di euro (86,831miliardi di euro nel 2014), 357,200 miliardi di euro in Lombardia (seconda regione d’Europa e in salita rispetto ai 348,615 miliardi di euro del 2014) e 659,796 miliardi di euro per la prima classificata: Ile de France. Le dimensioni territoriali e l’alto numero di popolazione aiutano l’Isola a mantenere comunque una posizione di media-alta classifica tra le 276 unità territoriali europee. La musica cambia quando consideriamo il Pil pro capite che è sceso dai 17.400 euro del 2012 ai 16.000 del 2015. In Lombardia il dato 2015 si attesta sui 35.900 euro.
 
Il Pil pro capite italiano nel 2016 ammontava a 27.700 euro contro i 29.000 euro della media UE-28; la Spagna è l’altro Paese tra i cinque Stati membri Ue più grandi (gli altri sono Germania, Francia, Regno Unito, Italia) a posizionarsi sotto tale media totalizzando 24.100 euro pro capite.
 
Leader tra le unità territoriali (nuts 2) è quella denominata Inner London-West: 167.500 euro pro capite. Segue il Lussemburgo (76.200 euro), Amburgo (59.500), la regione di Bruxelles (59.200). Ultima regione dell’Ue-28 è il Transdanubio Meridionale, una regione dell’Ungheria, con 8.400 euro pro capite in compagnia di altre regioni dell’Est Europa che non superano i 14.200 euro pro capite. Tra le unità territoriali dei grandi Paesi dell’Ue aprono, in negativo, la classifica il terzetto composto da Calabria e Campania e Sicilia con 16.000 euro pro capite. Se in Valle d’Aosta la cifra è di 34.800 euro pro capite e in Emilia-Romagna 34.400 euro, vuol dire che esistono zone d’Italia in cui si produce il doppio (o più del doppio) di quanto non abbia fatto la nostra terra.
 


Solo il 13% con diploma tra i siciliani 25-64enni
 
Sicilia, Puglia, Sardegna, Calabria e Campania occupano cinque delle ultime dieci posizioni nell’Ue-28 per percentuale di popolazione tra i 25 e i 64 anni in possesso di un diploma di terzo livello. Nell’Isola la performance si ferma al 13,1% nel 2016 senza compiere alcun passo avanti rispetto alla precedente rilevazione. Siamo ultimi in Italia seguiti a breve distanza da Puglia (13,3%), Sardegna (15%, dato in miglioramento), Calabria (15,1%), e Campania (15,2%). Peggio di noi solo due regioni della Romania con l’11,5% e il 12,9%. La regione italiana che registra la percentuale più incoraggiante è il Lazio col 23,1% (in discesa dello 0,2%), segue l’Umbria 20,7% e ed Emilia-Romagna (20,7%). La percentuale di Inner London West sale al 74,8%! Helsinki raggiunge il 51,6% ma il dominio spetta alle regioni del Regno Unito. A fronte di una media europea del 36,8% la quota di popolazione italiana tra i 30 e i 34 anni in possesso di un diploma di alta formazione arriva appena al 22,4 per cento. Una performance che vale l’ultima piazza nell’Ue-28. Il numero di studenti siciliani tra i 15 ei 24 anni iscritti nell’istruzione secondaria e post-secondaria (non terziaria) nel 2012 ammontava al 43,9% del totale. Questi numeri ci condannano all’ultimo posto in Italia. La Sicilia è al top per il tasso di giovani fra i 18 e i 24 anni che non studiano e non cercano lavoro (Neet): il 41,4% (erano il 42,1% nella precedente rilevazione), dietro soltanto alla Guyana francese (44,7%) e alla regione bulgara di Severozapaden (46,5%). Lo dice il Regional Yearbook 2017 pubblicato da Eurostat. Tra i Paesi Ue, dove la media dei Neet è del 15,2%, l’Italia si conferma quello con la quota più elevata (il 26%).
 

 
Investimenti in tecnologia l’Europa si vede col binocolo
 
Il progresso scientifico e tecnologico dovrebbe essere in cima all’agenda di un governo. Qual è la percentuale di capitale umano coinvolto in questo processo? Qual è la percentuale d’investimenti in high-tech sul totale? La Sicilia nel 2016 ha impiegato il 27,1% della popolazione attiva, il Lazio il 38,4%, la Lombardia il 38,7% (entrambe in salita di oltre un punto e mezzo percentuale rispetto alla precedente rilevazione). Solo la Puglia, in Italia, registra una percentuale inferiore alla nostra (26,1%). Le regioni più progredite, come la zona denominata “Inner London west”, invece, vi impiegano fino all’81,8% della popolazione attiva. Numeri sbalorditivi anche per Stoccolma (64,2%, in salita di oltre 4 punti percentuali rispetto alla precedente rilevazione), Helsinki (62,1%) e Ile de France al 60,4% solo per citarne alcune. Corsa alla migliore tecnologia anche per Praga (58,5%) e Hovedstaden in Danimarca (58,5%). I numeri ci inchiodano anche sulla percentuale di investimenti in high-tech sul totale: nel 2012 abbiamo investito solo l’1,7%, nel 2016 l’1,8%. Ci fanno compagnia la Calabria (1,5%) e la Puglia (1,4%). Record in Italia per il Lazio (6,5%) con Lombardia (4,8%) e Piemonte (3,7%). Berkshire (10,9%) e Inner London West (10%) fanno impallidire le citate performance. Praga in segue al 9,7%, Helsinki raggiunge il 9,5%. Le zone che investono di meno appartengono a Romania, Grecia, Spagna, Polonia e Portogallo. Le percentuali in alcune regioni, infatti, non superano lo 0,9%. Un’Europa, dunque, a due velocità, che ha fatto pochi passi in avanti rispetto al 2012, almeno per ciò che attiene le regioni più svantaggiate dell’area.

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