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Mafia: migranti e armi, 17 fermati a Palermo

redazione

Mafia: migranti e armi, 17 fermati a Palermo

lunedì 02 Luglio 2018

I Carabinieri hanno agito su disposizione della Dda. Scoperta un'organizzazione criminale legata a Cosa nostra e a gruppi vicini ad ambienti jihadisti che gestiva i viaggi sulla rotta balcanica. Vi facevano parte italiani, kosovari e macedoni. Tremila euro per passare il confine. Armi usate per attentati

I Carabinieri del Nucleo Informativo di Palermo hanno fermato, su disposizione della Dda, 17 persone accusate, a vario titolo, di associazione per delinquere transnazionale finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, al traffico di armi da guerra e al riciclaggio di diamanti, oro e denaro contante.
 
L’organizzazione criminale aveva rapporti con Cosa nostra, a cui vendeva armi, e col gruppo paramilitare albanese Nuovo UCK, legato ad ambienti jihadisti.
 
L’organizzazione gestiva i viaggi dei migranti sulla rotta balcanica.
 
Attraverso l’Italia, decine di persone, grazie alla banda, hanno cercato di raggiungere la Svizzera e il nord Europa.
 
La struttura criminale, che faceva capo ad indagati residenti a Palermo, ha sviluppato la sua operatività anche nelle provincie di Sondrio, Como, Pordenone e Siena, oltre che in Svizzera, Germania, Macedonia e Kosovo.
 
Gli investigatori hanno spiegato che a gestire, in cambio di denaro, il traffico di migranti provenienti dall’area balcanica, erano due gruppi criminali.
 
Uno aveva a capo alcuni kosovari, residenti sia in Italia sia in Svizzera, l’altro era composto da italiani e macedoni.
 
A capo dell’associazione di kosovari c’era Arben Rexhepi che reclutava i migranti da mandare, attraverso la rotta balcanica, verso l’Italia. I complici – Driton Rexhepi, Xhemshit Vershevci, Franco e Tiziano Moreno Mapelli, Ibraim Latifi e la sua compagna Jlenia Fele Arena – portavano in auto i profughi in Svizzera.
 
Grazie ai protocolli di cooperazione internazionale con la Polizia Cantonale Svizzera e grazie alla collaborazione con personale del Nucleo Informativo di Venezia, si sono documentati due distinti episodi di ingresso illegale di migranti in Italia nel 2017.
 
Per arrivare oltre confine si pagavano tremila euro a testa.
 
Arben Rexhepi, durante la guerra nei Balcani, faceva parte di un gruppo paramilitare dell’UCK albanese.
 
La seconda organizzazione criminale, gestita a Palermo da Fatmir Ljatifi e Giuseppe Giangrosso, reclutava cittadini slavi da far entrare in Italia con falsi contratti di lavoro.
 
Il pregiudicato Dario Vitellaro aveva trovato una società compiacente in grado di assumere fittiziamente gli stranieri per fare avere loro un permesso di soggiorno per motivi di lavoro.
 
Fatmir Ljatifi per gli inquirenti aveva la disponibilità di kalashnikov e bombe che avrebbe venduto anche a una cellula di combattenti del gruppo paramilitare "Nuovo UCK", protagonista nel 2015 di un attentato commesso nella cittadina macedone di Kumanovo.
 
L’inchiesta è stata coordinata dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi e dai pm Gery Ferrara e Giorgia Spiri.
 
Sette mesi fa Ljatifi è stato fermato dai carabinieri a Villabate di ritorno da un viaggio nel Kosovo.
 
Il materiale che gli venne sequestrato – cellulari e pc – ha portato gli inquirenti a scoprire un traffico di armi e al riciclaggio di diamanti e di soldi bottino di furti e rapine.
 
All’indagato sono stati sequestrati video dei diamanti commerciati, del denaro macchiato di inchiostro e delle armi commerciate all’estero.
 
Il 16 novembre 2016, il 27 settembre e il 20 ottobre 2017, inoltre, sono stati documentati tre incontri (due dei quali avvenuti all’outlet di Dittaino e uno a Palermo) fra Ljatifi, un altro fermato, Giuseppe Giangrosso, e un mafioso catanese indagato anche per rapina, traffico di stupefacenti e di armi. Il 16 novembre ai summit avrebbe partecipato anche il nipote del capomafia di Belpasso, Giuseppe Pulvirenti, detto "u malpassotu"
 
 
 
 
 

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