La crisi dei derivati, dieci anni di pene - QdS

La crisi dei derivati, dieci anni di pene

Carlo Alberto Tregua

La crisi dei derivati, dieci anni di pene

sabato 15 Settembre 2018

Italia, il Pil non ha recuperato

Era il 15 settembre del 2008 quando è scoppiata la crisi finanziaria negli Usa, esattamente 10 anni come oggi. Quel giorno la Lehman Brothers Holdings Inc., ha annunciato l’intenzione di avvalersi del Chapter 11 del Bankruptcy Code statunitense (una procedura che si attua in caso di fallimento) annunciando debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti obbligazionari per 155 miliardi e attività per un valore di 639 miliardi. Si tratta della più grande bancarotta nella storia degli Stati Uniti.
Il presidente degli Usa George W. Bush, decise di salvare tutte le banche eccetto la Lehman Brothers. A distanza di tanto tempo ancora non si è capita la logica di questa esclusione seppure sono state fatte tante supposizioni al riguardo.
Perché è successo questo evento, forse più catastrofico della crisi della Borsa americana del 1929? è successo perché nei decenni precedenti le banche americane, ma anche quelle degli altri Paesi, avevano cominciato a fare allegra finanzia puntando sui titoli subprime senza garanzie ma con alti rendimenti. Gli alti rendimenti allettavano gli allocchi che così hanno perso anche il capitale.
Del resto anche in Italia è capitato lo stesso con le quattro banche (Etruria, Marche, Chieti e Ferrara) e con la Banca popolare di Vicenza. Gli obbligazionisti e gli azionisti hanno perso quasi tutto.
 
Caso diverso è stato il Monte dei Paschi di Siena perché per non far saltare lo banca senese lo Stato è intervenuto con un’iniezione di 4 miliardi.
La crisi si è estesa a tutti i Paesi del mondo perché il dollaro ha ancora un ruolo guida nelle monete planetarie, con la conseguenza che i Paesi più deboli come l’Italia non hanno recuperato del tutto il Pil ante crisi.
Sono trascorsi 10 anni invano per la crescita sociale ed economica del mondo e solo ora si ricomincia a salire, anche se molti Paesi tra cui proprio gli Usa e la Germania hanno recuperato ampiamente il terreno perduto e sono in netta crescita rispetto al periodo ante crisi.
Che facevano le banche? Creavano titoli su altri titoli e man mano che i precedenti diventavano spazzatura venivano continuamente riciclati. Come dire che se c’è un cibo avariato ma viene mescolato con un cibo buono e ricucinato torna a nuova vita, ma intossica chi lo mangia.
 
Quando i titoli di ultima emissione hanno cominciato a perdere il proprio valore i fondi che li possedevano hanno dichiarato ai propri risparmiatori che non erano più nelle condizioni di rimborsare le quote, con la conseguenza che tutti i crediti andavano perduti.
Vi fu un’altra ragione importante del crollo finanziario delle banche “imprudenti”. Riguardava il mondo immobiliare. Tutti i proprietari che avevano acceso i mutui a tassi variabili non furono più in condizioni di pagare le rate con la conseguenza che gli immobili tornavano alle banche che avevano iscritto ipoteche.
Questi si sono trovati con crediti inesigibili nel presente e nel futuro e con un magazzino di immobili immenso, con il conseguente crollo dei prezzi che ancora oggi a distanza di dieci anni non hanno ripreso il valore ante crisi.
Per il disastro brevemente elencato vi sono state condanne di amministratori negli Stati Uniti, ma non ci risulta che altri amministratori di banche siano stati condannati, anche perché nel Paese Nordamericano la giustizia marcia rapida, nel nostro Paese tutti gli operatori di ogni parte fanno in modo di allungare i processi, per arrivare alla prescrizione o alla morte dei colpevoli.
 
La crisi del 2008 proviene da altri fatti verificatisi uno o due anni prima, perché le malattie si aggravano quando non si mette il rimedio.
Ci si chiede se tale crisi sia stata salutare nel senso di generare provvedimenti restrittivi. In Europa è stato prima statuito Basilea 2 e poi Basilea 3, cioè il bail-in e regolamenti di stretta sorveglianza della Bce su tutti gli amministratori delle banche degli Stati membri.
Alla luce di quanto precede si può affermare che una crisi come quella in esame non si dovrebbe verificare più, almeno per le stesse cause. Certo, può influenzare la fiducia dei risparmiatori il bilancio traballante di ogni nazione, fra cui la nostra, che con oltre il 130% del rapporto debito/Pil è la penultima in Europa.
In questo mese uscirà l’aggiornamento del Def e il prossimo, finalmente, vedrà la luce la Legge di Bilancio 2019. Il ministro del Mef, Giovanni Tria, è sulle barricate, attaccato pesantemente da SalviMaio. Saprà resistere la sua linea Maginot?

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