La storia dei Genovese a Messina, dopo il maxi sequestro da 100 milioni di euro - QdS

La storia dei Genovese a Messina, dopo il maxi sequestro da 100 milioni di euro

redazione

La storia dei Genovese a Messina, dopo il maxi sequestro da 100 milioni di euro

venerdì 24 Novembre 2017

Tre generazioni di politici, le accuse, i processi, la formazione e i “Corsi d’oro”. Diventano così 6 i neo-eletti all’Ars investiti da vicende giudiziarie

MESSINA – Ammonta a circa 100 milioni di euro il valore delle aziende, dei conti e degli immobili sequestrati perché considerati profitto o strumento di reato al parlamentare messinese Francantonio Genovese, alla moglie Chiara Schirò, al figlio Luigi neo eletto deputato all’Ars, alla figlia Rosalia e al nipote Marco Lampuri.
 
L’inchiesta riguarda presunti reati di riciclaggio, evasione fiscale, autoriciclaggio e sottrazione fraudolenta di valori. Quello eseguito è il sequestro preventivo più grosso mai effettuato dalla Procura di Messina, ora guidata da Maurizio De Lucia. Il decreto è stato notificato a Genovese e ai suoi familiari e accompagnato da un’informazione di garanzia per i reati di riciclaggio e sottrazione indebita.
 
Conti correnti, ville e quote societarie
Oltre ai soldi presenti sul conto di una società panamense, aperto in una banca di Montecarlo, e i conti correnti di Unicredit e di una banca messinese, sono stati sequestrati una villa, appartamenti a Roma e Taormina e quote di due società, la L&A e la Gepa, trasferite da Francantonio Genovese al figlio.
 
Nel riciclaggio sarebbero coinvolte tre generazioni
"Questo procedimento vede operare una dinastia, con tre generazioni implicate, di cui il primo indagabile (teorico) è Luigi Genovese senior, in realtà deceduto e con un ramo collaterale ancora più nobile, avendo riguardo a un soggetto più volte deputato alla Camera". Lo scrive, nella premessa al decreto con cui dispone il sequestro del patrimonio milionario della famiglia Genovese, il gip di Messina. Nell’inchiesta sono infatti coinvolte tre generazioni della famiglia messinese: Luigi Genovese, ex parlamentare dc dal 1972 al ’94, deceduto, il figlio Francantonio, deputato di Fi, e suo figlio Luigi, appena eletto all’Ars.
 
Accertamenti su una banca svizzera
L’inchiesta nasce da accertamenti della Finanza di Milano su una banca svizzera. Viene scoperta una ingente somma trasferita all’estero e riconducibile a Luigi Genovese senior. "Risibile è la dichiarazione che fa Genovese Francantonio, che la esportazione avviene quando ha un anno e non ne sa molto. – scrive il gip – Innanzitutto i soldi, a differenza delle noccioline, sono così tanti e di così tanto valore, che non si potrebbe pensare mai, almeno da una certa età, che vi sia stata una detenzione inconsapevole (smentita peraltro dalle operazioni effettuate), e se tutto inizia con Genovese Luigi senior, il reato prosegue in capo al figlio, alla moglie e al figlio e ai parenti".
 
Dall’inchiesta sulla Formazione al maxisequestro
Il maxi-sequestro di beni alla famiglia Genovese nasce dagli sviluppi dell’inchiesta della Procura di Messina sulla formazione professionale che il 17 luglio del 2013 sfocia nell’esecuzione di 10 arresti domiciliari per per peculato e truffa. Tra loro anche la moglie di Francantonio Genovese, Chiara Schirò. Il processo, con rito immediato, ha inizio il 17 dicembre 2013. Fino a quella data non si ha notizia di Genovese indagato. Il 18 marzo 2014 la Procura in un separato troncone del procedimento chiede ed ottiene l’arresto di altre persone e tra essi anche di Francantonio Genovese. Per il parlamentare la richiesta è depositata alla Camera dei deputati. Il 15 maggio 2014, alla vigilia delle elezioni europee, l’Aula di Montecitorio vota il sì all’arresto di Genovese che lo stesso giorno fa ingresso nel carcere di Gazzi dove si costituisce accompagnato dal suo legale, l’avvocato Carmelo Favazzo.
 
Il Gip di Messina, il 21 maggio 2014, annulla l’ordinanza e dispone la scarcerazione di Genovese concedendo gli arresti domiciliari. L’ufficio del Pubblico ministero impugna la decisione e nell’agosto del 2014 Il Tribunale riesame accoglie in ricorso con una decisione che diventa definitiva dopo la pronuncia della Cassazione. Così il 14 gennaio 2015 Genovese torna in carcere, dove resterà fino al successivo luglio, quando il Tribunale sezione feriale lo rimette ai domiciliari. Il dibattimento che riguarda Genovese si conclude il 23 gennaio 2017, con la sentenza di condanna ad 11 anni di reclusione. E di li a poco anche l’altro troncone del processo vedrà condannati tutti i protagonisti della vicenda: la moglie, la cognata, il cognato, la segretaria.
 
