Dichiarazione d'immediata disponibilità inviabile anche attraverso i patronati - QdS

Dichiarazione d’immediata disponibilità inviabile anche attraverso i patronati

Maria Papotto

Dichiarazione d’immediata disponibilità inviabile anche attraverso i patronati

martedì 13 Novembre 2018

La Did (obbligatoria dall’1/12/2017) è un documento con il quale si certifica lo stato di disoccupazione. La procedura telematica per il suo rilascio richiede l’accesso al portale Anpal

PALERMO – L’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro – ANPAL – con il comunicato del 22 ottobre 2018 ha reso noto che i patronati convenzionati possono supportare i lavoratori nell’inserimento della DID – Dichiarazione di immediata disponibilità – accedendo all’area riservata disponibile sul portale Anpal.
 
La dichiarazione di immediata disponibilità, resa obbligatoria dal 1° dicembre 2017, è un documento con il quale il lavoratore privo di occupazione dichiara la propria disponibilità a svolgere un’attività lavorativa, oltre che a rappresentare una condizione obbligatoria per l’accesso alla NASPI e alle agevolazioni previste per le nuove assunzioni.
 
La procedura telematica per il rilascio della DID richiede l’accesso al portale ANPAL previa registrazione o tramite l’utilizzo, per chi le possiede, delle proprie credenziali Inps; a seguito della dichiarazione di immediata disponibilità ad ogni richiedente viene assegnato un identificativo univoco della DID rilasciata, riportato all’interno della scheda anagrafica personale (SAP).
 
La DID deve essere presentata dai lavoratori in possesso di almeno uno dei seguenti requisiti:
• essere cittadini italiani disoccupati e inoccupati;
• aver compiuto 16 anni di età in regola con l’obbligo scolastico;
• nel caso di cittadini extracomunitari, essere in possesso di permesso di soggiorno o di cedolino di richiesta di rinnovo.
 
Nella DID occorre indicare tutte le informazioni riguardanti le esperienze professionali e lavorative, utili per il calcolo dell’indice di profilazione quantitativo del lavoratore. Inoltre, il lavoratore stipula un patto di servizio con il Centro per l’Impiego dichiarando la sua disponibilità ad essere formato e supportato nella ricerca di un nuovo posto, e indica altresì le azioni che intende intraprendere ai fini di ricercare una nuova occupazione. Qualora decorsi 6 mesi, il lavoratore non abbia ancora trovato un impiego, ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione, deve confermare la propria DID.
 
Lo stato di disoccupazione decade qualora il lavoratore:
• senza giustificato motivo rifiuta un’offerta di lavoro superiore a 6 mesi, con sede raggiungibile in 80 minuti con i mezzi di trasporto pubblici;
• inizia un’attività di lavoro autonomo, a prescindere dal reddito annuo;
• sottoscrive un contratto a tempo indeterminato, o determinato di durata superiore a 6 mesi;
• quando durante il periodo di percezioni della NaSpi, cassa integrazione o mobilità, rifiuta di partecipare a corsi della Regione o un’offerta di lavoro la cui retribuzione è superiore almeno al 20% rispetto all’indennità percepita.
 
L’eventuale rifiuto dell’offerta di lavoro da parte di un lavoratore padre o madre nel primo anno di vita del bambino non provoca alcuna decadenza. Lo stato di disoccupazione può, eventualmente, essere sospeso nel caso in cui il lavoratore accetti un’offerta di lavoro con contratto a tempo determinato fino a 6 mesi.
 
Per coloro i quali beneficiano di un’indennità di disoccupazione – NaSpi – o di un’altra prestazione di sostegno del reddito, ad esempio un’indennità di mobilità, essi non sono tenuti ad inserire la DID online sul portale ANPAL, in quanto le richieste di indennità all’INPS equivalgono già ad una dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.
 
Infine, la circolare n. 4 del 29 agosto 2018, l’ANPAL ha fornito chiarimenti in merito al requisito della “residenza” e alla possibilità per i cittadini dell’Unione europea di rilasciare la dichiarazione di immediata disponibilità. L’articolo 45 del TFUE disciplina e assicura la libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione europea, con l’abolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalità per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro.
 
Dunque, il requisito della ‘residenza’ non costituisce, in alcun modo, un ostacolo all’effettiva tutela dei cittadini dell’Unione europea e alla parità di trattamento degli stessi, ai fini di un concreto e reale supporto nella ricerca di un lavoro.

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