Giustizia ritardata giustizia negata - QdS

Giustizia ritardata giustizia negata

Carlo Alberto Tregua

Giustizia ritardata giustizia negata

mercoledì 29 Novembre 2017

Metodo Barbuto nei Tribunali italiani

All’apertura dell’anno giudiziario 2017, il primo presidente della Corte di Cassazione, Giovanni Canzio, ha dichiarato che le cause civili pendenti, alla fine dell’anno precedente, erano 5,2 milioni. Un’enormità che comporta sentenze che possono arrivare anche dieci anni dopo l’inizio della controversia.
I magistrati civili sono carichi di lavoro, quindi non si può imputare soltanto a loro la causa di questi ritardi rituali, contro cui l’Unione europea ha minacciato l’apertura di una procedura d’infrazione.
È noto, infatti, che il cosiddetto giusto processo debba durare al massimo tre anni. Ricordiamo inoltre il brocardo scritto sulla Magna Carta del 1215: Giustizia ritardata, giustizia negata.
Questi ritardi comportano oneri finanziari per lo Stato a causa delle richieste di risarcimento dovute al ritardo in base alla Legge Pinto (89/2001)
Se la responsabilità di questi ritardi, dei quali approfittano coloro che hanno torto, non può imputarsi in misura maggiore ai magistrati, può caricarsi sulla classe forense, della quale si dice che segua il detto più pende, più rende.
 
Tuttavia, ci sembra che la causa vera e maggiore si trovi nella procedura del processo civile, pieno di trappole, di termini che si allungano come gli elastici, di scappatoie e di quant’altro abbia l’obiettivo di allungarne senza limiti i tempi.
In questi giorni, Alternativa popolare ha presentato in Commissione un emendamento di riforma del processo civile in un veicolo non adatto, e cioè la Legge di Bilancio 2018. Che c’entra? Nulla. Però, è un emendamento importante perché introduce il rito sommario come nuovo procedimento ordinario per la trattazione delle cause civili di competenza del giudice monocratico. Il che significa una drastica riduzione dei tempi e quindi una ravvicinata sentenza.
Anziché accogliere con favore questa iniziativa, cui peraltro ha dato il via libera a nome del Governo il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, si sono sollevate voci di protesta dell’Ordine degli avvocati e dell’Associazione dei magistrati. Se si può comprendere la ragione dei legali, contrari all’accorciamento dei tempi dei processi civili, non si ravvisa di primo acchito perché i magistrati siano contrari.
 
 
La riforma porterebbe a un minor lavoro per i giudici e agevolerebbe le parti in causa con sentenze in tempi europei.
Non crediamo che questa riforma possa vedere la luce, dati i tempi stretti in cui si dovrà approvare la Legge di Bilancio, per cui la materia sarà rinviata, quasi certamente, alla XVIII legislatura. Peccato, perché tagliare i tempi dei processi civili ha una refluenza nell’attrazione degli investitori esteri, i quali sono dissuasi a venire nel nostro Paese dai tempi biblici dei procedimenti.
Non possiamo tacere che anche i quasi 4 milioni di processi penali hanno tempi lunghissimi e non europei. Ma ancora nessuno ha pensato di mettere mano alla procedura penale per tagliare tanti passaggi che accorcerebbero i tempi.
Non è giusto che un cittadino debba attendere anni per sapere se la giustizia lo ritenga colpevole o innocente. In quest’ultimo caso, non c’è risarcimento che tenga, né mediatico né economico, perché le macchie delle inchieste, quando sono ingiuste, rimangono comunque nella memoria dell’opinione pubblica.
 
Mario Barbuto è stato presidente del Tribunale di Torino e lì ha applicato il suo metodo, che ha tagliato i tempi del processo penale e del processo civile. Nel primo, le ragioni di concludere presto stanno nel contrastare il processo mediatico che riporta soltanto le ragioni dell’accusa, mai della difesa.
Un processo civile in città come Trento, Ferrara, Como o Bolzano dura al massimo cinquecento giorni. Nel Sud, il tempo è triplicato.
Nel Tribunale di Torino i fascicoli arretrati non erano più del 6%. Quel presidente fece una sorta di accordo con avvocati, magistrati, personale amministrativo e consulenti, ai quali erano concessi i tempi strettamente previsti e non un giorno di più. Dopo resistenze varie, tutti si sono adeguati al metodo Barbuto, che è diventato un esempio per tutti i Tribunali italiani.
Ora Barbuto è stato chiamato a dirigere il Dipartimento Organizzazione giudiziaria del ministero di Giustizia. Gli auguriamo di trasferire in tutti i Tribunali l’organizzazione che ha realizzato a Torino.

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017