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Ue: Junker, Italia come la Grecia. Governo, fibrillazioni e vertici

redazione

Ue: Junker, Italia come la Grecia. Governo, fibrillazioni e vertici

martedì 02 Ottobre 2018

"Rigidi o finisce l'euro". Tutto in salita il primo test europeo di oggi dopo la "vittoria" di Salvini e Di Maio che hanno imposto lo sforamento nella nota di aggiornamento del Def. Tria, "Cercherò di spiegare", poi rientra precipitosamente a Roma per un incontro a Palazzo Chigi. Scricchiolii nel governo: la Lega, "la colpa è del reddito di cittadinanza". Intanto i due vicepremier attaccano l'Ue. Tajani, "Accuse patetiche"

Mentre si attende l’esito del primo test in Europa per la manovra dopo la pubblicazione della nota di aggiornamento del Def, i mercati vanno in fibrillazione, con lo spread che sfonda in apertura il tetto dei 300 punti, arriva a 302 e si stabilizza a 290.
Piazza Affari, prima in rosso fino a perdere l’1,4%, galleggia sulla parità.
 
Non vi è dubbio che il nostro Paese sia in una posizione molto difficile: "Adesso cercherò di spiegare quello che sta accadendo e come è formulata la manovra", aveva detto stamattina il ministro Tria entrando all’Eurogruppo prima di rientrare precipitosamente a Roma.
 
 
 
 
 
Di gran fretta è stato convocato infatti a Palazzo Chigi un nuovo vertice ristretto – al quale parteciperanno oltre al premier Giuseppe Conte, i vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il sottosegretario Giancarlo Giorgetti e il ministro del Tesoro Giovanni Tria – per sciogliere i nodi della manovra.
 
Dopo un primo vertice stamattinasi erano infatti avvertiti i primi scricchiolii nel governo pentaleghista, con la Lega che attribuisce il caos sui mercati all’annuncio troppo vago del reddito di cittadinanza.
 
 
Proprio dopo l’incontro con il premier a Palazzo Chigi, arriva dalla Lega la frecciata agli alleati del M5s.
 
 
"Il caos dei mercati? Nasce tutto dal reddito di cittadinanza che ancora non si sa cosa sia", dice Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera.
 
 
Dubbi a cui risponde indirettamente la viceministra M5s dell’Economia Laura Castelli: il reddito di cittadinanza partirà ad aprile, dice, perché prima serve la riforma dei centri per l’impiego: "la riforma vale dieci miliardi più uno per i centri per l’impiego".
 
La nuova  riunione che precederà la cabina di regia convocata in serata sul piano di investimenti.
 
Tra gli interventi allo studio, anche la clausola di salvaguardia dei conti basata sulla riduzione della spesa.
 
Resta però  tensione con i tecnici del Tesoro.
 
"Il Ragioniere generale dello Stato l’ho visto una sola volta, non dico che non mi fido, ma non è nemmeno il mio migliore amico", dice Di Maio, che chiede comunque di "riappropriarci del primato della politica".
 
Dall’Ecofin di Lussemburgo, il vicepresidente Dombrovskis conferma che la Commissione è pronta a far valere sull’Italia le regole del Patto di Stabilità se prenderà più della flessibilità concessa.
 
Mentre il ministro austriaco Loger si augura che Tria "convinca il suo governo a rispettare le regole comuni".
 
Salvini continua a far propaganda attaccando Juncker: "Equiparando l’Italia alla Grecia fa impazzire lo spread. Questa poteva risparmiarsela".
 
Conte cerca di raffreddare la temperatura: "Rispettiamo le nostre prerogative sovrane e rispettiamo altresì le Istituzioni dell’Unione Europea che abbiamo contribuito a fondare e che rimane la nostra casa comune. Ci avviamo a dialogare con le Istituzioni europee con serenità e rispetto dei ruoli, fiduciosi di poter dimostrare, carte alla mano, la bontà del lavoro sin qui fatto".
 
 
Ancora Conte deve intervenire, infine, anche su richiesta della presidenza austriaca dell’Ue, per correggere le dichiarazioni sull’euro del presidente leghista della commissione Bilancio della Camera Borghi ("Sono straconvinto che l’Italia con una propria moneta risolverebbe gran parte dei suoi problemi", ha detto), dopo che la moneta unica era scivolata a 1,15 sul dollaro.
 
"L’Italia – ha detto Conte – è un Paese fondatore dell’Ue e dell’Unione Monetaria, l’euro è la nostra moneta ed è per noi irrinunciabile".
 
