Il debito regionale impicca i siciliani - QdS

Il debito regionale impicca i siciliani

Raffaella Pessina

Il debito regionale impicca i siciliani

martedì 25 Settembre 2018

Bilancio ingessato dalla spesa corrente abnorme, rinegoziazione degli accordi con Roma ancora in alto mare. Intanto, su ciascun cittadino grava un macigno da 2.794 euro. Regione: tra disavanzo 2017 e debito, un rosso “spaventoso” da 14,2 miliardi di euro

Il debito della Regione Sicilia è da anni una spina nel fianco dell’amministrazione regionale e anche dei cittadini che si ritrovano a vivere in una regione tra le più povere d’Italia. Le pecche della gestione delle finanze regionali sono state evidenziate anche nella relazione della Corte dei Conti sul rendiconto della Regione siciliana dell’esercizio 2017.
 
“Al 31 dicembre 2017 – è scritto nella relazione – l’indebitamento, che ammonta complessivamente a 7,7 miliardi di euro, risulta tuttavia ancora elevato, con un incremento in raffronto al 2013 del 44,17 per cento. In tale arco temporale anche la spesa per servizio del debito è, peraltro, cresciuta di 8,5 punti percentuali, mentre la sola quota per interessi è lievitata di oltre il 24 per cento”. In pratica 8 miliardi di euro, di cui più di 5 miliardi sono mutui, 34 milioni solo gli interessi pagati nel 2016 su alcuni contratti “derivati” accesi nelle gestioni precedenti. Senza tenere conto del disavanzo. A gennaio di quest’anno il nuovo governo Musumeci che si era appena insediato ha incaricato 12 esperti per esaminare il bilancio della Regione da cui è emersa “l’operazione verità” da cui è emersa una Regione siciliana in condizioni finanziarie precarie, con un disavanzo da 5,9 miliardi coperto dalla precedente giunta con operazioni considerati “discutibili”, un indebitamento di oltre 8 miliardi accumulato negli ultimi vent’anni, 120 mln di debiti fuori bilancio, e un buco nel bilancio di 355 milioni. Insomma riuscire a fare il conto preciso di quanti soldi mancano alla Sicilia è proprio difficile ma siamo sull’ordine dei 14,2 miliardi di rosso.
 
 
Sull’indebitamento della Sicilia la Corte dei Conti ha dedicato un apposito capitolo in cui esprime ancora una volta il proprio parere negativo: “Particolarmente problematica, in sede istruttoria, è risultata la dimostrazione, da parte della Regione, del recupero delle quote di tutte le tipologie di disavanzo di amministrazione da ripianare alla data del 31.12.2017, a fronte degli appositi stanziamenti nel relativo bilancio di previsione – viene scritto nella relazione – Elementi di perplessità, a questo riguardo, sono scaturiti dal peggioramento del risultato di amministrazione rispetto all’esercizio precedente (da – 6.099,5 a – 6.289,4 milioni di euro), sintomatico di una gestione che non è stata in grado, attraverso la realizzazione di idonee economie, di riassorbire le quote stanziate nell’esercizio”. Sulle spalle dei siciliani gravano per ciascuno 1.574 euro di debito, che sale a 2.794 euro considerando la cifra totale.
 
Abbiamo intervistato il vice presidente della Regione e assessore all’Economia Gaetano Armao
 
