Decapitati i vertici di Cosa nostra agrigentina - QdS

Decapitati i vertici di Cosa nostra agrigentina

redazione

Decapitati i vertici di Cosa nostra agrigentina

martedì 23 Gennaio 2018

In manette il sindaco di San Biagio Platani. Blitz dei Carabinieri ordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo

AGRIGENTO – Terra bruciata attorno al boss latitante Matteo Messina Denaro, con l’operazione chiamata “Montagna” i Carabinieri del Comando provinciale di Agrigento hanno eseguito 57 ordinanze di custodia cautelare emesse nei confronti dei vertici dei mandamenti e delle famiglie mafiose di Cosa nostra agrigentina. Disarticolati, con un blitz ordinato dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo, i vertici di due mandamenti, quello di Santa Elisabetta e Sciacca, nonché sedici famiglie mafiose della provincia.
 
Tra gli arrestati, per concorso esterno in associazione mafiosa, anche il sindaco di San Biagio Platani, Santino Sabella. Documentati stretti collegamenti con i vertici delle cosche di quasi tutta la Sicilia e con le ‘Ndrine calabresi. Accertate anche estorsioni ai danni di 27 aziende e un fiorente traffico di droga. Il pizzo veniva preteso anche dalle cooperative per la gestione degli immigrati richiedenti asilo. Le società sequestrate sono sette, tutte riconducibili agli arrestati.
 
Il blitz è scattato intorno alle 3 della scorsa notte. Mentre un elicottero vigilava dall’alto, facendo rapidamente la spola tra Agrigento, Favara, Sciacca e il Monte Cammarata, 400 militari, più i Carabinieri dello squadrone eliportato cacciatori Sicilia e unità cinofile per la ricerca di droga ed esplosivi, hanno fatto simultaneamente irruzione in ville, appartamenti, case di campagna e casolari. In pochi minuti, sono scattate le manette ai polsi di 57 indagati. Quasi tutta la Sicilia interessata dall’operazione, pressoché l’intera provincia di Agrigento, ma anche importanti centri alle porte di Palermo, Catania, Enna e Ragusa.
 
Le accuse sono, a vario titolo, di associazione mafiosa armata, finalizzata alle estorsioni, al traffico e spaccio di droga. Vengono anche contestati l’intestazione fittizia di beni aggravata, lo scambio elettorale politico-mafioso, il concorso esterno in associazione mafiosa e il favoreggiamento aggravato a Cosa nostra.
 
La vasta operazione è il frutto di una complessa e prolungata indagine dei Carabinieri iniziata a fine 2013. È stata svolta con le più sofisticate tecnologie di intercettazione telefonica e ambientale, con sistemi di localizzazione satellitare e, soprattutto, con una instancabile attività di indagine vecchio stile, fatta di pedinamenti e servizi di osservazione, possibili solo grazie alla capillarità delle numerose stazioni Carabinieri disseminate in tutta l’area montana della provincia. Gli investigatori ritengono che, in un colpo solo, sia stato decapitato il vertice di Cosa Nostra agrigentina.
 
Le indagini hanno fatto luce sugli assetti organizzativi e gestionali dei mandamenti mafiosi di Sciacca e di Santa Elisabetta. Ma hanno anche documentato l’esistenza di un nuovo mandamento, quello della “Montagna”, da cui, tra l’altro, prende il nome l’operazione. Il nuovo mandamento è risultato essere il frutto di una scelta fatta nel 2014 da Francesco Fragapane, 37 anni, figlio di Salvatore, quest’ultimo già capo provincia di Cosa nostra agrigentina e da sempre in strettissimi rapporti con Totò Riina. Il rampante erede, poco prima di essere arrestato, avrebbe messo il mandamento di Santa Elisabetta nelle mani del 78enne Giuseppe Luciano Spoto, capo famiglia di Bivona, annettendo di fatto tutte le compiacenti famiglie mafiose dell’area montana agrigentina.
 
Le telecamere dei Carabinieri hanno registrato incontri e riunioni segrete, evidenziando la completa e attuale interconnessione tra i capi mandamento, i boss delle famiglie mafiose di quasi tutte le province siciliane e persino esponenti delle ‘Ndrine calabresi. Emblematica è l’intercettazione captata durante un summit, nella quale i boss dicono: “La provincia di Agrigento è più seria, di palermitani ce n’era una decina affidabili, non ci sono più. Io posso arrivare a Corleone che sono ancora persone con la testa sulle spalle. Persone che ti dicono una cosa ed è una cosa”.
 
Gli investigatori hanno poi svelato una fitta rete di estorsioni. Sono state infatti documentate richieste di pizzo ai danni di 27 società appaltatrici di opere pubbliche di ingente valore. In dieci casi, la “messa a posto” è andata a buon fine. La pretesa andava dai 2 mila ai 20 mila euro. Per realizzarle, gli indagati hanno posto in essere i più disparati atti intimidatori, fino ad arrivare all’incendio doloso di diverse macchine operatrici. Le ditte prese di mira sono soprattutto quelle del settore edile e del movimento terra e vengono dalle province di Agrigento, Palermo, Caltanissetta, Messina, Enna e Ragusa. Due dei tentativi di estorsione sono stati fatti addirittura ai danni di altrettante cooperative agrigentine impegnate nella gestione dei servizi di accoglienza per immigrati richiedenti asilo, nei confronti dei cui amministratori veniva pretesa, da un lato, l’assunzione di soggetti vicini all’associazione mafiosa e, dall’altro, una percentuale per ogni ospite.
 
Arrestato nell’operazione, come detto, anche il sindaco di San Biagio Platani, Santino Sabella, sospettato di avere preso accordi, in occasione delle elezioni amministrative del maggio 2014, con i vertici della famiglia mafiosa del posto per concordare le candidature, sia a sostegno, sia contrapposte. Inoltre è accusato di aver garantito all’organizzazione agevolazioni nella gestione degli appalti pubblici banditi dal Comune. Arrestato anche il marito di una consigliera comunale di Cammarata: l’accusa è quella di voto di scambio politico-mafioso. L’uomo è ritenuto responsabile di aver chiesto con successo, in cambio della promessa di future utilità, l’appoggio elettorale del boss mafioso del posto alle consultazioni amministrative del 2015.
 
La Dda, inoltre, ipotizzando gli estremi della intestazione fittizia di beni al fine di eludere l’applicazione della normativa in materia di prevenzione patrimoniale, ha disposto il sequestro preventivo, per un valore di circa 1 milione di euro, di sette società operanti nei settori edili e del movimento terra, nonché delle scommesse e della distribuzione delle slot machines.

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