Ma la Procura continua le indagini patrimoniali e nell’intento di recuperare i fondi sottratti alla formazione scopre un conto estero nascosto dietro una polizza vita in una società delle Bermude. Titolare è una società che ha sede nel paradiso fiscale di Panama, ma dietro il conto, secondo l’accusa, si celano Genovese e la moglie. Parte da lì l’ultima inchiesta della Procura di Messina, ed è anche l’ultima del procuratore aggiunto Sebastiano Ardita, che da ieri è stato assegnato definitivamente con lo stesso ruolo a Catania, che ha portato al maxi-sequestro di oggi.
 
Francantonio Genovese è condannato ma resta deputato Camera
Francantonio Genovese è passato dal Pd a Fi insieme a decine di consiglieri comunali e di circoscrizione di Messina che fanno riferimento alla sua area politica. Ha fatto la scelta di passare a Fi dopo che il suo vecchio partito, ne aveva autorizzato l’arresto alla Camera, difatti appena fuori dai domiciliari ha aderito al partito di Berlusconi ed è rimasto deputato perché per i reati per i quali è accusato – che sono associazione per delinquere, riciclaggio, peculato, frode fiscale e truffa – la legge Severino non prevede la decadenza. Francantonio Genovese è inoltre il nipote del più volte ministro Antonino Pietro Gullotti, e figlio di Luigi, anche lui in passato deputato.
 
Le vicende giudiziarie che investono diversi neo-eletti all’Assemblea regionale siciliana
Il nuovo parlamento siciliano, uscito dalle elezioni del 5 novembre, non si è ancora insediato ma sono già diversi i casi aperti che riguardano deputati finiti nel ciclone delle vicende giudiziarie, anche se non tutti sono formalmente indagati e naturalmente anche per gli indagati bisogna avere il buon senso di rispettare i tempi, gli sviluppi e gli esiti dei procedimenti prima di giungere a qualsiasi conclusione. Ecco un riepilogo caso per caso: sette in tutto, tra sei eletti e un candidato non eletto. 
 
CASO n. 7 – GENOVESE – L’ultimo a entrare nella lista degli inquisiti per riciclaggio è stato oggi Luigi Genovese, recordman di preferenze, che alla verde età di 21 anni ha ottenuto nella lista di Forza Italia nel collegio di Messina quasi 18 mila voti.
 
CASO n. 6 – CASTRO – Il voto di scambio fa capolino in un’altra inchiesta della Procura di Catania sul caso di Antonio Castro (Forza Italia), che non è stato eletto: in un servizio delle Iene una donna ha raccontato di avere ricevuto in campagna elettorale una promessa di 50 euro in cambio del voto per Castro, il quale ha replicato tramite i suoi legali di essere vittima di un’informazione "aggressiva e scandalistica”.
 
CASO n. 5 – SAVONA – Un altro neo eletto all’Assemblea regionale con 6.554 preferenze, Riccardo Savona di Forza Italia, è indagato con la moglie per truffa e appropriazione indebita nell’ambito di un’inchiesta che ipotizza operazioni di compravendite immobiliari fittizie.
 
CASO n. 4 – RIZZOTTO – Tony Rizzotto, il primo leghista a sedere all’Assemblea regionale siciliana, è sotto indagine per peculato nell’ambito di un’inchiesta che coinvolge un ente di formazione, l’Isfordd, di cui era presidente.
 
CASO n. 3 – TAMAJO – Di compravendita di voti (25 euro l’uno) è accusato invece Edy Tamajo, che alle regionali è risultato il più votato a Palermo nella lista di Sicilia futura, una formazione che fa capo all’ex ministro Salvatore Cardinale e che ha sostenuto il candidato presidente del centrosinistra Fabrizio Micari.
 
CASO n. 2 – SAMMARTINO – A Catania un altro "mister preferenze", Luca Sammartino, eletto con oltre 30 mila voti nella lista del Pd, ha annunciato querele per un video diffuso dal M5s. Viene ipotizzato che un’anziana donna interdetta, ricoverata in una casa di cura, sia stata indotta a votare per Sammartino. Su questa vicenda la Procura ha aperto un’inchiesta a carico di ignoti dopo la denuncia presentata dal figlio della donna.
 
CASO n. 1 – DE LUCA – A Messina la Procura indaga, per evasione fiscale, su Cateno De Luca dell’Udc finito agli arresti domiciliari. Una volta scarcerato e assolto per altre vicende giudiziarie, De Luca ha pesantemente attaccato la magistratura. (aggiornamento: il 24/11/2017 il Tribunale dei Riesame di Messina ha annullato i provvedimenti restrittivi a carico di De Luca e dissequestrato i beni – vedi articolo)

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