Lavoro, la Regione dimentica i giovani - QdS

Lavoro, la Regione dimentica i giovani

Michele Giuliano

Lavoro, la Regione dimentica i giovani

sabato 02 Dicembre 2017

In Sicilia i lavoratori più vecchi d’Europa mentre restano al palo 4 misure per gli “under”, da finanziare con i fondi Ue. Formazione ferma da due anni e mezzo e disoccupazione tra 15-24enni al 57,2%

I giovani continuano ad avere poche possibilità sul territorio siciliano. E di certo la politica sino ad oggi non li ha mai aiutati. Non solo sono costretti a restare a casa, a non fare nulla, senza un lavoro e neanche una valida opportunità formativa, ma oltretutto devono pure sorbirsi la lentezza (o inadeguatezza) della burocrazia e delle istituzioni. In Sicilia c’è anche e soprattutto questo. Non a caso i siciliani sono i lavoratori più anziani d’Europa. Stiamo parlando di un’età media di 44 anni, due anni in più rispetto a quella europea. E sempre non a caso in Sicilia i giovani disoccupati tra i 15 ed i 24 anni sono al 57,2% (dati Eurostat, ndr). Un baratro nero, se si pensa che in Europa ci sono regioni (in Germania e Nord Europa) in cui il livello di disoccupazione per la stessa categoria si ferma al 4,2%.
 
Partendo dal dato dei lavoratori “vecchi” frutto di un’indagine statistica della Cgia di Mestre si può dire di tutto e di più. L’associazione di categoria rileva anche come, negli ultimi 20 anni l’età media dei lavoratori è salita di 5 anni, un incremento che in nessun altro Paese europeo è stato così rilevante. È una situazione che purtroppo è possibile generalizzare a tutto lo stivale, quindi non solo confinata alla Sicilia.
 
A seguito del calo demografico, dell’allungamento dell’età media e di quella lavorativa, in Italia si contano nei luoghi di lavoro pochissimi giovani e molti over 50. Se, infatti, nel nostro Paese l’incidenza dei giovani (15-29 anni) sul totale degli occupati è pari al 12%, in Spagna è al 13,2, in Francia al 18,6, in Germania al 19,5 e nel Regno Unito al 23,7%.
 
A livello regionale la stima dell’età media degli occupati più alta si riscontra in Liguria (45,4%), in Sardegna (45,3) e in Calabria (44,7). Le regioni che, almeno a livello nazionale, risentono meno del progressivo invecchiamento della popolazione lavorativa sono il Veneto, la Lombardia (entrambe con 43,5) e il Trentino Alto Adige (43,2).
 
Tutto ciò non può essere solo il frutto di una crisi stagnante ma anche della responsabilità di una politica speso miope che in Sicilia ha pensato nei decenni a fare clientela e a non investire. Basti pensare ad esempio alla formazione professionale i cui corsi tradizionali sono fermi oramai da due anni e mezzo: nel precedente decennio sono stati spesi 2,5 miliardi di euro senza però cambiare una sola virgola rispetto al drammatico tema della disoccupazione giovanile.
 
Un vero paradosso se si pensa che questi corsi dovevano servire soprattutto ai giovani non scolarizzati per trovare una collocazione nel mondo del lavoro. Invece il lavoro lo hanno trovato i circa 10 mila tra formatori e addetti a fantomatici sportelli multifunzionali nati per supportare i centri per l’impiego per orientare il giovane disoccupato (e non solo).
 
Ma il male non è certamente solo la formazione. Un disastro si riscontra anche sul fronte della spesa dei fondi europei e in questo caso proprio per l’occupazione giovanile ci sarebbero una cascata di fondi mai utilizzati.
Primo esempio il contratto di ricollocazione pari a 15 milioni di euro, che prevede percorsi formativi personalizzati sia per l’accesso al lavoro dipendente sia per coloro i quali intendono aprire una nuova attività.
 
La Regione ha emanato gli avvisi ma di fatto non è mai partito nulla. Altra nota dolente la misura relativa al “Primo insediamento dei giovani in agricoltura”: in ballo 40 milioni tutt’ora non spesi perché non ci sono neanche le graduatorie degli aventi diritto. Senza dimenticare “Resto al Sud”, fondi questa volta dello Stato per gli under 35 delle regioni Sicilia, Campania, Molise, Puglia, Abruzzo, Basilicata, Calabria, Sardegna. Anche qui tanti soldi, ben 280 mln, ma non ancora utilizzati.
 
