Comuni in dissesto: Sicilia a rischio epidemia - QdS

Comuni in dissesto: Sicilia a rischio epidemia

Paola Giordano

Comuni in dissesto: Sicilia a rischio epidemia

martedì 16 Ottobre 2018

Sono 28 gli Enti locali dell’Isola che negli ultimi anni hanno già dichiarato il default finanziario. Altri rischiano di aggiungersi presto alla lista. E non sono soltanto centri di piccole dimensioni. Le conseguenze sono spesso gravi, anche per il tessuto economico delle città coinvolte

PALERMO – Che le casse dei Comuni siciliani siano a secco è un dato incontrovertibile: anche la Corte dei Conti isolana, rovistando nelle tasche dei 390 Enti locali dell’Isola, lo ha confermato nella relazione sul Rendiconto generale della Regione siciliana relativo all’esercizio finanziario 2017.
 
Ad essere altrettanto incontrovertibile è un altro dato: quello relativo ai Comuni che, di fronte a situazioni di sofferenza finanziaria, non riescono a garantire l’assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili. Perché quando un Municipio si trova in questa situazione, la strada percorribile diventa una sola: dichiarare il dissesto. Con tutte le conseguenze del caso.
 
Su 122 Enti locali italiani in default sono ben 28 quelli siciliani. Il 22 per cento del totale. Una vera e propria epidemia che non accenna a fermarsi.
 
Stando ai dati forniti dal Ministero dell’Interno, se gli Enti del Nord Italia in dissesto si contano sulle dita di una mano (tre micro Comuni in Piemonte e due in Lombardia), il 94 per centro dei Comuni dissestati si trova al Centro-Sud. Per quanto riguarda la Sicilia, la provincia più colpita dalla scure del default è Palermo, che conta sette Enti dissestati, seguita a pari merito (cinque Enti a testa) da Catania e Messina.
 
 
Ma chi paga lo scotto dei conti traballanti di un Comune? A questa domanda risponde, indirettamente, l’art. 251 del Tuel: l’Ente locale che versa in condizioni di dissesto finanziario, nella prima riunione successiva alla dichiarazione del dissesto, è “tenuto a deliberare, per le imposte e tasse locali diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell’applicazione dell’imposta comunale per l’esercizio di imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo versato”. Il che, tradotto, vuol dire che a pagare per le mancanze degli amministratori sono i cittadini.
 
Triste sorte tocca anche ai soggetti che vantano crediti nei confronti dell’Ente locale: secondo quanto stabilito dal comma 3 dell’art. 258 del Tuel “l’organo straordinario di liquidazione, effettuata una sommaria delibazione sulla fondatezza del credito vantato, può definire transattivamente le pretese dei relativi creditori, anche periodicamente, offrendo il pagamento di una somma variabile tra il 40 e il 60 per cento del debito, in relazione all’anzianità dello stesso, con rinuncia ad ogni altra pretesa, e con la liquidazione obbligatoria entro 30 giorni dalla conoscenza dell’accettazione della transazione”.
 
Al 24 settembre 2018, si contano, come detto, 28 Comuni siciliani in dissesto. La maggior parte di essi sono paesi che hanno meno di 15.000 abitanti: Enti di piccole dimensioni che, con le sforbiciate sempre più nette inflitte da Regione e Stato ai trasferimenti, annaspano tra le rigide regole del pareggio di bilancio. Ma non sono solo i piccoli Comuni a dover far tornare i conti: anche in quelli più grossi si fatica a sbancare il lunario. I magistrati contabili hanno fotografato un “progressivo aggravamento dello stato di salute della finanza locale siciliana nel corso dell’anno 2017”: gli Enti locali “che hanno formalmente appalesato situazioni di sofferenza finanziaria” sono oltre 70, “una percentuale assai preoccupante che si avvicina al 20% di tutti i Comuni isolani”.
 
Emblematici sono i casi delle tre big dell’Isola: Catania, Messina e Palermo. Le quali si trovano sul filo del rasoio come il resto di quei Comuni che, al fine di evitare il dissesto finanziario, hanno avviato la procedura di riequilibrio finanziario pluriennale. Secondo i magistrati contabili gli Enti che hanno in corso la procedura di cui all’art. 243 bis del Tuel sono 35, con un incremento di circa il 20% rispetto all’anno precedente.
 
