Cpi, trovalavoro imboscati dietro le scrivanie - QdS

Cpi, trovalavoro imboscati dietro le scrivanie

Michele Giuliano

Cpi, trovalavoro imboscati dietro le scrivanie

mercoledì 28 Novembre 2018

In Sicilia record di personale: 65 uffici con 1.737 operatori, più di Lazio e Lombardia insieme ma 22,1% di disoccupazione e i front office più sguarniti d’Italia e senza digitalizzazione. Invece seguire il modello tedesco: indennità commisurata alla riqualificazione dei disoccupati

La solita caterva di personale, i soliti risultati scadenti, i soliti servizi inefficienti. L’ennesima fotografia scattata sui Centri per l’impiego siciliani non lascia scampo: strutture che andrebbero rifondate, sin dalla loro concezione. Un rilancio che potrebbe avvenire solo attraverso una riforma che, ad oggi, tarda ad arrivare anche solo nella sua concezione. Intanto il quadro aggiornato di disastro dei Cpi siciliani arriva dall’Anpal, l’Agenzia del ministero del Lavoro: uno studio del 2018 su dati 2017.
Quel che emerge dal “Monitoraggio sulla struttura e il funzionamento dei servizi per il lavoro” è che questi centri restano delle enormi scatole vuote. I numeri parlano chiaro: 65 centri esistenti e 1.737 operatori, record assoluto in Italia.
 
I numeri parlano chiaro: 65 centri esistenti e 1.737 operatori, record assoluto in Italia. A questa cifra di impiegati si arriva solo se si mettono insieme regioni enormi come Lombardia e Lazio, e altre minori come Valle d’Aosta, Molise, Trentino e Basilicata. Incredibile, ma assolutamente vero. Ed è ancora più paradossale che, nonostante questo esercito di impiegati dietro le scrivanie, il cui lavoro dovrebbe essere quello di far incontrare domanda e offerta di lavoro, i risultati siano tanto deludenti: 387 mila disoccupati, con un tasso di disoccupazione che arrivava al 22,1% nel 2017.
 
In fin dei conti se alla fine i risultati fossero ottimali potrebbe anche passare l’idea che avere più personale porta maggiori benefici. E invece: “L’attività della rete pubblica – sostiene la Fondazione studi Consulenti del lavoro di Sicilia – si focalizza sulla gestione dei disoccupati e non ha alcun contatto strutturato con la domanda di lavoro delle aziende locali. Lo dimostra il fatto che, su 137 mila siciliani che ogni anno accedono alla disoccupazione tramite Naspi, ben 85 mila di questi al quinto mese continuano ancora a percepire il sussidio. Questa platea, dunque, potrebbe beneficiare dell’assegno di ricollocazione e, in prospettiva, dell’annunciato reddito di cittadinanza a partire dal 2019.
 
Si pone, dunque, il problema di rendere efficiente il sistema di supporto dei disoccupati nella ricerca di un nuovo lavoro sia in Sicilia, ma anche nel resto del Paese”. In poche parole: servizi che non funzionano, che non ottemperano alla loro basilare funzione, quella cioè di riuscire a trovare lavoro a chi si iscrive e quindi ne fa richiesta.
 
C’è poi un serio problema di logistica e parliamo delle sedi in cui si accolgono le persone in cerca di un’occupazione, i cosiddetti uffici front-office. Qui in Sicilia è impiegato il 22% del totale degli impiegati dei Cpi di tutta Italia, ma di questi lavora nei front office solo il 72,4%. Stiamo parlando della quota più bassa rispetto al resto dei centri italiani. A livello nazionale infatti la media di chi è impegnato nei front office è dell’83,5%: le malelingue potrebbero pensare ad una buona fetta di “imboscati” nei Cpi siciliani.
 
Ipotesi a parte, questo significa essenzialmente che meno personale si trova agli sportelli e meno gente ovviamente è in grado di essere servita e seguita. Conseguenza? Il caos, le code infinite e il rischio anche di qualche disordine.
 
Ma quale potrebbe essere un modello ideale da seguire? Arriva dalla Germania, secondo gli addetti ai lavori, e si chiama Hartz IV, attivo dal 2005 quando il tasso di disoccupazione tedesco era al picco dell’11% e che oggi è al 5%. In pratica l’indennità di disoccupazione viene commisurata sulla condizione di chi percepisce l’assegno, cioè alla sua volontà di percorrere strade formative per riqualificarsi e reimmettersi nel circuito.
 
