Sulle elezioni si agita lo spettro Bolkestein - QdS

Sulle elezioni si agita lo spettro Bolkestein

Rosario Battiato

Sulle elezioni si agita lo spettro Bolkestein

sabato 03 Marzo 2018

L’ultima legge di Bilancio ha rinviato la scadenza delle concessioni al 2020, ma la tensione tra gli imprenditori resta alta. La direttiva Ue punta a liberalizzare alcuni servizi tra cui le concessioni balneari

PALERMO – Una controversia lunga e spinosa che continua a essere prorogata, lasciando l’intero settore, incluse le amministrazioni locali, in un limbo di incertezza, da Nord a Sud. Il termine ultimo per il rinnovo delle scadenze delle concessioni demaniali è stato prorogato fino al 2020, da quel momento in poi, almeno teoricamente, dovrebbe entrare in vigore la temuta direttiva Bolkestein. Il caso tocca da vicino anche la Sicilia.
 
Cominciamo dall’inizio. La direttiva Bolkestein, che porta il nome dell’ex commissario olandese per la Concorrenza e il mercato interno che faceva parte della Commissione Prodi, venne definita e approvata tra il 2004 e il 2006, e prevede, in termini molto semplici, il libero mercato dei servizi. Recepita in Italia nel 2010, all’epoca era premier Silvio Berlusconi, stabilisce la libera circolazione dei servizi e l’abbattimento delle barriere tra i i vari Paesi dell’Ue.
 
La direttiva è lunga e complessa, ma il punto nodale della vicenda riguarda il rinnovo delle licenze degli ambulanti e soprattutto le concessioni dei balneari che, secondo la norma comunitaria, dovrebbero finire all’asta sulla base di un meccanismo da approfondire in dettaglio. Un sovvertimento della consuetudine che di fatto ha sempre proceduto sulla base di una sorta di rinnovo automatico. Su questo principio si sono avviati anche gli investimenti di molti imprenditori nel corso degli anni.

L’Italia ha scelto la consueta via della proroga per evitare che una situazione potenzialmente esplosiva – sono circa 30 mila le imprese balneari del Paese – deflagrasse con conseguenze impreviste anche sulle elezioni di domenica. E così anche la scorsa legge di Bilancio ci ha messo una pezza con l’emendamento presentato dal Partito Democratico e approvato in commissione Bilancio della Camera e quindi presente nella versione pubblicata in Gurs della legge. Si tratta del comma 1180 che fissa l’ultima proroga: “al fine di garantire che le procedure per l’assegnazione delle concessioni di commercio su aree pubbliche siano realizzate in un contesto temporale e regolatorio omogeneo, il termine delle concessioni in essere alla data di entrata in vigore della presente disposizione e con scadenza anteriore al 31 dicembre 2020 è prorogato fino a tale data”.

Una soluzione che non ha trovato grande apprezzamento tra gli addetti al settore. Alla fine di febbraio, nel corso di Balnearia 2018, l’assemblea nazionale di Cna Balneatori, la portavoce nazionale, Sabina Cardinali, ha rivolto un “accorato appello alla politica – si legge nel comunicato – affinché si faccia carico di risolvere finalmente la questione balneare italiana scongiurando aste e procedure comparative per le attuali concessioni”. È stato Cristiano Tomei, coordinatore nazionale, a ribadire la posizione della Cna che chiede di confermare il principio del “legittimo affidamento e la continuità aziendale, ripristinando il meccanismo già previsto di rinnovo delle concessioni demaniali marittime, e l’attuazione del cosiddetto ‘doppio binario’ al fine implementare nuove concessioni su aree ancora assegnabili per nuove iniziative imprenditoriali”. Lo scorso gennaio, lo studio “Italian state beach concessions and directive 2006/123/EC in the european context”, avviato su richiesta del Comitato europeo sulle petizioni dell’Europarlamento, aveva precisato che la nuova disciplina delle concessioni balneari dovrà essere rispettosa degli attuali gestori in quanto c’è ancora disponibilità di litorali non ancora assegnati.
 
La questione è nazionale, ma assume particolari declinazioni anche a livello siciliano, dove il comparto del mare è determinante per gli equilibri dell’economia isolana. Nel V Rapporto sull’Economia del Mare, pubblicato nel 2016 da Unioncamere, in Sicilia l’incidenza delle imprese dell’economia del mare sul totale dell’economia della regione vale il 4,6% del totale, una statistica che in valore assoluto si traduce in 20.755 aziende che operano all’interno del comparto (non solo balneari).
 
Il futuro resta incerto e la questione complicata, perché si affrontano ragioni e posizioni assai diverse: dalla necessità dei comuni di pianificare la gestione del litorale, anche attraverso adeguati strumenti come il piano spiagge, alla posizione dei cosiddetti “lidi fortezza”, impegnati a mantenere uno status acquisito nel corso dei decenni.

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