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Maltempo: abusiva la villetta della strage

redazione

Maltempo: abusiva la villetta della strage

lunedì 05 Novembre 2018

Insanabile perché costruita a meno di centocinquanta metri dal fiume. Il Tar, "giudizio concluso nel 2011, il Comune di Casteldaccia doveva demolire". Il provvedimento comunale risaliva al 2008. LA PROCURA DI TERMINI IMERESE INDAGA PER DISASTRO E OMICIDIO.  Sequestrate dalla magistratura tutte le pratiche relative all'immobile. I proprietari l'avevano affittata alle due famiglie. Oggi le salme in chiesa, domani i funerali in Cattedrale

Le salme delle nove vittime della tragedia del maltempo a Casteldaccia, nel Palermitano, sono state portate stamattina nella parrocchia Madonna di Lourdes in piazza Ingastone a Palermo.
 
Nella chiesa è stata allestita una camera ardente.
 
I familiari delle vittime hanno espresso il desiderio di far svolgere i funerali nella Cattedrale di Palermo.
 
Nella tragedia di Casteldaccia hanno perso la vita Antonio Giordano, 65 anni, e la moglie Matilde Comito, 57, i loro figli Marco, 32 e Monia, 40. Quest’ultima era sposata con Luca Rughoo e i due hanno due figli: Francesco, 3 anni, morto anche lui, e Manuela 13 anni, sopravvissuta perché era col padre e la cugina Asia, 12 anni, a comprare dei dolci quando il fiume Milicia è straripato.
 
Nella strage sono morti anche Nunzia Flamia, 65 anni, madre di Rughoo, Stefania Catanzaro, 32, moglie di Giuseppe Giordano (figlio di Antonio e Matilde), sopravvissuto perchè scaraventato su un albero dalla violenza dell’inondazione, e i loro figli Rachele, di un anno e Federico di 15.
La villetta dove le due famiglie stavano festeggiando la ricorrenza dei defunti e un compleanno non era di loro proprietà: l’avevano affittata e la usavano per il week-end e per le vacanze.
 
La casa era stata costruita senza regole.
 
Abusiva come tanti immobili della zona, tutti edificati nell’alveo originario del fiume Milicia che la pioggia ha trasformato in una massa d’acqua impetuosa.
 
E il fiume si è ripreso il suo letto, allagando e travolgendo tutto quello che incontrava.
 
L’acqua ha invaso l’abitazione e ucciso nove persone: donne, uomini, bambini.
 
Nel 2008 il Comune di Casteldaccia, centro alle porte di Palermo, ne aveva disposto la demolizione: impensabile sanarla visti la distanza dal fiume Milicia e il vincolo di inedificabilità assoluta che grava sulla zona.
 
I proprietari, però, hanno fatto ricorso al Tar contro l’abbattimento e l’edificio è rimasto in piedi.
 
Ma in mattinata l’Ufficio stampa del Consiglio di Stato ha smentito che il Tar Sicilia abbia sospeso il provvedimento.
 
"Non può sostenersi che la semplice presentazione di ricorso sia di per sé sufficiente a bloccare l’efficacia dell’ordine di demolizione. In ogni caso, nel 2011 il giudizio al Tar si è concluso e l’ordinanza di demolizione del sindaco non è stata annullata; ne’ il Comune si è mai costituito in giudizio. Quindi, in questi anni l’ordinanza di demolizione poteva – e doveva – essere eseguita".
 
Lo ha scritto in una nota il Consiglio di Stato e della Giustizia amministrativa.
 
 
Una storia su cui i magistrati di Termini Imerese, che hanno aperto un fascicolo sulla tragedia, cercheranno di far luce.
 
La pratica relativa all’immobile è stata sequestrata su ordine del procuratore Ambrogio Cartosio che ieri mattina ha sorvolato in elicottero la zona.
 
"Ho visto il disastro – ha commentato – cercheremo di capire bene cosa è accaduto, ma la villetta era certamente a meno dei 150 metri dal fiume che la legge impone come zona di rispetto".
 
La Procura di Termini Imerese ha reso noto oggi di aver ipotizzato per la vicenda i reati di disastro colposo e omicidio colposo. Il fascicolo è ancora a carico di ignoti.
 
La zona è piena di edifici costruiti sugli argini e sui letti dei corsi d’acqua senza mura di cemento, un territorio sventrato da quarant’anni di abusivismo edilizio e denunce spesso rimaste lettera morta.
 
Senza contare il fatto che i Comuni sono senza i soldi per le demolizioni.
 
E, "una cattiva manutenzione della rete idrografica che impedisce il deflusso dell’acqua", ha spiegato, dopo un sopralluogo nella zona, il geologo Fabio Tortorici, presidente della Fondazione Centro Studi del Consiglio Nazionale dei Geologi e consigliere dello stesso.
 
Lo sfondo della tragedia di Casteldaccia è questo e i sindaci della zona lo raccontano da anni.
 
La casa della morte si trova sul normale corso del fiume Milicia, sotto ai piloni dell’autostrada.
 
Accanto baracche di legno e lamiera e qualche prefabbricato.
 
Tutto abusivo.
 
"La zona in cui è esondato il fiume è ad altissimo rischio, non solo per le condizioni dell’alveo che va ripulito ma per l’enorme numero di edifici costruiti senza rispettare le regole. Lo denunciamo da anni. L’ultimo esposto è di un anno fa e l’ho fatto con l’ex sindaco di Casteldaccia", ha detto Giuseppe Virga, primo cittadino di Altavilla Milicia il cui territorio è separato da quello di Casteldaccia proprio dal torrente straripato.
 
Nonostante le denunce le costruzioni sono andate avanti.
 
Si continua a tirare su scheletri, si piazzano cancelli a difesa della proprietà che rendono difficili i controlli.
 
"Accedere alla zona – ha raccontato l’ex sindaco del Comune in cui si è verificata la tragedia, Fabio Spatafora – è difficilissimo e l’amministrazione può contare su sei vigili urbani. Le demolizioni sono rarissime: non abbiamo i soldi per farle e comunque la legge ci vincola a una serie di adempimenti burocratici che allungano i tempi. Per questo la gente continua a costruire. Sa che resterà tutto impunito".
 
La storia della casa della morte, dunque, è una delle tante storie di abusivismo di un Paese in cui, certifica l’Istat, il 20%, con punte del 49% in Sicilia, degli immobili sono irregolari.
 
E nell’Isola e nel centro Italia, spiegano i Verdi, il reticolo idrografico minore è quasi scomparso a causa dell’urbanistica espansiva spesso in deroga che non tiene conto dell’esigenza di avere suoli drenanti.
 
In un quadro generale disarmante sarà la magistratura a fare luce sulle responsabilità.
 
 

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