Lavoro produttivo, lavoro assistenziale - QdS

Lavoro produttivo, lavoro assistenziale

Carlo Alberto Tregua

Lavoro produttivo, lavoro assistenziale

mercoledì 06 Dicembre 2017

Basta pensioni, serve il merito

La Cgil ha manifestato sabato 2 dicembre, chiedendo due fatti fra di loro in contraddizione: da un canto, il lavoro, cioè le occasioni di lavoro, e per contro l’estensione della platea dei pensionati e il blocco dell’età in cui andare in pensione, per effetto della prolungata attesa di vita di cinque mesi.
Perché i due fatti sono in contraddizione? Perché la spesa previdenziale è un’uscita che non provoca nuovo lavoro, ma appesantisce le casse dello Stato. Si dirà che quando esce un pensionato, entra un nuovo lavoratore. Può essere vero, oppure no. In ogni caso, la sostituzione di un pensionato con un neofita non fa aumentare la massa degli occupati, che ad oggi è di circa 23 milioni, di cui oltre quattro nel pubblico impiego e nelle partecipate pubbliche.
Ulteriore obiezione al blocco delle pensioni è che comunque la spesa che va in questi assegni si dovrebbe riversare nei consumi. Ma costoro dimenticano che la spesa per pensioni, al massimo, muove una cifra uguale, cioè una a una.
 
È anche noto che la spesa per investimenti e per l’apertura di cantieri di opere pubbliche muove una leva da cinque a dieci. Per ogni euro investito, si muovono cinque euro.
Dunque, è chiara la convenienza per Stato e Comuni di destinare agli investimenti il più possibile delle uscite. Ma i governi di questi ultimi dieci anni hanno fatto esattamente il contrario: hanno tagliato gli investimenti e aumentato la spesa corrente, qualche volta utilmente ma spesso distribuendo prebende e mance, a destra e a sinistra.
Al ragionamento che precede bisogna aggiungere l’osservazione che quasi tutto il lavoro del settore pubblico è di tipo assistenziale perché non vi è alcun rapporto tra la spesa e i servizi prodotti. Meno che mai, vi sono misuratori della qualità della spesa. La quale spesso è considerata come un ammortizzatore sociale, con la conseguenza che non produce alcuna crescita.
Dai servizi radio e televisivi, quando vengono interrogati i dipendenti, continuiamo a sentire il richiamo alla dignità del lavoro, ma nessuno degli intervistati collega la dignità al merito. Quest’ultimo è la vera dignità del lavoro.
 
Continuare a chiedere di allargare i cordoni della spesa pubblica, che è contrario agli interessi della collettività, è un brutto vizio dei sinistrorsi ideologizzati, i quali non hanno a cuore l’interesse generale, bensì di tutelare i loro parrocchiani.
Cosicché le difficoltà del Paese aumentano in quanto la carenza di investimenti pubblici, soprattutto nelle infrastrutture, lo mette in condizione di scarsa competitività con i primi della classe europei, tra cui Germania, Francia e Spagna, cui si è aggiunta la derelitta Grecia, che però ha visto crescere nell’ultimo periodo il proprio prodotto interno lordo del 2,5% contro l’1,5 dell’Italia.
Occorre che il Cipe deliberi le spese per grandi infrastrutture: c’è bisogno soprattutto nel Sud di aprire migliaia di cantieri che assorbirebbero centinaia di migliaia di lavoratori.
Perfino indebitarsi può essere utile se le risorse vengono destinate agli investimenti. Insomma, il morente governo Gentiloni, ormai agli sgoccioli, può avere il colpo di reni e, in questi ultimi mesi, attivare opere pubbliche al Sud per diminuire la forbice con il Nord.
 
Ultimamente, mi sono recato a Sion, che è la capitale dello Stato-Cantone vallese (Quenton du Valês). Ho visto circolare, in quella piccola città della Svizzera i bus elettrici senza conducente, guidati dal Gps. Un piccolo segno di una Confederazione che della innovazione fa uno dei suoi punti principali, affiancati dalla costruzione di infrastrutture. L’ultima, gigantesca, è il traforo del Gottardo di ben 57 km, che di fatto collega il Nord Italia con il Sud della Germania.
Mentre nel Belpaese vi sono da sostituire oltre 50 mila bus altamente inquinanti e obsoleti con venti o trent’anni di carriera, le officine delle aziende municipali di trasporto sono piene di carcasse di bus inutilizzabili, che tornano utili solo per i pezzi di ricambio.
La Cassa depositi e prestiti mette a disposizione mutui trentennali per sostituire questo parco di bus e aprire cantieri. Ma i Comuni non attingono. Utilizzare i soldi che ci sono crea nuovo lavoro produttivo, non quello assistenziale, inutile allo sviluppo.

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