Governo, chiamare Monti o Cottarelli - QdS

Governo, chiamare Monti o Cottarelli

Carlo Alberto Tregua

Governo, chiamare Monti o Cottarelli

venerdì 30 Marzo 2018

Debito +350 mld (2011-2017)

La disoccupazione media al 31 dicembre 2017 si è attestata all’11,2%, ma nasconde la verità e cioè che in Lombardia si trova al 6,2%, in Sicilia al 21,4%, cioè tre volte in più.
Si tratta del disastro sociale la cui intera responsabilità ricade su governi e maggioranze del Sud del Paese degli ultimi trent’anni.
Al netto squilibrio tra Nord e Sud vi è una spiegazione che pian piano si fa strada nella mente degli italiani: mentre il Nord cammina con le proprie gambe, ha una circolazione monetaria alta e il valore aggiunto è di livello europeo, al Sud i parametri sono rovesciati.
La responsabilità di questo squilibrio, che in primis ricade sulla classe politica, nella sostanza però è di quella burocratica perché proprio nel Mezzogiorno c’è più bisogno dei servizi pubblici.
La loro carenza impedisce il buon funzionamento dell’economia e quindi della crescita, con le conseguenze che sappiamo.
 
La Pubblica amministrazione italiana è scadente per qualità e produttività, ma quella meridionale lo è ancora di più perché infarcita di personale entrato senza concorso (in violazione dell’articolo 97 della Costituzione) con le credenziali della raccomandazione politica.
Cosicché essa, nel suo complesso, non riesce a dare i servizi di necessaria qualità ed in tempi europei. Tutti i cittadini sono fortemente penalizzati da questo stato dei fatti incontrovertibile. Fra essi, quelli più penalizzati sono i bisognosi, i poveri, coloro che non hanno risorse per affrontare i problemi che incombono sulle loro teste.
La riforma Madia (L. 124/2015) e la dozzina di decreti legislativi non costituiscono una riforma, ma acqua fresca in uno scenario gelido. Anche per questo strano fatto vi è una risposta: tale riforma è stata scritta sostanzialmente da burocrati, i quali non hanno seguito le direttive della classe politica, sia perché esse erano incompetenti e sia perché per cambiare, veramente e sostanzialmente, la burocrazia ci vogliono politici dotati di attributi mentali di grande spessore, competenza, autorevolezza e nessuno scheletro negli armadi. Così non è.
 
Da martedì 3 aprile il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, comincerà le consultazioni. Nonostante l’amore scoppiato fra Di Maio e Salvini, immortalato in un murales a Roma, non sappiamo se riusciranno a comporre un Governo, date le grandi differenze dei loro programmi, propinati agli italiani in campagna elettorale.
Tuttavia non è escluso che trovino un accordo, smussando le asperità e le loro promesse vociate, e venendosi incontro reciprocamente: tutto ovviamente con l’approvazione di Silvio Berlusconi, che ha tutto l’interesse di non ritornare alle urne.
Non sappiamo se l’idillio sboccerà in un matrimonio. Se così non fosse, ultima ratio, al Capo dello Stato, prima di sciogliere le Camere, potrebbe venire l’idea di formare un Governo di tutti, richiamando Mario Monti o affidando l’incarico a Carlo Cottarelli, perché comunque bisogna affrontare la manovra correttiva da cinque miliardi e impostare entro il prossimo ottobre la Legge di stabilità 2019, da inviare all’Ue entro fine mese.
 
Questa sembra un’idea balzana, ma solo col concorso di tutti e con un Governo tecnico sarebbe possibile formulare anche una nuova legge elettorale, condizione indispensabile per ritornare al voto.
Non sembra, infatti, accettabile che si ricominci da capo una dannosissima campagna elettorale con le stesse regole per ottenere un risultato replica.
I commenti a questa situazione politica, peraltro analoga a quella greca di qualche anno fa e all’altra spagnola, in cui è in carica un Governo di minoranza, sono sfornati ogni giorno in grande quantità, anche perché non si intravedono segnali di evoluzione in qualunque direzione.
Cosicché l’incertezza della situazione politica potrebbe trasformarsi drammaticamente nell’incertezza di quella finanziaria ed economica, mentre è urgente gestire i conti pubblici in modo che l’avanzo primario (entrate meno uscite, al netto di interessi) passi dal 2 al 4%.
Intanto, il Debito è aumentato di 350 miliardi in sei anni, mentre bisognerà trovare le risorse per coprire 30 miliardi (fra Iva e deficit) del 2019.

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