Intanto, la temperatura resta alta, sia per i mercati, sia per il giudizio dell’Europa che pende sull’Italia paragonata ieri da Junker alla Grecia.
 
"Aspettiamo la bozza di legge di stabilità" ma "a una prima vista" i piani di bilancio italiani "non sembrano compatibili con le regole del Patto", aveva detto stamattina  il vicepresidente della Commissione Ue Valdis Dombrovskis entrando all’Eurogruppo.
 
"Ci sono regole e sono uguali per tutti perché i nostri futuri" di Paesi dell’Eurozona "sono legati" – avverte il ministro dell’economia Bruno Le Maire rispondendo a una domanda sull’Italia. "Noi riduciamo il debito, rispettiamo le regole e stiamo sotto il 3% non per soddisfare la Commissione Ue ma perché crediamo che ridurre la spesa pubblica, introdurre riforme sia buono per i francesi", ha aggiunto.
 
Perplessità anche anche dal commissario agli affari economici, Pierre Moscovici: "Per il momento quello che so è che il deficit del 2,4%, non solo per l’anno prossimo ma per tre anni, rappresenta una deviazione molto, molto significativa rispetto agli impegni presi" dall’Italia.
 
Così, mentre lo spread vola a 282 punti e Piazza Affati chiude in calo, ieri sera, come al solito, i due vicepremier hanno cercato di buttarla in rissa.
 
"Stamattina – ha detto ieri sera Di Maio – a qualcuno non andava bene che lo spread non si fosse impennato. Moscovici, che non è italiano, si è svegliato e ha pensato bene di fare una dichiarazione contro l’Italia, contro il Def italiano e creare tensione sui mercati. Per fortuna la Borsa sta per chiudere. Da domani continueremo a spiegare che il 2,4% non è una misura molto lontana da quella che facevano altri. Solo che se lo fanno la Lega e il M5s non va bene".
 
Dura la risposta di Moscovici: "Di Maio mi accusa di terrorismo o di terrorizzare i mercati, ma il mio ruolo come commissario europeo è fare in modo che le regole siano rispettate da tutti: quel che può creare turbolenze non sono le mie parole, ma quello a cui reagisco. Evitiamo le escalation".
 
Ancor più dure le affermaziooni del presidente della Commissione Ue Jean-Claud Juncker: "Se l’Italia vuole un trattamento particolare supplementare, questo vorrebbe dire la fine dell’euro. Bisogna essere molto rigidi. Non vorrei che dopo aver superato la crisi greca, ci ricadessimo con l’Italia. Una sola crisi del genere è sufficiente".
 
La frase, pronunciata in Germania, è stata subito ripresa dai media internazionali, tra cui Le Figaro e il New York Times.
 
Salvini è furioso: "In Italia nessuno – è la sua opinione – si beve le minacce di Juncker, che ora associa il nostro Paese alla Grecia. Vogliamo lavorare per rispondere ai bisogni dei nostri cittadini. I diritti al lavoro, alla sicurezza e alla salute sono priorità del governo e andremo fino in fondo. Alla faccia di chi rimpiange l’Italia impaurita, quella con le aziende e il futuro in svendita".
 
Poi il consueto attacco propagandistico: "Non ci fermeranno. Basta minacce e insulti dall’Europa, l’Italia è un paese sovrano".
 
Intanto il ministro Tria cerca di minimizzare: "Non ci sarà nessuna fine dell’euro perché il 2,4% di sforamento è un numero che non corrisponde esattamente alle regole ma fa parte della normale dinamica europea: se andate a vedere il numero di Paesi che sono in regola con tutte le regole europee sono pochissimi. Non significa che non bisogna cercare di rispettarle ma ci sono delle situazioni economiche in cui bisogna fare delle valutazioni".
 
Molto duro con Di Maio e Salvini è anche Antonio Tajani, presidente dell’Europarlamento e vicepresidente di Forza Italia, che parla di accuse patetiche alle istituzioni Ue e all’opposizione.
 
"Accuse – afferma – che dimostrano la fragilità della posizione del governo, la debolezza delle sue proposte e l’incapacità di saper convincere i mercati sui contenuti della manovra".
 
"La verità – ha aggiunto Tajani – è che il problema non è a Bruxelles, Londra o New York ma a Roma".
 
E ieri sera si è appreso anche che il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha chiamato al Colle il premier, Giuseppe Conte, per un colloquio.
 
 

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