Il destino dei conti della Regione dipende molto dal dialogo con Roma nell’ottica di una rinegoziazione degli accordi ma il governo nazionale sembra impegnato in tutt’altre faccende e di fatto questo non sembra giovare alla Sicilia. L’agognato dialogo è stato avviato?
“Sulla linea di bilancio è chiaro che la disponibilità di risorse può accelerare la capacità della Regione di risollevarsi. Con i conti che abbiamo trovato si può solo gestire una sopravvivenza finanziaria, mentre invece l’impegno è quello di spingere sulle opportunità della Sicilia, per liberare delle importanti risorse per rivitalizzare le autonomie locali ed in particolare i liberi consorzi che sono oramai alla paralisi a causa degli errori fatti nella scorsa legislatura con leggi una più sbagliata dell’altra, ma anche per il prelievo forzoso previsto dalla normativa nazionale che il precedente Governo ha supinamente accettato e che ha sottratto alle ex province 200 milioni di euro . Oggi i liberi consorzi e le città metropolitane hanno una situazione finanziaria difficile a causa di ciò e sono praticamente in fila per arrivare al default. Abbiamo iniziato i tavoli di trattativa e abbiamo iniziato il negoziato con il Ministro Stefani ad agosto, depositando sia la bozza di nuove norme di attuazione in materia di credito al risparmio che comprende complessivamente tutta una serie di misure, come la flessibilità che ci consente di avviare la linea dello sviluppo. E dall’altro abbiamo la presa di posizione sulla insularità che ci consente di puntare ad esempio alla continuità territoriale, con la riduzione per i residenti dei costi di trasporto che soprattutto in aereo sono arrivati a livelli insostenibili. E dall’altro la diminuzione del peso fiscale, con la defiscalizzazione parziale o addirittura totale del costo della benzina, nel presupposto che la Sicilia ha un carico ambientale molto rilevante connesso al fatto che il 45 % della raffinazione avviene in Sicilia”.
 
Quali altre misure intende adottare per sanare l’enorme debito?
“Il negoziato con lo Stato da un lato passa attraverso la richiesta di liberazione di risorse connesse al pesantissimo contributo per il risanamento della finanza pubblica che ammonta a circa 1,3 miliardi di euro, eccessivamente oneroso e pesante per una regione che è la più povera d’Italia. Oltre alla eliminazione del prelievo forzoso sulle province chiederemo la possibilità di operare mediante interventi di fiscalità di sviluppo nei confronti delle imprese, creando attrazione per gli investimenti , fiscalità di vantaggio e riduzione di imposte. Inoltre l’obiettivo è quello di puntare a quel modello che abbiamo annunciato in campagna elettorale di attrazione di pensionati, il cosiddetto Modello Portogallo che noi già abbiamo messo nero su bianco e che si trova a Roma pronto per la firma. L’altro giorno il vice presidente Salvini ha opportunamente detto dobbiamo diventare federalisti e in Sicilia siamo d’accordo che altre regioni come Lombardia e Veneto abbiamo più competenze.
 
Che garanzie portiamo noi a Roma se ad oggi la politica regionale si regge sul precariato e su una spesa corrente che limita ogni margine di manovra in chiave investimenti?
 
“Roma vorrà ciò che noi siamo già disposti a dare: cioè responsabilità, serietà credibilità . Fin dall’inizio ho detto che e le misure del Governo Musumeci sono in questa direzione, per una gestione responsabile, credibile che passa per la riduzione delle partecipate, degli enti, la eliminazione degli sprechi e delle inefficienze, pieno utilizzo dei fondi extra regionali, incremento dei livelli di efficienza dell’amministrazione, in poche parole una piena responsabilità dell’autonomia. Vogliamo far capire a Roma che vogliamo rafforzare le misure di contenimento della spesa corrente ma incrementare le spese per la crescita della Sicilia per non perdere laureati e non far diventare la Sicilia un luogo di disperazione. Entro il 30 di settembre provvederemo alla revisione delle organizzazione delle partecipate rafforzando i meccanismi di controllo in linea con quanto già previsto nella legge cosiddetta “collegato”. Abbiamo già pronto un piano di revisione complessiva del debito con la eliminazione dei derivati. Lo stiamo facendo con la cassa depositi e prestiti e in questo la Sicilia è regione pilota d’Italia, realizzando una razionalizzazione del debito. Abbiamo trovato circa 8 miliardi e li metteremo a disposizione di cassa (5+ 3) in modo da chiudere finalmente questa parentesi ed ottenere una gestione virtuosa dei conti della Regione”.

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