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Mafia: blitz contro fiancheggiatori Messina Denaro

redazione

Mafia: blitz contro fiancheggiatori Messina Denaro

martedì 05 Giugno 2018

Dall'alba perquisizioni della Polizia di Stato in provincia di Trapani disposte dalla Dda di Palermo. Diciassette gli indagati. Centocinquanta gli uomini impiegati nell'operazione. Nell'aprile scorso evitata una guerra di mafia

Blitz della Polizia contro la rete di fiancheggiatori che protegge la latitanza del boss Matteo Messina Denaro: dall’alba sono in corso perquisizioni disposte dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo in diversi comuni della provincia di Trapani.
 
Complessivamente sono diciassette gli indagati nella nuova inchiesta.
 

 
Le perquisizioni sono scattate a Castelvetrano, Mazara del Vallo, Partanna, Santa Ninfa, Salaparuta e Campobello di Mazara nei confronti di soggetti che nel corso degli anni sono stati arrestati per associazione mafiosa o che hanno avuto collegamenti con personaggi riconducibili a Cosa Nostra.
 
Tra i diciassette indagati anche persone che storicamente hanno avuto stretti rapporti con Messina Denaro.
 
Oltre 150 uomini del Servizio centrale operativo (Sco), delle squadre mobili di Trapani e Palermo e del Reparto prevenzione crimine stanno perquisendo abitazioni, terreni, attività commerciali e imprenditoriali – anche con strumenti in grado di individuare covi o bunker nascosti – con l’obiettivo di raccogliere ogni possibile elemento utile alla cattura del boss.
 
Il blitz arriva a poco più di un mese da un’altra indagine della Dda che ha portato in carcere 21 persone tra boss e gregari dei clan di Castelvetrano, Partanna e Mazara del Vallo.
 
In dicembre altri 30 presunti mafiosi erano finiti indagati dalla Dda sempre per aver favorito la latitanza di Messina Denaro.
 
Nell’aprile scorso un blitz aveva evitato che scoppiasse una nuova guerra di mafia tra i clan trapanesi e per questo la Dda di Palermo aveva disposto il fermo di 22 tra presunti boss e favoreggiatori del clan del latitante Matteo Messina Denaro.
 
In cella erano finiti anche alcuni familiari del capomafia di Castelvetrano.
 
I segnali che stava per approssimarsi una guerra di mafia erano stati diversi: il 6 luglio 2017 era stato ucciso Giuseppe Marcianò, genero del boss di Mazara del Vallo, Pino Burzotta ed esponente della "famiglia" di Campobello di Mazara. Il contesto in cui era maturato il delitto ricostruito dagli inquirenti aveva svelato una guerra in corso tra famiglia di Campobello di Mazara e quella di Castelvetrano.
 
"A partire dal 2015, – si legge nel provvedimento della Dda – si registra un lento progetto di espansione territoriale da parte della famiglia mafiosa di Campobello di Mazara, che ha riguardato anche il territorio di Castelvetrano, divenuto ‘vulnerabile’ a causa, per un verso, della mancanza su quel territorio di soggetti mafiosi di rango in libertà, e, per altro, dalla scelta di Messina Denaro che, nonostante gli arresti dei suoi uomini di fiducia e dei suoi più stretti familiari, non ha autorizzato omicidi e azioni violente, come invece auspicato da buona parte del popolo mafioso di quei territori".
Proprio Marcianò si era molto lamentato del comportamento del latitante.
 
"Da tale pericolosissimo contesto (certamente idoneo, come la tragica storia di Cosa nostra insegna, a scatenare reazioni cruente contrapposte, e quindi dare il via ad una lunga scia di sangue) – scrivono i pm – in uno col pericolo di fuga manifestato da alcuni indagati, si è imposta la necessità dell’adozione del fermo".

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