C’è inoltre la versione “2” di Garanzia giovani, altra misura nata per l’occupazione giovanile tra autoimprenditorialità e tirocini: in questo caso il governo nazionale deve ancora ripartire i fondi destinati alle Regioni.
 
“Serve una calendarizzazione precisa di tutti i bandi che sono in fase di attuazione – è il rilievo mosso dall’esperto in spesa di fondi europei, oltre che sindaco di Balestrate, Comune del palermitano, Vito Rizzo – in modo da permettere ad imprese e giovani di poter partire in tempo e farsi trovare preparati. Almeno non si perde dell’altro tempo per altri adempimenti burocratici. Questo può anche aiutare la Regione stessa ad evitare certe incongruenze, come già accaduto, e i blocchi di bandi e avvisi”.
 

 
Lavoratori più esperti: una magra consolazione
 
“Con pochi giovani e tante persone di una certa età ancora presenti nei luoghi di lavoro le nostre maestranze possono contare su una grande esperienza ed un’elevata professionalità”. Con questa frase il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo si vuole sforzare a vedere il bicchiere mezzo pieno. Ma davvero è difficile poter vedere anche un solo spiraglio positivo in questo contesto di “lavoratori vecchi”. Accanto a questo fattore positivo delle imprese che possono contare su lavoratori di una certa esperienza sicuramente stanno tuttavia riemergendo una serie di problemi che si credevano definitivamente superati. In primo luogo, sono tornati a crescere, soprattutto nei mestieri più pesanti e pericolosi, gli incidenti e la diffusione delle malattie professionali. In secondo luogo, il numero di attività caratterizzato da mansioni di routine è molto superiore al dato medio europeo.
“Con l’avvento dei nuovi processi di automazione e di robotica industriale – dicono dalla Cgia – rischiamo una riduzione di un’ampia fetta di lavoratori di una certa età con un livello di scolarizzazione medio-basso che, successivamente, sarà difficile reinserire nel mercato del lavoro”.
La diminuzione della presenza degli under 30 nei luoghi di lavoro è un fenomeno che è in atto da parecchi anni. Tra il 1996 e il 2016, nonostante il numero complessivo dei lavoratori occupati in Italia sia aumentato, i giovani presenti negli uffici o in fabbrica sono diminuiti di quasi 1.860.000: in termini percentuali nella fascia di età 15-29 anni la variazione è stata pari al -40,5%, contro una media dei principali Paesi Ue del -9,3 %. Sempre in questo arco temporale, tra gli over 50 gli occupati sono aumentati di oltre 3.600.000 unità, facendo incrementare questa fascia di lavoratori dell’89,8 %.
 

 
Musumeci, grana giovani e fondi europei non spesi
 
Sono sicuramente tante le emergenze che il nuovo governo regionale dovrà affrontare. Di certo tra quelle più importanti ne figurano proprio due e sono la disoccupazione giovanile e generale, ma anche il problema dei fondi europei non spesi e delle difficoltà degli uffici della Regione. I due problemi sono anche strettamente connessi ma già Musumeci ha avuto parole benevole nei confronti dei giovani: “è proprio per i giovani che ho deciso di condurre questa campagna elettorale – ha evidenziato -. Per quei giovani che stanno convivendo con la precarietà e la povertà, ritenendola normale. Vivo ogni giorno l’angoscia dei giovani, non avendo mai voluto sistemare i miei figli. I miei figli sono tutti precari, ma sanno che prima di aiutare loro devo aiutare i figli degli altri, perché chi fa politica appartiene alla comunità”.
I sindacati sono i primi a chiedere immediate risposte sotto questo aspetto: “Abbiamo già sottoposto alcune delle nostre richieste al nuovo governatore durante la campagna elettorale sui temi del lavoro e dello sviluppo, secondo noi prioritari – ha evidenziato il segretario regionale della Cgil Sicilia Michele Pagliaro -. Credo che la Sicilia debba trovare anche la possibilità di dotarsi di strumenti straordinari per affrontare un’emergenza del genere, dove si sono concentrati tanti effetti negativi, un po’ determinati da riforme nazionali come il Jobs act, un po’ causati dal contesto regionale fatto di lavoro nero, grigio, illegalità e sfruttamento di ogni tipo”.
Nell’ultima relazione della Corte dei conti si conferma poi il problema della spesa dei fondi europei e questo sarà un altro fronte su cui Musumeci dovrà impegnarsi: circa il 6% di essi tornano a Bruxelles perché i relativi progetti non vengono completati nei tempi previsti.

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