Grazie all’approvazione, nel decreto Milleproroghe, dell’emendamento dei due relatori, Giuseppe Buompane e Vittorio Baldino del M5s che riguarda la ricognizione dei debiti fuori bilancio, la città di Catania avrà tempo fino al prossimo 30 novembre per presentare un Piano di riequilibrio finanziario pluriennale. Il primo cittadino Salvo Pogliese e la sua squadra hanno promesso in più di un’occasione che faranno “il possibile e l’impossibile per evitare quello che sarebbe veramente una iattura per Catania e per i suoi cittadini” e sono già a lavoro: un primo passo sarà procedere al recupero delle tasse non pagate dai cittadini, in primis dell’Imu. Nell’operazione consistente nell’invio di 22.000 avvisi di accertamento per i mancati pagamenti relativi agli anni 2103 e 2014 è inclusa però anche la Tari. La strada verso la ripresa sarà per la città dell’Elefante tutta in salita: i debiti del Comune ammontano, al 15 giugno di quest’anno, a circa 1,6 miliardi di euro.
 
Anche i conti della città di Messina non navigano in buone acque: nei prossimi giorni dovrebbero essere sciolti i nodi sulla situazione dei debiti accumulati dal 2014 a oggi dalla precedente Amministrazione e non inseriti nel Piano di riequilibrio, fermo al buco di 270 milioni del 2013. Il sindaco Cateno De Luca, che ha posticipato al 16 ottobre la data da cui fare partire l’irrevocabilità dell’annuncio delle sue dimissioni fatto lo scorso 28 settembre, ha elaborato un pacchetto di proposte per evitare il default che spera trovi l’approvazione del Consiglio comunale. Il Piano di riequilibrio potrà essere rimodulato entro il 25 novembre e spalmato su 20 anni, ma per essere sostenibile saranno necessarie, secondo il primo cittadino, misure drastiche e impopolari, a iniziare dai 20 milioni a carico del bilancio comunale destinati i servizi sociali.
 
Intricata è infine la situazione finanziaria del capoluogo regionale, che nei giorni scorsi ha ricevuto il parere negativo sul Bilancio consuntivo 2017 da parte del Collegio dei revisori. La situazione più preoccupante riguarda le partecipate, le cui partite dei disallineamenti non sono ancora chiuse: sono infatti particolarmente a rischio le situazioni di Amat (30,6 milioni), Rap (8) e Amap (3,8). Il Collegio ha rilevato poi che i residui passivi sono il 39,75% degli impegni complessivi contro un limite massimo previsto dalla legge del 40%. Tra i parametri non rispettati c’è anche quello relativo ai debiti fuori bilancio, che dal 2013 all’anno scorso hanno avuto un’incidenza esponenziale sulle entrate correnti (dallo 0,60% al 5,08%). Il ragioniere generale del Comune, Paolo Bohuslav Basile, ha risposto alle principali criticità sollevate dai Revisori contabili al Bilancio consuntivo 2017 con una voluminosa relazione dove spiega punto su punto il lavoro svolto dall’Amministrazionecomunale (si veda l’articolo pubblicato sul QdS di sabato 13 ottobre).
 
La strada per molti amministratori locali dell’Isola è insomma tutt’altro che in discesa. Ma sono i cittadini e le imprese, come detto, a temere più di ogni altro le possibili ripercussioni del default finanziario del Municipio di turno.
 
 

0 commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenta

Ediservice s.r.l. 95126 Catania - Via Principe Nicola, 22

P.IVA: 01153210875 - Cciaa Catania n. 01153210875


SERVIZIO ABBONAMENTI:
servizioabbonamenti@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/372217

DIREZIONE VENDITE - Pubblicità locale, regionale e nazionale:
direzionevendite@quotidianodisicilia.it
Tel. 095/388268-095/383691 - Fax 095/7221147

AMMINISTRAZIONE, CLIENTI E FORNITORI
amministrazione@quotidianodisicilia.it
PEC: ediservicesrl@legalmail.it
Tel. 095/7222550- Fax 095/7374001
Change privacy settings
Quotidiano di Sicilia usufruisce dei contributi di cui al D.lgs n. 70/2017