C’è da dire, però, che non è poi tutta colpa del sistema pubblico se le cose non funzionano come dovrebbero e si riscontra un alto tasso di disoccupati. Sullo sfondo anche tante furberie (chiamiamole così) dei siciliani stessi. Sempre secondo la Fondazione studi Consulenti del Lavoro di Sicilia sono 300 mila i siciliani, ovvero 2 su 10, occupati in nero, dei quali 215 mila nei servizi.
 
Nel primo semestre 2018, inoltre, l’effetto combinato della scarsa domanda di lavoro e della riduzione di incentivi ed esoneri contributivi a favore delle imprese per l’occupazione stabile ha determinato un calo delle assunzioni a tempo indeterminato pari al -11,9% in Sicilia.
 
 
 
Solo il 2% degli utenti trova lavoro tramite i Centri per l’impiego
 
Nel 2017 solo il 2% dei disoccupati che hanno trovato un lavoro dipendente nel settore privato lo ha fatto grazie ai Centri per l’impiego. è il dato fornito da Bankitalia nel corso delle audizioni sulla manovra in Parlamento.
 
Nel corso dell’anno poco più del 25% delle persone in cerca di lavoro ha avuto contatti con un Centro per l’impiego. La manovra stanzia 2 miliardi in due anni per i Centri, il cui rafforzamento è ritenuto essenziale per l’introduzione del futuro reddito di cittadinanza. C’è da dire che comunque i risultati negativi sono il frutto di un miscuglio di tutte le situazioni più torbide che gravitano attorno al mondo del lavoro e al suo “indotto”: “In questo scenario, l’implementazione delle misure di politica attiva del lavoro è un obiettivo prioritario se si vuole frenare il divario con il Centro-Nord del Paese e il fenomeno della migrazione giovanile”, ha detto il presidente della Fondazione studi Consulenti del lavoro, Rosario De Luca.
 
La cosa paradossale è che nonostante le regioni del Nord e del Centro subiscono il maggior carico di lavoro, con un numero di contatti per operatore più alto del dato nazionale (in particolare il Nord-Est), addirittura in Sicilia ci si lamenta della carenza di personale. Proprio così: lo hanno detto gli stessi vertici dei Cpi siciliani che sono stati sentiti nell’indagine campionaria dell’Anpal. In tal senso l’83,5% dei Cpi considera il proprio personale insufficiente. La richiesta media di personale è di 11 unità per Cpi. Quindi, tanto per intenderci, in Sicilia sulla base delle “esigenze” espresse dagli stessi vertici dei Centri, si vorrebbero avere altri 715 dipendenti.
 
“La carenza numerica – scrive l’Anpal – è quindi indicata dai Cpi come la prima criticità rispetto ai diversi servizi offerti. È l’orientamento di II livello, seguito dal servizio di Incontro domanda/offerta e dal Servizio di inserimento dei soggetti svantaggiati a soffrirne maggiormente”.
 
 
 
Parla l’assessore regionale al lavoro Mariella Ippolito
 
Il governo regionale attende che quello nazionale dia seguito agli impegni promessi. Nuovi Centri per l’impiego, con più personale e anche più attrezzati dal punto di vista informatico. “Abbiamo partecipato a diversi incontri a Roma e anche in Sicilia – afferma l’assessore regionale al Lavoro, Mariella Ippolito – e sono stati presi diversi impegni con importanti somme da stanziare per potenziare questi servizi. Ci auguriamo che alle parole seguano i fatti, noi attendiamo perchè siamo convinti che qualcosa vada fatto”.
 
Da più parti si paventa in Sicilia la possibilità che il personale in più possa arrivare dai cosiddetti ex sportellisti, i dipendenti che un tempo lavoravano all’interno dei defunti sportelli multifunzionali, ma l’assessore siciliano gela tutti: “Non vorrei che si creassero false aspettative – precisa – ma devo dire che alle riunioni in cui ho partecipato non si è mai parlato degli sportellisti”.
 
Riguardo al record di organico a livello nazionale in Sicilia, l’assessore Ippolito si sente di fare le dovute precisazioni: “Potrebbe sembrare così se si leggessero solo i freddi numeri, ma per chi conosce la Sicilia, così non è. In questa terra c’è un enorme numero di disoccupati da dover gestire, per non parlare dei 30 mila forestali che vengono gestiti sempre da questi uffici. Non si può fare il paragone con nessun’altra regione perchè non reggerebbe”.
 
Sui front-office la stessa Ippolito ammette che la situazione è davvero allarmante: “Inutile negare che la situazione è tragica e allo stesso tempo imbarazzante – ammette -. Non si può ricevere l’utenza in certe strutture, non è dignitoso oltretutto neanche per il personale che ci lavora all’interno”.

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