Mattarella, realismo e appello a concretezza - QdS

Mattarella, realismo e appello a concretezza

Carlo Alberto Tregua

Mattarella, realismo e appello a concretezza

giovedì 04 Gennaio 2018

Un discorso semplice e scorrevole

Nel suo terzo discorso da Capo dello Stato, Sergio Mattarella, si è rivolto agli italiani a reti unificate da radio e televisioni per una ventina di minuti.
Il tono, com’è sua abitudine, è stato sobrio, semplice e scorrevole. Ha fatto il richiamo al centenario della vittoria del 1918 per esaltare l’Amor Patrio e ricordare quanti giovani, soprattutto del Sud, persero la vita in quella guerra.
Venendo ai nostri giorni, con riferimento alla campagna elettorale, ha richiamato la classe politica al suo dovere di parlare con concretezza evitando roboanti promesse che poi regolarmente non saranno mantenute.
Nel suo modo di dialogare molto soft, questo richiamo deve essere considerato piuttosto forte, anche perché sottintende una certa mediocrità di politici che parlano ai cittadini, per cercare di colpirne l’attenzione facendo vedere scenari e prospettive del tutto irrealizzabili.
 
Il richiamo al realismo di Mattarella si è ripetuto diverse volte, perché i cittadini italiani non hanno bisogno di promesse ma di persone che andranno a ricoprire incarichi istituzionali possibilmente onesti e soprattutto capaci.
Mattarella ha ribadito che non era suo compito entrare nel merito della questione, ovviamente. Se lo avesse fatto, sarebbe stato accusato da questo o da quello, di fare politica attiva. Ed è proprio l’ultima cosa che il Presidente avrebbe voluto che accadesse.
Non tocca a noi interpretare il suo retropensiero. Tuttavia, incrociando i diversi argomenti si può dedurre che le prossime elezioni non disegneranno uno scenario utile all’avanzamento socio-economico del nostro Paese.
Non sembri arbitraria questa nostra interpretazione, ma abbiamo ritenuto di cogliere la preoccupazione del Capo dello Stato di fronte ad una situazione politica incerta, conseguente ad una legge elettorale disastrosa, pur se frutto dell’unico compromesso possibile fra i tre poli.
Ed è proprio questo il vulnus dello scenario politico italiano: l’incertezza di ciò che accadrà dopo il 4 marzo, contrariamente a quello che è accaduto in Francia, quando la sera del 7 maggio 2017 il popolo seppe che Emmanuel Macron aveva vinto senza dubbio le elezioni e avrebbe guidato il Paese per cinque anni.
 
Il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica ha l’obiettivo di fare un consuntivo dell’anno che si conclude ed un preventivo di quello che verrà. Sono stati sottolineati alcuni elementi positivi, anche se non completamente positivi come potevano essere e come è stato per altre nazioni.
Ed è stata inoltre tracciata la linea del 2018 che parte, appunto, dall’incertezza delle elezioni del 4 marzo.
Nessun accenno il Presidente ha fatto a ciò che accadrà dopo. è a tutti evidente che l’attuale governo presieduto da Paolo Gentiloni Silveri è nella pienezza dei suoi poteri e con molta probabilità vi resterà anche dopo le elezioni, perché verosimilmente nessuno dei tre poli avrà la maggioranza.
La conseguenza sarà un periodo di fibrillazione, quasi obbligatoriamente una nuova legge elettorale maggioritaria, magari ripescando il Mattarellum e, quindi, nuove elezioni in ottobre o a marzo 2019.
 
L’ammonimento a non sparare promesse non era rivolto a questo o a quel partito. Noi cogliamo, però, che la promessa di Berlusconi di portare la pensione a mille euro al mese a tutti è fuori dalla realtà, come è fuori dalla realtà è il reddito di cittadinanza lanciato dal M5s.
Non solo queste promesse sono irrealizzabili perché non ci sono i miliardi necessari, ma anche se vi fossero, sarebbe scriteriato continuare a distribuire mance a destra e a manca anziché destinare il massimo delle risorse disponibili ad investimenti pubblici e privati, che sono gli unici a creare lavoro vero e produttivo.
Il Pd, come terzo polo e maggioritario uscente, non brilla per coerenza e neanche per le indicazioni di prospettiva. Va però dato atto di aver realizzato alcune buone riforme, tra cui quelle delle unioni civili e fine vita, ma è caduto sulla riforma della Pa fatta da una legge delega e ben dodici decreti legislativi che non hanno riformato nulla e non hanno introdotto i valori etici di merito e responsabilità. Il Pd ha commesso anche il peccato di aver distribuito a pioggia l’aumento a tutti i dipendenti pubblici.
Fra i tre poli, non si sa quale scegliere. Per questo, Mattarella ha richiamato tutti alla realtà.

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